di Alfredo Morganti 26 febbraio 2016
Sono allibito da come la parola ‘fedeltà’ sia entrata nelle trattative con la destra sul tema delle unioni civili. Sono allibito dalla leggerezza con cui la si è ‘scardinata’ dal complesso del disegno di legge. E dalla successiva ripicca con cui si propone di cancellarla anche dalla normativa matrimoniale. C’è persino chi ha ridotto il tema al tradimento extraconiugale, peggiorando semmai la questione. Ora, senza ‘fedeltà’, senza il suo obbligo, su cosa si costruirebbe un rapporto vero con l’altro, sia esso uomo o donna, del mio stesso sesso o dell’altro? Sulla coabitazione? Sulla mera assistenza morale e materiale? E, nel caso, in che cosa si differenzierebbe ciò rispetto al rapporto amicale o a quello di interesse?
La ‘fedeltà’, intesa come vincolo morale, come ‘prossimità’, come ‘cura’ è l’elemento essenziale di ogni rapporto sentimentale, di ogni vincolo tra coniugi. Indica un impegno disinteressato e a prescindere verso l’altro. Una sorta di vicinanza, di sguardo privilegiato, di connessione sentimentale verso l’uomo o la donna con cui si è scelto di vivere (non di coabitare! Non solo di condividere diritti!). Fedeltà è rivolgere per prima cosa lo sguardo a quella persona, pensarla per prima, mostrare vicinanza. Fedeltà è esserci. Anzi, è ancor prima l’idea che qualcuno ci sia e sia lì, come se ci stesse solo per te. È una condivisione morale profonda, è un legame che ti obbliga al mero disinteresse. Essere fedeli moralmente, sapere che il primo sguardo deve posarsi sempre e per primo sulla persona che ti è accanto, è una delle forme pratiche di amore senza cui l’amore stesso semplicemente non esiste. Diventa reciprocità, sì, ma di soli interessi pratici.
Cancellare questo obbligo vuol dire annullarne senso ed effetti di legge, far sì che le unioni civili non siano affatto un ‘matrimonio’ e si riducano solo a uno scambio di reciproci diritti e di reciproci interessi. Un contratto e basta. Come un’azienda, come una società, come un rapporto tra amici. La fedeltà, invece, supera la rigidità burocratica del contratto, e certifica l’esistenza dell’amore, cioè della reciprocità piena dei sentimenti. È la fedeltà, solo la fedeltà, che vince la solitudine, le solitudini, e trasforma due uomini o donne in un ‘legame’, almeno sinché uno dei due o entrambi non decidano consapevolmente di reciderlo. Ma prima di quel momento si è fedeli, ci si dedica all’altro, lo si circonda di pensieri e passioni, senza che da ciò ne venga nulla, tantomeno un vantaggio o un privilegio. Dirò di più. Nemmeno un tradimento extraconiugale riuscirebbe nei casi di vera fedeltà a rompere questa cura e questa prossimità. A inficiarne il senso. E se penso che tutto ciò è stato oggetto di mercimonio con la destra, per tenere saldo il governo, cioè il potere, l’interesse del potere, mi viene una grande tristezza.