di Alfredo Morganti – 4 marzo 2019
Non ho votato alle #primarie del #PD perché odio l’idea che alcuni ‘passanti’ privi di responsabilità diretta possano decidere per un’intera comunità. Non mi piaceva quando i berlusconiani votavano Renzi, tanto più ora, quando il passante sarei stato io. Dirò di più. Non amo le primarie, a cui preferisco i congressi, dove non si confrontano persone ma idee, e che per questo forse paiono noiosi e superati a osservatori e media. Ma c’è stato un motivo ancor più profondo a farmi scegliere la non partecipazione, ed è l’idea che i #partiti (o ciò che ne resta) non debbano essere consumati senza criterio, come affari personali, come capricci di qualche Capo, come arnesi senza anima alla mercé del primo avventuriero che si palesa. I partiti e le loro #comunitàsono cose importanti per lo Stato democratico, sono mattoni di un edificio forte ma delicato, sono organismi di partecipazione (quando lo sono), sono un ponte tra società civile e società politica. Ridotti a contenitori, a tradotte, a scatole mediatiche vuote da riempire a piacere, non svolgono alcuna funzione che fare da cavallo di Troia a qualche cavaliere cinico e ambizioso.
E non è vero che ‘assaltare’ i partiti, profittando delle urne delle primarie, sia in fondo un bene. Non è quella l’apertura che ci vorrebbe. Non è sfondando dall’esterno gli argini, non è confermando il loro carattere di ‘contenitori’, più di quanto non siano già, che essi si possano ‘salvare’. Non si costituisce una comunità, riconfermando il loro ruolo di arnesi, contenitori, strumenti di questa o quella ambizione personale. Non è affidando i partiti a un Capo (buono o scaltro che sia) che essi riacquistano autonomia e forza. Le primarie questo fanno, potenziano il carattere di aggeggio del partito, sviluppano il carattere strumentale della politica, esaltano le personalizzazioni, e perciò mancano di rispetto a coloro che ogni giorno vanno in sezione (o nel circolo), fanno militanza e si sentono comunità. Lasciano a chiunque di decidere per loro. Gli ‘altri’ entrano nelle urne con una specie di colpo di mano, senza nemmeno sfondare le porte, anzi trovandole spalancate. L’apertura vera, invece, deve essere in un’altra direzione: dall’interno verso l’esterno, non il contrario. È il soggetto che deve aprirsi, non tutti gli altri intenti a ‘sfondarne’ le recinzioni.
Per questo oggi credo che, coerentemente, tutti coloro che hanno votato Zingaretti, se non lo fossero già, dovrebbero diventare militanti del PD e dare una mano vera, non solo una botta e via. Entrino nel PD, completino l’opera di sostegno al segretario, sanino la loro sciocca condizione di ‘passanti’. Così si ‘salva’ un partito, ricreando comunità, non drogandolo dall’esterno, non con l’aiutino una tantum. Ha ragione #Zingaretti, fate il passo vero, dopo quello apparente. Ne avrà bisogno Zingaretti, perché non sarà facile far tornare il dentifricio nel tubetto, far risalire i salmoni alla fonte, richiudere il vaso di Pandora. In questi anni la crisi della sinistra si è compiuta sospinta alla meta dalla follia renziana, dalla follia del partito personale, contenitore, leggero, mediatico, dalla follia della vocazione maggioritaria, dalla follia della politica consegnata alla comunicazione, dimentica delle donne e degli uomini ma concentratissima sui social e sui minutaggi televisivi. Abbiamo inseguito il mito americano, abbiamo fatto i codisti della destra berlusconiana, abbiamo trasformato una grande tradizione storica in un’avventura personale, in una serie di uomini che dal palco chiedevano il voto come se tutto si riducesse a quello. Abbiamo assecondato la follia che tutto andasse sacrificato per la vittoria, senza capire che proprio questo sacrificio era già una sconfitta ab origine. Il mio è un invito sincero (e anche una sfida): sostenete Zingaretti adesso, perché non basta che lo abbiate lanciato come una palla di cannone contro il renzismo, non basta aver lanciato il sasso, ora non dovete nascondere la mano. E a Zingaretti dico: guardati bene attorno, perché il renzismo (e quel che si nasconde dietro questa locuzione) non è affatto morto, anzi. E già da oggi, a urne chiuse, potresti ritrovarti più solo.