di Marianna Sturba – 4 novembre 2018
Oggi festeggiamo l’Unità Nazionale e le Forze Armate. Oggi si sventola il tricolore memori della vittoria italiana nella prima guerra mondiale con l’armistizio di Villa Giusti. Nessuno dimentica quel 26 aprile 1915 quando il Re, che poi conosceremo come il grande fuggitivo dell’8 settembre, firmò segretamente il trattato di Londra, con il quale l’Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese,con il quale il Re di fatto scelse di provocare la morte di centinaia di migliaia dei suoi sudditi, con la speranza di essere fra i vittoriosi.
La fine però di quel conflitto assurdo ci restituì un Italia libera. Quella di oggi non è festa nata per dividere… ma per unire. È la celebrazione della fine di una guerra sanguinaria di cui, una sola è la commemorazione da fare: le vite umane. Bisognerebbe unirsi nel ricordare il sacrificio di tanti giovani ignari e non star li a reclamare una vicinanza o lontananza da questa festa. Sarebbe bello vedere però le stesse persone sventolare il tricolore sia il 4 novembre che il 25 aprile con la stessa gioia per la stessa Patria salvata, prima dall’invasore, poi dal fascismo. Sarebbe bello vedere lo stesso orgoglio che sa riconoscere nel 4 novembre e nel 25 aprile la Storia al di là e oltre la propria ideologia.
Disconoscere l’importanza del 25 aprile equivale a disconoscere la nostra Costituzione nata sui principi ispiratori della resistenza. Disconoscere il 25 aprile in vista dei festeggiamenti del 4 novembre, significa scegliere di dividere l’Italia, di scrivere una gerarchia del ricordo che poggi le proprie fondamenta sulla litigiosità di un popolo. Si accetti invece di stringere nel cuore il ricordo di quelle vite e di rimetterle nelle mani delle Forze Armate che oggi celebriamo. Quelle Forze, prima di tutto di pace, perché l’Italia ripudia la guerra, che nel mondo sono state segno di umanità, quelle forze che continuano a salvare vite umane nelle acque del mediterraneo perché sanno cosa è giusto fare, uomini e donne che scelgono di vivere “al servizio” di alti ideali.
Oggi è anche l’anniversario dell’inondazione di Firenze del 1966, e proprio in questi giorni l’Italia è sfigurata dal maltempo, sempre di questo periodo è la frana di quella montagna che 100 anni fa, durante la prima guerra mondiale veniva devastata dai bombardamenti e che in 100 anni si era ricostruita più bella che mai. Ed ora, come cento anni fa, come nella Firenze del 1966, l’Italia conta sui suoi uomini per risollevare il destino di un’intera popolazione. Questa immane tragedia ci insegna che la storia si ripete,con nomi e vesti diverse ma spesso fa gli stessi danni, mette in ginocchio le stesse persone e conta sulle medesime risorse per farcela. Allora che sia una giornata di riflessione profonda sui valori fondanti del popolo italiano, sulle forze che questa Italia possiede e può mettere in campo, sulle priorità che l’Italia si dà e su quanto valga ancora crescere una generazione di faziosi cronisti del proprio modo di vedere piuttosto che consapevoli cittadini che nella propria storia si riconoscono e si nutrono.