Sisto V e il ciabattino

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Benedetta Piola Caselli

di Benedetta Piola Caselli – 1 aprile 2018

Papa Sisto V era un uomo giusto, cosi’ giusto che una volta chiamo’ a Roma un ciabattino, a cui doveva da dieci anni un giulio (circa tre euro).
Gli disse: “ti dovevo un giulio; gli interessi legali oramai fanno altri due giulii, eccoti tre giulii.”
Quello, che di giulii ne aveva spesi venti per venire a Roma, se ne ando’ bestemmiando.

Papa Sisto era un caso di profezia che si autoavvera. Era figlio di un porcaro che aveva avuto una visione: il figlio sarebbe diventato Papa; e cosi’ andava girando col pupetto in braccio a fargli baciare i piedini, fra gli sghignazzi dei suoi compaesani.
Che, infine, ebbero torto.

Sisto non solo fu Papa, ma fu anche uno di quei Papi che non si puo’ dimenticare – ed infatti fece tutte le cose che rendono indimenticabili i sovrani.

1) fece le feste. Ne istitui’ un casino, con processioni, mangiate e remissioni di peccati vari.

2) fece le stragi. Sisto odiava il crimine, ed anche chi lo commette. Fece fuori 20.000 briganti che infestavano la campagna romana (altro che i Savoia), mozzandogli la testa in eccidi di massa. Fece anche squartare a caso un po’ qua e un po’ la’, tanto per ricordare che la vita e’ un bene effimero: si calcola che, sotto il suo pontificato, ci fosse almeno un’ esecuzione a settimana.
Roma si riempi’ di teste mozzate e di un fetore mortale.

3) fece la morale o, per lo meno, ci provo’: mise una taglia su sodomiti, papponi e prostitute; ma Roma si svuoto’, e lui dovette recedere dal proposito.

4) fece pagare le tasse, sostituendo i suoi compatrioti marchigiani ai corrotti funzionari capitolini. Il detto “meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta” nasce proprio da Sisto V. Fini’ che lo Stato pontificio ebbe il bilancio in pareggio, cosa che non si era – e non si e’ – mai piu’ vista.

5) diede lavoro. Fece chiese, fontane, palazzi, e costrui’ quattro obelischi, fra cui quello di San Pietro.
Pure il Quirinale lo fece lui, per tenerlo come residenza estiva; e li’ dentro teneva lauti pranzi, gettando un occhio distratto ai Cardinali che, per supplizio, faceva assistere digiuni ai suoi banchetti.
Ma chi mangia da solo si strozza; ed infatti, mentre mangiava, ebbe un colpo e ne mori’.

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Con la scusa di reprimere i briganti, il nostro Sisto V aveva tagliato un bel po’ di teste alla riottosa nobilta’ romana, e proprio in senso fisico: li decapitava.
Aveva, pero’, paura dei contraccolpi: quindi era vietato a chiunque, comprese le guardie svizzere, di girare armate in curia.
Se non che, un certo giorno, un principino Colonna, di anni 16, fu trovato con un temperino nella bisaccia.
Sisto si frego’ le mani tutto contento: un altro nobilastro da far fuori! e lo mando’ a Castel Sant’Angelo per l’esecuzione immediata.
Ma il principino era tutt’altro che stupido: chiese di confessarsi, e comincio’ a raccontare i suoi misfatti dalla piu’ tenera eta’. Passarono le ore, e quello parlava e parlava, con una maratona oratoria che neanche i radicali dei tempi andati.
Il boia fremeva, ma il frate confessore, per regola, non poteva interrompere il racconto di un’ anima che si presentava a Dio.
Questo diede il tempo al papa’ Colonna di organizzarsi, mettere insieme un esercituccio, e marciare sotto le finestre di Sisto minacciando di cannoneggiarlo.
Ne derivo’ un notevole tafferuglio, alla fine del quale, comunque, Sisto dovette cedere e rendere il ragazzo alla famiglia.
Ovviamente rosico’ come un castoro, ando’ a pigliare un ramo collaterale dei Colonna che era in villeggiatura fuori Roma, disse che avevano offerto rifugio ai briganti, e li fece fuori tutti immantinente.

(aneddoto di papa’ in macchina)

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