Parola-chiave, governabilità

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 26 ottobre 2017

La governabilità è un feticcio renziano ma viene da lontano, dai tempi di Craxi. Inizialmente era una specie di presunto obbligo morale verso la Nazione, un dovere istituzionale, per il quale si appoggiava un governo o si votava la fiducia solo per evitare che cadesse, per garantire appunto l’esistenza in carica di un esecutivo e con ciò scongiurare chissà quale apocalisse, soprattutto quella di chi puntava alle poltrone. Diciamo una sorta di atto a opera dei “responsabili” di allora. Oggi la governabilità è una cosa molto più sofisticata, una specie di chiavistello per aprire tutte le porte possibili. In nome di essa si fanno e si disfano leggi elettorali e costituzioni. Si passa sopra a tutto, persino all’onorabilità delle persone con le quali si vota assieme. Assicurare un governo diventa un punto d’onore, tanto è vuoto l’interesse verso il Parlamento e la rappresentanza, tanto è verticale ormai e “disintermediata” la concezione del potere democratico.

Pur di avere i ‘numeri’ si punta tutto sulla ‘tecnica’ e sui meccanismi elettorali. Non importa perché, percome e in che senso, conta solo che vi sia una maggioranza: la sera delle elezioni sarebbe meglio, ma andrebbe bene anche con comodo, in un Parlamento di uomini silenziosi e fidati, sui quali sia possibile mettere la mano sul fuoco. Per avere la governabilità si è disposti a varare leggi maggioritarie con premi da brivido, talché un partitino con l’abbrivio buono potrebbe fare mano bassa in Parlamento e destinarsi al governo senza nemmeno avere dei numeri da amministratore di condominio. Non importa la sostanza, la politica, i programmi, contano le cifre, le maggioranze (surrettizie, false, da compari di merenda), purché siano maggioranze. Matematica pura.

Questo in prima battuta. Poi però, gratta gratta, la ‘governabilità’ mostra il suo lato oscuro, consistente nel ‘pompare’ il più possibile i voti verso chi “vince”, sottraendoli proporzionalmente ai competitor. Guardate le proiezioni dei medesimi voti sui due sistemi distinti del Consultellum e del Rosatellum. C’è solo un certo flusso di parlamentari, ma significativo, che rispetto al vecchio sistema va da Sinistra e 5Stelle verso PD e centrodestra (soprattutto verso quest’ultimo). Ed ecco svelata l’anima nera del nuovo meccanismo elettorale: togliere forza ai concorrenti, distribuendola ai cosiddetti vincenti, ossia coloro che la legge elettorale l’hanno scritta e votata. La governabilità appare per quel che è: compressione forzosa della forza delle minoranze. A questo pensano, non ad altro.

Ed ecco svelato l’arcano: per governare si punta a comprimere la forza parlamentare degli oppositori, e si drenano i loro voti (magari di sinistra) verso chi deve vincere le elezioni (magari la destra). Si “dosano”, in pratica, le quote parlamentari per fare in modo che ci sia un governo, ma non uno qualsiasi, bensì quello che ha in mente chi progetta la legge elettorale del momento (le leggi elettorali ormai sono usa e getta, si sa). Nel caso del Rosatellum, che frantuma il Parlamento né più né meno del Consultellum, il governo che hanno in mente è un Governo della Nazione, con il PD, i berlusconiani, i ‘responsabili’, le ali destre, i centristi sempreverdi, i tecnocrati e la sinistra alla Pisapia (magari miscelati in un bel listone civico-arcobaleno). Anche qui la governabilità mostra le proprie spoglie, quelle della grande truffa: dicono da sempre che vorrebbero il vincitore la sera stessa del voto. Siccome sono avanti e sempre più sfacciati, i “vincitori” li avremo ben prima del voto: e sono i medesimi che hanno voluto la legge, gli amanti della governabilità, il lato oscuro di essa. ‘Establishment’ si dice oggi. ‘Lor signori’, diceva Fortebraccio. Ma sono sempre gli stessi di una volta. Imperterriti.

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