Nella Russia di Putin, il passato non è mai passato

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Andrea Mignone
Nella Russia di Putin, il passato non è mai passato
Qualche tempo fa avevamo accennato alla deriva autocratica impressa in Russia da Putin con il
referendum che di fatto gli permetterà di dominare a vita nel paese (“Putin V di Russia, “zar” di
un regime autocratico”)
Trent’anni dopo la caduta del regime sovietico, Putin combatte contro la storia e contro la libertà di
opinione. Non a caso, la Russia è collocata al 150° posto (su 180 paesi) nella classifica del World
Press Freedom Index 2021, e al 124° posto (su 167 paesi) nella graduatoria del Democracy Index,
che definisce la Russia una “autocrazia”.
Martedì scorso la Corte Suprema russa ha ordinato la chiusura di “Memorial International”, una
delle organizzazioni per il rispetto dei diritti umani più longeva e stimata nel paese, impegnata da
oltre trent’anni alla ricerca, allo studio e analisi storica delle atrocità del periodo del “terrore”
stalinista e alla identificazione delle vittime delle “purghe”. Tra i fondatori del gruppo nel 1987
troviamo, oltre al premio Nobel Andrei Sakharov, dissidenti, vittime della repressione comunista
(stimate in un milione e mezzo) e le loro famiglie. Memorial ha fatto un lavoro enorme nel creare
un archivio dettagliato delle vittime nei gulag: chi fu ucciso, quando e dove, chi condusse le
indagini, quale giudice ha “piegato” la legge e pronunciato la sentenza di condanna. Tutto ciò
potrebbe creare imbarazzo anche nell’attuale nomenklatura dominante al Cremlino.
La Corte ha stabilito che Memorial ha violato la controversa legge sugli “agenti stranieri”, (avendo
ricevuto donazioni da fuori Russia), una legge che di fatto colpisce tutte le organizzazioni civili che
non sono controllate dal regime putiniano. Formalmente?Memorial è stata sciolta dalla giudice Alla
Nazarova in base alla legge sugli agenti stranieri?che bolla tutte le organizzazioni che ricevono
finanziamenti internazionali come “contrarie agli interessi della Russia”. Soprattutto ha precisato
che la Ong ha creato una falsa immagine dell’ex URSS come “stato terrorista”. La conseguenza è lo
scioglimento dell’associazione. In sintesi, la sentenza sostiene che l’attività di Memorial crea una
falsa immagine dell’Urss come stato terrorista, denigra la memoria della Seconda guerra mondiale e
non rispetta la legge sugli agenti stranieri.
Sarà così sempre più incerto il futuro dell’archivio gestito dall’associazione, il più grande al mondo
sull’epoca dei gulag, soprattutto di quelli dell’epoca staliniana.
La Corte annuncia il verdetto contro Memorial, Mosca 28 dicembre 2021
In verità, la vera ragione sta nel fatto che l’attuale autorità non approva il lavoro della Ong.
Memorial ha operato per documentare le atrocità dei gulag stalinisti e la sua chiusura suona come
offesa alla memoria dei milioni di vittime di quel regime. Putin sembra arrogarsi il diritto di avere il
controllo del passato. Troppa luce sulle passate repressioni potrebbe, secondo il Cremlino, portare i
  • russi a interrogarsi sulle attuali attività e comportamenti del governo (carcere agli oppositori del
    regime, repressione della società civile, leggi contro l’indipendenza dei media).
    I sostenitori fuori dalla Corte hanno gridato “vergogna, vergogna” e sono stati brutalmente
    allontanati.
    Sostenitori di Memorial di fronte al tribunale, Mosca 28 dicembre.
    Il cartello recita:” Vivremo per sempre”
    Un sostenitore dell’International Memorial solleva un poster con la scritta “No alla follia!
    NoisiamoMemorial”. Mosca 28 dicembre 2021 (foto Kochetkov)
    Il presidente Yan Rachinsky e la rappresentante di Memorial, Tatiana Glushkova hanno dichiarato
    che impugneranno la decisione. Certo, la decisione della Corte costituisce un ulteriore segnale di
    eliminazione di spazio per l’indipendenza della società civile e dei media, e rafforza l’immagine di
    una Russia governata in modo autocratico da Putin. Ipotesi rafforzata dalle difficoltà che vengono
    frapposte all’attività della Ong gemella di Memorial, il Memorial Human Rights Center”,
    impegnata nella difesa degli attuali oppositori di Putin.
    Memorial, che ad oggi in Russia conta 50 sedi, a cui se ne aggiungono sei in Ucraina e altre ancora
    in svariati paesi europei, inclusa l’Italia. E proprio questa popolarità internazionale sarebbe alla base
    della sentenza secondo alcuni osservatori, che leggono la notizia nell’ottica del conflitto attuale tra
    Mosca e il mondo occidentale. Secondo Maksim Trudolyubov, senior fellow del Kennan Institute, il
    caso Memorial rientra nel?più ampio “conflitto” di Mosca con l’Occidente: le autorità russe, ha
    scritto sulla testata indipendente Meduza, “non sono tanto interessate alle attività di questa Ong in
    patria, quanto alla?sua popolarità in Europa,?principalmente in Germania, dove il tema dei crimini
  • del totalitarismo è estremamente importante”. “Più’ una figura o un’organizzazione è visibile”, ha
    spiegato l’analista, “più ‘pesa’ nella strategia del conflitto” di Mosca con Europa e Usa e in cui
    “organizzazioni e personaggi significativi all’interno della Russia, compreso Memorial e Navalny, si
    stanno trasformando in merce di scambio” con cui il Cremlino cerca di ottenere leverage non
    potendo contare – tranne che per le forniture di gas – su molto altro che “la minaccia della forza”.
    Le premesse di questa scelta erano già nel discorso di Putin ai primi di dicembre, quando accusò
    Memorial di sostenere gruppi etichettati come “organizzazioni terroristiche ed estremiste”. Peraltro,
    la storia di Alexey Navalny è troppo nota per ripeterla qui ed è simile a quella di quanti entrano in
    conflitto con il Cremlino. Peraltro a metà dicembre Yury Dmitriyev,uno studioso associato a
    Memorial impegnato nella storia di un gulag in Karelia, era stato condannato a15 anni in una
    colonia penale.
    L’accusa è sempre la stessa: un attacco alla Russia e la “falsificazione della storia”. Il pubblico
    ministero Alexei Zhafyrov ha sostenuto che Memorial “crea una falsa immagine del URSS come
    stato terrorista e denigra la memoria della seconda guerra mondiale”, distorcendo la storia. Tutto ciò
    si accompagna alla rinascita del mito di Stalin in Russia.
    Un sostenitore del partito comunista russo con l’immagine di Stalin nella commemorazione della
    rivoluzione bolscevica del 1917. Mosca, Piazza Rossa, 7 novembre 1917
    Tuttavia, il Muro del Dolore, costruito per ricordare le vittime del terrore, nel 2017 nel centro di
    Mosca rimane e la sede del Memorial, il Solovetsky Stone resta al suo posto, simbolicamente di
    fronte alla Lubianka già sede del KGB ed ora di FSB.
    Merita riportare il commento alla sentenza di Piotr Cywinski, direttore del Museo di stato di
    Auschwitz-Birkenau: “Un potere che è spaventato dalla memoria, non sarà mai in grado di
    conquistare la maturità democratica”.
    In questo senso, con una danza crudele, la Russia ha chiuso il cerchio.
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