di Corradino Mineo – 12 kuglio 2014
Contrordine, compagno giornalista, anzi compagno “retroscenista”. Matteo Renzi ha cose più serie di cui occuparsi: basta con le battutine sui “Min”, basta punti esclamativi sui proclami di vittoria al Senato. “Per Renzi ora conta soprattutto l’economia”, scrive Francesco Verderami, sul Corriere della Sera. E, in apertura, Lucrezia Reichlin, non una qualunque Maria Teresa Meli, riassume i dati che indicano “un rallentamento della produzione industriale” in Italia ma anche, “ancora più preoccupante”, in Germania. Per l’economista, “regole troppo flessibili sono la negazione delle regole stesse, perché ne distruggono la credibilità”. In secondo luogo non è detto che l’Italia trarrebbe vantaggio da più flessibilità, visto come spendiamo “poco e male i fondi strutturali” e “l’inefficienza” e “gli scandali” per cui “l’investimento, privato e pubblico, è così basso”. Dunque, basta promesse. “Meglio passare dalle parole ai fatti”.
Niente paura, Renzi è veloce e ha tutto compreso. Repubblica: “Equitalia, si cambia. Basta cartelle shock, lotta ai maxi evasori”. Poi il retroscena cambia tema e con Tommaso Ciriaco racconta “Il Team di fedelissimi: dal factotum al segretario, la carica dei fiorentini a Palazzo Chigi”. Erasmo de Angelis, Nicoletta Manzione, Filippo Sensi, Luca Lotti, Raffaele Tiscar, Ernesto Carbone. Tutti fiorentini e austeri. Come austera è la vita del premier che si da solo il numero del centralino “Sono Renzi, può chiamarmi…”. Qualche partita a calcetto “corre dietro al pallone un un luogo discreto anche per ragioni di sicurezza”, e poi pizza “con würstel, accompagnata da vino rosso rigorosamente piemontese”. Così “fino al 31 agosto”.
Dimenticavo: Repubblica oggi pecca di ingratitudine. Dopo aver venduto milioni di copie narrando il conflitto tra Berlusconi e i suoi giudici, oggi mette la sordina a quello che il Corriere definisce: “Doppio colpo a Berlusconi”. Il procuratore generale di Milano ha chiesto la conferma della pena inflitta in primo grado per il “bunga bunga”, 7 anni, “pena severa ma giusta” l’ha definita. Mentre a Bari la Procura chiedeva il rinvio a giudizio contro l’ex premier per aver pagato Tarantini al fine di chiudergli la bocca sui suoi incontri con “escort”. “Altro che tregua giudiziaria”, piange il Giornale. Mentre il Fatto osserva: “Per Renzi è il padre della patria, per Ruby rischia la galera”.
Quanto alla Stampa, racconta di un “governo a caccia di 12 miliardi. Per preparare la legge di stabilità”. Ma dedica il titolo più importante all’intervista che Giorgio Napolitano ha concesso a Mario Calabresi. “Attenti ai focolai che ci circondano”. Per il Presidente “il semestre (italiano) della UE dovrà occuparsi delle numerose instabilità ai confini dell’Europa”. Un’intervista che contiene un’ammissione, sia pure tardiva: “La verità è che la comunità internazionale, dal dopo 11 settembre 2001, non è riuscita ad affrontare e ad avviare a soluzione con mezzi politico-diplomatici nessuna crisi e non è riuscita a disinnescare nessuna sfida”. In passato Napolitano ha giustificato errori, illusioni e bugie della politica americana, oggi ammette il disastro portato in medio oriente e si preoccupa per il rapporto con la Russia: “Non si può ripiegare su una strategia di “contenimento” della Russia che riproduca anacronisticamente un contesto di guerra fredda che non esiste più”. Non è mai troppo tardi.
È vero, una rondine non fa primavera, qualche ammissione presidenziale e un solo giorno in cui l’informazione cambia verso, non vuol dire che l’uso tendenzioso, trionfalistico e ingannatore degli annunci, dei proclami e degli anatema sia finito in soffitta. Però è comunque un sintomo. Ieri un follower chiedeva conto del mio ostinato ottimismo, nonostante le botte prese nella battaglia del Senato. Rispondo che intorno alla questione costituzionale – per me importante – si dispiega la crisi – direi il crollo – dell’intera vecchia classe dirigente, dopo 30 anni in cui si è mostrata – uso un eufemismo – inadeguata. La questione è posta: ammissioni tardive, ripensamenti a mezza bocca, qualche resipiscenza sui giornali. Poco, ma basta comunque per sperare e proseguire a combattere.