Fonte: politicaPrima
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di Antonella Lo Presti – 8 aprile 2015
Sono ormai 23 anni che insegno nella scuola primaria, da quando la circolare 116/92 riconosceva a noi specialisti di lingua inglese un riconoscimento economico mai avuto.
Dagli anni della sperimentazione la formazione che abbiamo volontariamente subito è stata numerosa e faticosa: 150/300 ore di corsi ministeriali fuori dall’orario di servizio; corsi di sostegno alla lingua annuali di 100 ore; borse di studio ministeriali all’estero.
Per non considerare il carico lavorativo al quale siamo sottoposte quotidianamente: numero di classi elevato con conseguenti riunioni dei genitori infinite e così per le molteplici schede di valutazione.
“Troppi 3 mesi di vacanza, il tema è da discutere”. Così si è espresso, nei giorni scorsi, il ministro del lavoro Giuliano Poletti. E il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a ruota: “Nel ddl sulla Buona scuola è prevista attività di stage nei periodi di sospensione dell’attività didattica, estate inclusa”.
Come se il problema della scuola fossero i giorni di vacanza, dimenticando completamente le 80 ore, da contratto, annue che abbiamo di obbligo GRATIS.
Sì, infatti. Le riunioni di collegi docenti, programmazione inizio e fine anno, riunioni con le famiglie, rientrano nelle 40 ore da espletare in maniera gratuita ed in più altre 40 per i consigli di interclasse. Spesso, inoltre, i dirigenti sforano tali ore, evitando in tutti i modi di affrontare la questione.
Nulla è lasciato al caso. In più noi docenti non possiamo fruire le ferie durante l’inverno se non per gravi motivi familiari e personali e abbiamo soltanto 9 giorni l’anno di permesso per badare ai figli, mariti, genitori e motivi personali (contro, per esempio, i 45 dei dipendenti della Regione Siciliana).
L’organizzazione del tempo scuola, forse è mal distribuito, lasciando due mesi estivi liberi. D’altronde, d’estate, le aule infuocate non permetterebbero la permanenza di alunni se non con aria condizionata.
Prendendo a modello il sistema britannico si potrebbe organizzare il tempo scuola in trimestri oppure allungare le vacanze di Pasqua estendendo il termine di giugno.
Penso, però, sia meglio discutere nelle sedi opportune e con il personale competente come gestire e organizzare il tempo scuola. Lanciare proclami, come è stato fatto, serve solo a ledere e offendere la professionalità e la dedizione degli insegnanti, che ogni giorno affrontano con coraggio e impegno i tanti problemi della scuola italiana.
La riforma cosiddetta della “Buona scuola”, purtroppo, si allontana dalle norme contrattuali introducendo una flessibilità interpretativa al dirigente, lasciando così largo spazio a molteplici contenziosi che nasceranno in futuro.
Gli insegnanti si sono sempre formati ed aggiornati senza alcuna remunerazione o gettone di presenza e con senso del dovere, professionalità e serietà. Lo dimostra il fatto che dopo anni di precariato molti docenti non siano ancora in ruolo, pur sperandoci, continuando il proprio lavoro, aggiornandosi a proprie spese, frequentando corsi, anche fuori sede, per acquisire punteggio aggiuntivo.
La riforma proposta dal governo sembra introdurre l’obbligatorietà della formazione lasciando quindi al dirigente ampia autonomia e decisionalità sulla ricaduta didattica. Penso sia legittimo, pertanto, introdurre un riconoscimento economico orario o forfettario per le ore extracurricolari con una voce di bilancio ad hoc.
Gli insegnanti sono stanchi di investire sulla propria pelle espletando ore aggiuntive senza alcun riconoscimento e senza nessuna gratitudine, anzi ogni volta che c’è da reperire risorse per fare quadrare il bilancio statale si tende a risparmiare sulla sanità e sulla scuola… i cardini della società, e mai sui privilegi “Romani”.