di Alfredo Morganti – 31 marzo 2017
Fuori dal PD si stanno esprimendo due modi diversi di affrontarne la crisi (del PD stesso e della sinistra). Entrambi leciti ed entrambi alla prova dei fatti. Da una parte c’è la ‘cosa rossa’, con un’identità in formazione ma già netta, e il programma di non fare alleanze troppo larghe, o almeno di non pensare ancora ad alleanze vaste, che possano inficiarne i caratteri portanti – con un profilo maggiormente aperta al ‘sociale’ che al ‘politico’. Dall’altra, una formazione più mobile, che non rinuncia all’ampiezza delle proprie dimensioni e della propria iniziativa, ma più rivolta all’esterno che concentrata verso l’interno. Sono entrambi risposte già collaudate, e nessuna delle due appare particolarmente innovativa: da una parte c’è il partito della sinistra, con una forte caratterizzazione – dall’altra il movimento di centrosinistra che aspira, in termini omogenei, a creare un più vasto rassemblement, andando oltre (e contro) il renzismo. Si tratta, per entrambe, di un recupero ‘originario’: del partito in senso tradizionale, per un verso, e del centrosinistra prima che l’Opa renziana facesse banco al Nazareno, per un altro.
I due diversi connotati politici e organizzativi si esprimono anche con diverse strategie. Da una parte una difesa forte della propria identità, con alleanze ben calibrate e ristrette, e il timore che la costruzione politica possa infrangersi se sottoposta a relazioni pericolose con il PD, in special modo. Dall’altra, l’idea che da soli non si basti, si possa far poco, e che il fronte debba essere ampio, e così la ‘forza’ politica necessaria. Ne derivano due modalità di azione: una difesa ‘territoriale’, per un verso, l’ostinata attenzione a chi siamo e a cosa vorremmo essere, con una selezione ‘mirata’ dei propri interlocutori – una difesa ‘attiva’, per l’altro, che è quella di chi punta a lavorare sulle difficoltà, le contraddizioni, le crepe dell’avversario politico, concependo il fronte attorno come tutt’altro che marmoreo, e comunque facendo molta attenzione agli elettorati, non solo ai gruppi dirigenti. Il giudizio sull’azione ‘corrompitrice’ delle alleanze ha spesso diviso la sinistra. Anche quando si è trattato di un’azione di tipo interlocutorio, che punti ‘basso’ agli elettorati, alla loro disomogeneità, alle loro contraddizioni (ed è proprio il caso di 5Stelle). Fu così persino per il compromesso storico, che oggi, col senno di poi, tutti tendono a ‘salvare’ in nome di Berlinguer, ma che allora fu sottoposto ad aspre critiche.
La cosa certa, da cui ripartire, è l’attuale debolezza politica di Renzi. Più verso l’elettorato, che verso i propri militanti (sempre meno a dire il vero). Una crisi di ‘narrazione’ persino (Polito, oggi sul Corsera), che lascia di stucco: non si capisce nemmeno da dove Renzi voglia ripartire, e con quali parole-chiave o quali suggestioni! Una debolezza che si riverbera sul partito, ridotto a marchio, a complesso di scatole cinesi, a profilo organizzativo ondeggiante alla bisogna, senza più alcuna caratterizzazione politica evidente. Il congresso in corso è davvero una stupefacente manifestazione di povertà politica. Mai, credo, un’assise politica della sinistra (per quanto inesistente, per quanto ridotta a scaramuccia nei circoli e al volatone finale delle primarie) ha prodotto una tale indifferenza generale verso i contenuti espressi (contenuti?). Una debolezza piddina che deve far pensare, non per ‘salvare’ il suo attuale gruppo dirigente, ma per fare in modo che la crisi finale del PD non produca un terremoto tale che alla fine colpisca la sinistra ben più della destra. Rendiamoci conto che a sinistra abbiamo un ordigno inesploso in casa,un composto instabile, una ‘cosa’ sottoposta al mandato renziano a distruggerla, e le strategie di ognuno non possono non tenerne conto. Non fosse altro per non vedere la destra rafforzarsi al punto da conquistare il paese. È lì il pericolo, nella destra ricompattata con un profilo ‘liberal’ (non salviniano), capace di scavalcare il 40% dinanzi alla pessima prova del PD renziano. Altro che Movimento 5 Stelle.