Ora sarà Atene a scrivere le sue riforme

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfonso Gianni
Fonte: L'altra Europa con Tsipras
Url fonte: http://www.altraeuroparoma.it/blog/ora-sara-atene-a-scrivere-le-sue-riforme/

di Alfonso Gianni, 

Syriza può «vincere» solo allargando consenso e mobilitazioni. Un anno decisivo per tutta l’Europa è appena all’inizio.

Il breve docu­mento che con­clude il primo passo della dif­fi­ci­lis­sima trat­ta­tiva tra la Ue e la Gre­cia è già oggetto, com’era pre­ve­di­bile, di una feroce bat­ta­glia media­tica. La chiave di let­tura di Varou­fa­kis è quella dai toni più rea­li­stici e sin­ceri, all’insegna della tra­spa­renza che ha carat­te­riz­zato l’operato della dele­ga­zione greca ai tavoli di Bru­xel­les e che da sola segna una rile­vante novità.

«Saremo coau­tori della nostra lista di riforme – ha dichia­rato il mini­stro delle finanze greco — non segui­remo più un copione datoci da agen­zie esterne». Que­sta in effetti è l’essenza del com­pro­messo rag­giunto venerdì.

Il governo di Atene gua­da­gna tempo — il suo primo obiet­tivo è stato quindi con­se­guito -; la dead line del 28 feb­braio è stata allon­ta­nata; ha quat­tro mesi di ossi­geno finan­zia­rio per «con­vin­cere l’Europa», per dirla con le parole di Tsipras.

Domani, lunedì, la dele­ga­zione greca pre­sen­terà l’elenco delle riforme sociali e lo scon­tro si farà di nuovo assai aspro. Solo dopo que­sta fase si potrà capire chi ha vinto e chi ha perso. Cer­ta­mente è impos­si­bile che vin­cano tutti, come, con sprezzo del ridi­colo, ha dichia­rato il nostro inerte mini­stro Padoan.

La Ger­ma­nia ha potuto con­tare del soste­gno aperto, in qual­che caso più rea­li­sta del re, di diversi paesi. La Spa­gna e il Por­to­gallo, pre­oc­cu­pati che una vit­to­ria nego­ziale della Gre­cia spiani la strada all’affermazione elet­to­rale delle sini­stre nei loro paesi afflitti dalla cura dima­grante impo­sta­gli. La corona dei paesi nor­dici, poi­ché fanno parte del sistema pro­dut­tivo allar­gato tede­sco. I paesi dell’ex blocco sovie­tico, spa­ven­tati che le riforme gre­che – come l’aumento del sala­rio minimo — creino un effetto di traino per ana­lo­ghe riven­di­ca­zioni al loro interno.

Altri, come l’Italia hanno fatto il dop­pio gioco, men­tre la Fran­cia si è mossa troppo tardi lungo una linea timi­da­mente mediatrice.

Tut­ta­via il fronte pro auste­rity è tutt’altro che mar­mo­reo. Non solo per le prese di posi­zione di eco­no­mi­sti di fama anche in campo main­stream.

Non solo per­ché l’Ocse ha dif­fuso una tabella, poi fret­to­lo­sa­mente riti­rata, in cui si dimo­stra che la Gre­cia ha fatto in sette anni più (contro)riforme di tutti, otte­nendo i peg­giori risultati.

Ma per la crepa aper­tasi per la prima volta nella Grosse Koa­li­tion tede­sca. La Spd, incal­zata dagli stessi sin­da­cati metal­mec­ca­nici e rin­gal­luz­zita dall’esito delle ele­zioni in Amburgo, ha comin­ciato a pren­dere qual­che distanza almeno da Schäuble.

Ma que­sto certo non basta. La pre­oc­cu­pa­zione di un con­ta­gio economico-finanziario in caso di uscita della Gre­cia dall’euro ha lasciato il posto, nella stampa inter­na­zio­nale e nostrana, alla paura più con­creta di un’altra con­ta­mi­na­zione: quella che deri­ve­rebbe dal deli­nearsi di una con­creta alter­na­tiva in eco­no­mia e in poli­tica su scala euro­pea se la linea greca prevalesse.

Fiscal com­pact e sistema di gover­nance a-democratica euro­pea ne usci­reb­bero distrutti. Per evi­tarlo ogni mezzo è lecito. Per­sino la scelta dell’elettorato greco di per­ma­nere nell’euro viene pre­sen­tata quindi come la prin­ci­pale debo­lezza nego­ziale sul tavolo delle trat­ta­tive, per­ché spun­te­rebbe una pos­si­bile arma di ricatto.

In effetti in que­sta trat­ta­tiva non ci sono coni­gli da estrarre dal cilindro.

La Gre­cia può vin­cerla solo se rie­sce ad allar­gare il con­senso e la coe­sione interna attorno alla linea del nuovo governo. Quindi man­te­nere mar­gini, sep­pure stretti e minac­ciati, di auto­no­mia deci­sio­nale per attuare le misure sociali annunciate.

Solo se si allarga il fronte di soli­da­rietà tra i popoli e i movi­menti euro­pei avvia­tosi in que­ste set­ti­mane, con la con­vin­zione che anche in altri paesi, in primo luogo in Spa­gna, può cam­biare radi­cal­mente il qua­dro poli­tico e di governo. Un anno deci­sivo è appena agli inizi.

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