Oltre il ‘tramonto’ della politica. La schizofrenia italiana

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 12 giugno 2017

Nel primo turno di ballottaggio in Francia ha votato il 50% dei francesi aventi diritto. ‘En Marche!’ ha ottenuto il 30% circa dei voti, ossia il 15% dell’intero corpo elettorale. Con questo bottino, si è però garantito in Parlamento l’80% circa dei seggi, quintuplicando la rappresentanza rispetto alla percentuale di voto riferita agli aventi diritto. Misteri gaudiosi del maggioritario, che risolve con l’accetta, contro ogni principio di rappresentanza, il problema di chi governa. Se pensiamo che Macron rappresenta i poteri fortissimi, se pensiamo che si afferma sulle ceneri dei partiti nazionali, primo tra tutti il PS, e che non si sa bene se sia di destra, di sinistra, di entrambe o di nessuna, il quadro diventa chiarissimo. Quello in corso in Francia non è nemmeno un tentativo di uscita da ‘destra’ dalla crisi, e forse non è nemmeno un tentativo di uscita dalla ‘crisi’, se per crisi si intende la questione sociale, e la necessità di mutarne il segno a favore dei più disagiati. Con quel po’ po’ di maggioranza assoluta (ma io direi di dominio parlamentare) Macron può fare ciò che vuole e soprattutto può ‘presentarlo’ ai francesi come vuole, alimentando una narrazione di ‘rinnovamento’ e ‘cambiamento’ che nasconde una ristrutturazione dei poteri come non si vedeva in Francia da tempo.

Passiamo all’Italia. Il tentativo di Renzi è stato, in fondo, quello di Macron. Con minor fortuna, però. Gli è andata male con la riforma costituzionale, poi con la legge elettorale, e tre anni di governo sono stati un pianto di bonus e narrazioni esorbitanti rispetto alla effettiva prassi di governo. Non ha più la carta ‘nuovista’ da giocare. Si trova tra le mani una legge proporzionale che, se vali 30%, 30% vali. La Costituzione è immutata e non gli consente molti svoli di fantasia. Però rivuole Palazzo Chigi a tutti i costi e in fretta: anche con Berlusconi a fianco. Non ha più una narrazione, gli sono rimasti solo i giochi di potere e ‘Bob’, la super app che nemmeno funziona granché bene, pare. Non riesce nemmeno più a varare un proporzionale quando il proporzionale già c’è (paradosso dei paradossi). Teme la sinistra scissionista e vorrebbe accaparrarsi il mite Pisapia per ‘sfilarlo’ ad Articolo 1 (SI nemmeno ci pensa a Pisapia). Vive nell’ossessione di D’Alema e Bersani: voleva rottamarli, ma talvolta ritornano. Di tutto il fuoco delle prime ore è rimasto solo un pagliericcio bruciacchiato. M’aspetto a breve una congiura interna che lo ridimensioni o persino lo spodesti. Poi una lotta al coltello tra gli attuali colonnelli e falsi amici per la successione. Spero intanto che ‘Articolo 1’ si adoperi nel ruolo sensato di ‘mediatore’ e di ‘ricompositore’ a sinistra, nel tentativo di ricostruire una sinistra aperta, plurale, organizzata al di fuori del PD e lontana, ma lontanissima da Renzi, dal renzismo e da ciò che significano oggi, ossia un presente incolore e un futuro incerto e rabberciato.

A dimostrazione del gran casino che c’è sotto il cielo, si è votato alle amministrative con la vecchia legge sui Sindaci (maggioritaria e a doppio turno). I giornali oggi titolano: Grillo ha perso, ritornano i vecchi schieramenti. C’è poco da meravigliarsi dinanzi a una legge maggioritaria! Costituire degli schieramenti ampi e senza una rigida identità politico-organizzativa è quasi un obbligo, sono le regole del gioco! Se però ciò avviene localmente, e pure in assenza di un voto di opinione (che premierebbe i grillini), a livello nazionale col proporzionale le cose ormai vanno diversamente. E la cosa curiosa è la coesistenza di sistemi elettorali diversi all’interno del medesimo spazio politico: un sistema locale maggioritario e uno nazionale di tipo proporzionale. Una schizofrenia che spacca in due il Paese e produce due narrazioni, due logiche, due politiche. E così, invece di rappresentare il tramonto della politica come sta accadendo in Francia, l’Italia rappresenta la ‘sopravvivenza’ in forme ‘doppie’ della politica stessa. Con un ‘centrodestra’ e un ‘centrosinistra’ nelle città, e partiti o movimenti ‘puntuali’ e più identitari in ambito nazionale. La parola ‘centrosinistra’, che muore nelle analisi generali, ritorna viva e vegeta in quelle che mirano al dettaglio locale. Anche gli elettori iniziano a vivere questa schizofrenia, che appare sempre più un modus vivendi di questo Paese, a partire, ahimè, proprio dalla sinistra, compresa quella ‘identitaria’. Mai come oggi il dibattito politico appare ben misero e fuori schema.

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