Non sogni, con Leu la crescita sarà realtà

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Maria Cecilia Guerra, Pierpaolo Parrello e Vincenzo Visco
Fonte: La Repubblica

di Maria Cecilia Guerra, Pierpaolo Parrello e Vincenzo Visco (1) – 18 febbraio 2018

Nel suo articolo sul programma di Leu Roberto Perotti sostiene che non è possibile valutarlo con precisione perché gli estensori si sono sottratti al compito di elencare minutamente le singole proposte di spesa, limitandosi a proporre una riforma fiscale e una simulazione macroeconomica. Nel dubbio Perotti conclude che con il metodo utilizzato si può ottenere il risultato desiderato e prospettare un avvenire rosa senza fatica. In tutti i suoi commenti Perotti ha evitato di considerare i possibili effetti dei programmi esaminati sul Pil e sulle grandezze macroeconomiche. Ma questo approccio inficia la sua analisi dal momento che i programmi elettorali si fanno proprio per prospettare risultati in termini di reddito, occupazione, equilibrio di bilancio, inflazione…

Se si trascurano questi effetti il risultato è scontato: nessun programma risulta credibile. Al contrario, un programma fatto solo di austerità e di tagli alla spesa sarebbe perfetto perché i conti pubblici apparirebbero a posto, e gli effetti negativi sul Pil (che farebbero crescere di nuovo il deficit) sarebbero trascurati. Dietro questo approccio sembrano emergere due diverse visioni teoriche: una keynesiana (quella di Leu), e una fiduciosa nell’economia dell’offerta, se non proprio della “contrazione espansiva” che in passato Perotti ha contestato sul piano scientifico.

Il programma di Leu si basa su due punti fondamentali: a) che per uscire dalla crisi e riprendere a crescere sia necessario aumentare la spesa pubblica per investimenti ad alto moltiplicatore (e cioè con un alto impatto positivo sulla crescita del Pil), e anzi che questa sia l’unica possibilità; b) che la riduzione delle imposte è possibile solo se finanziata con recupero di evasione. Sul primo punto Perotti di fatto considera la spesa pubblica come un aggregato omogeneo, mentre i suoi effetti sull’economia sono ben diversi a seconda della sua natura.

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Egli inoltre trascura di dire che i moltiplicatori utilizzati sono quelli che usa il governo nei suoi documenti ufficiali (nello specifico, quelli del modello Item 2017). Quanto all’evasione, Perotti si limita a dire che si tratta di ipotesi di difficile realizzazione.

 Non è così: è sufficiente leggere i (complicati ma rigorosi) rapporti Nens sull’evasione dell’Iva, sul Fisco Telematico, sull’estensione del sistema di ritenute d’acconto, o anche il libro di Vincenzo Visco: “Colpevoli evasioni” (Igea 2017) per convincersene. D’altro lato i pochi risultati degli ultimi governi sul fronte dell’evasione si sono avuti quando sono stati seguiti alcuni dei suggerimenti contenuti in quelle proposte. Il punto di fondo della nostra analisi è in sostanza il seguente: se i Governi della XVII legislatura non avessero sprecato soldi per bonus e incentivi vari, ma li avessero investiti, avremmo avuto risultati decisamente migliori in termini di Pil e occupazione. A ben vedere questo dovrebbe essere il punto centrale della campagna elettorale.

(1)  economisti, estensori del programma di Leu

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