Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 3 marzo 2015
Rubo qualche concetto a Walter Tocci, che queste cose le scrive e le discute da decenni in modo lucido e, spesso, inascoltato. Il dato di fatto, limpido dinanzi a noi, è che oggi è scomparsa la cultura del progetto. Le prime a risentirne sono state, ovviamente, le opere pubbliche. Il cui iter realizzativo è spesso lungo e tormentato, sia sul piano tecnico sia su quello finanziario. Al fondo di molti fallimenti c’è la devastazione delle capacità pianificatorie e progettuali delle pubbliche amministrazioni, l’incapacità di avere uno sguardo strategico, pianificato e più lungo della misera vicenda politica quotidiana e delle emergenze vere o false che essa impone sotto la pressione dei media, del consenso per il consenso, delle ambizioni personali, della diffusa ‘ignoranza’. I tempi sono sempre più ristretti, la comunicazione prescrive un velocissimo mordi e fuggi, con verifiche istantanee o quasi delle battute fulminee che squarciano lo spazio politico come meteore. Ma il ‘progetto’ è assolutamente altro rispetto a questo ritmo rapido, ai tempi ristretti che dettano legge. Come si fa a progettare alcunché se lo spazio linguistico si restringe ai 140 caratteri, se la frettolosità diventa norma, se le ‘riforme’ sono divenute metafora di una saetta? Ecco il punto.
Senza capacità progettuale, la trasformazione è una specie di falso ideologico. Non c’è spessore per l’azione politica e amministrativa, solo l’eterno ritorno dell’eguale quotidiano: le risse, le chiacchiere, il trionfo del tweet. Il compito di un’istituzione non è quello di reggere la coda alla rendita, alle corporazioni, alle combriccole urbane, ma di costruire una ‘intelligenza pubblica’ per guidare con forza i processi di trasformazione. Questa qualità della progettazione (a cui può corrispondere finalmente una qualità delle opere) deve essere parte integrante dell’istituzione locale, affinché sia capace di governare la città trasformandola. Con la chiosa giusta, opportuna, ineludibile, che senza questa capacità di progettazione, l’ambizione di cambiare davvero qualcosa è velleitaria. Non c’è cambiamento senza progettazione, non c’è cambiamento nello spazio ristretto e oppressivo di un tweet di governo, di un’OPA aggressiva, di un mordi e fuggi politico, insomma. Non si rovescia alcun guanto gesticolando la mera politica del ‘fare’! Perché sono proprio i tempi ristretti imposti dalla comunicazione, è proprio la pigrizia verso lo studio e la pianificazione, è proprio questa ideologia praticona a disarmare la capacità di trasformare in modo irrimediabile e consistente le nostre città, il Paese in cui viviamo e, io direi, ancor più il nostro mondo, nella sua essenza e nella sua vastezza.