Fonte: Politica prima.it
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A Parigi si sta svolgendo il vertice mondiale sul cambiamento climatico, il COP21.
Iniziato il 30 novembre si chiuderà l’11 dicembre e si propone di raggiungere un accordo che deve entrare in vigore nel 2020; l’obiettivo è contenere l’aumento della temperatura planetaria a +2° C rispetto all’era del pre-boom industriale.
L’importanza di questo summit è evidente: il pianeta sta subendo un riscaldamento climatico dovuto in larga misura alle emissioni in atmosfera di crescenti quantità di gas serra, soprattutto anidride carbonica, e ad altri fattori comunque dovuti all’attività umana, in particolare alla produzione di energie per mezzo di combustibili fossili. La maggior parte degli incrementi di temperatura sono stati osservati a partire dalla metà del xx secolo. Tale innalzamento sta causando conseguenze nefaste: importanti riduzione dei ghiacciai e conseguente aumento del livello dei mari, aumento della frequenza e dell’intensità di eventi estremi quali alluvioni, siccità, cicloni tropicali, ondate di caldo e di gelo, diminuzione della salinità degli oceani, dovuta allo scioglimento dei ghiacci, riduzione dello strato di ozono.
Per comprendere i danni enormi derivanti da tali cambiamenti basta pensare alla riduzione del PH degli oceani prodotto dall’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera; l’anidride carbonica presente nell’aria si scioglie in acqua formando acido carbonico che va ad aumentare l’acidità delle acque. Ciò crea alterazione dell’ecosistema rendendo difficile la sopravvivenza di molte specie acquatiche. Senza contare i danni in termini di vite umane ed economici, conseguenti agli eventi atmosferici violenti, morti ed esodi di massa. Secondo i dati climatici elaborati dall’IPCC (Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite) si può prospettare durante il ventunesimo secolo un aumento della temperatura compreso fra 1,4 ° C e 5,8° C.
Da qui la necessità di porre rimedio a questo gravissimo problema che a lungo andare creerebbe danni incompatibili con la vita del pianeta.
Nel 1997 a Kyoto, in Giappone, durante la Terza Conferenza delle Parti (COP3), venne stipulato il cosiddetto Protocollo di Kyoto, un accordo internazionale in materia ambientale sui cambiamenti climatici per ridurre l’emissione dei gas serra. Il Protocollo, però, entrato in vigore nel 2005, è stato un insuccesso perché il trattato non venne ratificato dagli Stati Uniti. Si basava su impegni vincolanti giuridicamente, tetti alle emissioni di CO2 imposti dalla comunità internazionale ai singoli paesi. Oggi la partita si gioca fra Stati Uniti, Cina ed India, i grandi inquinatori del pianeta.
La Cina è la prima generatrice di emissioni carboniche: superò gli Stati Uniti nella grande recessione occidentale del 2008. L’India rincorre la Cina, quest’anno la supera in velocità di crescita del PIL, i consumi energetici ne sono il riflesso. L’India è già il numero tre se l’Unione Europea non è considerata come un’entità singola. Gli americani restano però i massimi inquinatori su base individuale. L‘americano medio produce il triplo di gas carbonici di un cinese e il decuplo di un indiano. In queste misurazioni l’Europa finisce ai margini, produce “solo” il 9% di tutte le emissioni di CO2. Questo 9% è frutto della decrescita europea, così come il sorpasso Cina – Usa avvenne quando l’economia americana si fermò. Purtroppo l’Europa ha smesso di ospitare molte produzioni industriali ad alta intensità di consumo energetico.
Obama ha ammesso gli errori americani e si è impegnato a rimediare; al contrario Modi il premier indiano rivendica il diritto allo sviluppo utilizzando le fonti fossili per produrre energia. Gli scienziati avvertono sulla necessità di abbandonare il carbone e il petrolio fortemente inquinanti e insistono sulle energie rinnovabili. I segnali positivi ci sono, oggi una centrale su due funziona con il sole, il vento, l’idroelettrico. Nel 2040 in Europa si prevede che il 50% dell’energia provenga da fonti rinnovabili. Da qui al 2040 America, Europa e Giappone volteranno le spalle al petrolio. Il problema è che aumenterà il suo consumo in India e Cina.
Vuol dire che la svolta inizia nei paesi sviluppati e ci vorrà tempo prima che anche i paesi meno sviluppati seguano la strada delle energie rinnovabili.
Non ci resta molto tempo, però, speriamo di avere buone notizie al termine del summit di Parigi. Per quanto ci riguarda, non possiamo certamente influire sulle decisioni del COP21 dove partecipano 180 paesi; tuttavia possiamo adottare delle piccole accortezze che ci consentono un minor consumo energetico, che oltre tutto fa bene anche alle nostre tasche!! Possiamo mettere i doppi vetri alle finestre, comprare un auto Euro 6, mettere pannelli fotovoltaici quando possiamo. Nel frattempo… speriamo che ce la caviamo…