Nel merito

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
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di Luca Billi – 20 ottobre 2016

Da qualche giorno, ossia da quando la campagna elettorale per il referendum è entrata nel vivo e la propaganda del governo e dei suoi complici si sta facendo sempre più violenta e volgare, vedo aumentare gli appelli a entrare nel merito della riforma. Come se fino adesso avessimo parlato d’altro.
Alcuni di quelli che lanciano questi appelli sono certamente in buona fede: si tratta in genere di costituzionalisti e di esimi professori schierati per il NO che, comprensibilmente, vorrebbero spiegare le molte buone ragioni di questa loro scelta, in base ai loro studi e alla loro dottrina. Non sempre, a dire il vero, il loro modo di spiegare le ragioni del NO risulta efficace e anzi talvolta rischiano di trasformare questo tema in un dibattito da specialisti, mentre è qualcosa che riguarda tutti noi, anzi più ci riguarda quanto più siamo deboli e indifesi, perché la Costituzione è nata proprio per difendere chi ha meno, chi sa meno, gli ultimi della società, offrendo a tutti gli stessi diritti. Uno di questi professori in buona fede che rischia di fare danni è Valerio Onida, con il suo ricorso volto a “spacchettare” il quesito; se il suo ricorso fosse accolto il referendum sarebbe posticipato, offrendo un ulteriore vantaggio a renzi, che ha tutto l’interesse a prendere tempo per continuare le sue elargizioni elettorali, e togliendo spinta ai già scarsi e deboli sostenitori del NO.
Poi ci sono quelli che non sono in buona fede – e sono ovviamente la maggioranza – il cui obiettivo è quello di dare una mano al governo, senza apparentemente darlo a vedere, senza apparire troppo schierati; siamo pur sempre in Italia, patria di cerchiobottisti e di opportunisti. Molti “autorevoli” commentatori di Repubblica – ad esempio, ma non solo – stanno facendo questo gioco sporco e tanti altri vedrete che seguiranno. La loro tesi è che noi votiamo NO unicamente per odio a renzi e proprio per questa ragione ci spiegano che questo nostro NO è sbagliato, perché non è possibile costruire qualcosa unicamente su questo sentimento così poco commendevole. Dicono che votiamo NO solo per far cadere il governo e in questo modo ci accusano di non discutere nel merito delle proposte di riforma. Curiosamente la recente – e inattesa – dichiarazione di voto di Mario Monti a favore del NO ha rinfocolato questa tesi, dal momento che lo stesso Monti ha motivato questa scelta solo con le critiche a renzi, in particolare alle regalie che si stanno facendo sempre più sfacciate, senza dire una parola sulla riforma; visto il personaggio, servo fedele dei poteri internazionali che hanno ispirato e sostenuto questa riforma, forse questa sortita è una polpetta avvelenata.
Il problema di noi del NO è che troppo spesso di fronte a questi argomenti ci mettiamo in difesa e rinunciamo ad attaccare. Invece dobbiamo essere noi ad andare all’attacco, proprio perché su questo tema stiamo da sempre sul merito, anche quando attacchiamo renzi e i suoi complici. Perché il merito della riforma non è né la cancellazione del senato, né lo svilimento delle autonomie, né il combinato disposto di riforma e legge elettorale – figurarsi poi se può essere il Cnel – il merito vero di ciò di cui stiamo discutendo è quale idea di democrazia vogliamo per il futuro di questo paese. Quello che dobbiamo far capire ai cittadini – quelli che voteranno sì per opportunismo e per cieca fiducia in renzi ormai sono perduti, ma tanti ancora non hanno deciso – è proprio questo.
Questa non è una riforma che riguarda alcuni articoli, non è l’adeguamento di alcuni punti a nuove esigenze, non è un’operazione di semplice, per quanto necessario, maquillage, questa è proprio una “nuova” costituzione, che risponde a principi diversi rispetto a quelli su cui è fondata la Costituzione del ’48. So bene che renzi e i renzioti dicono che i principi della prima parte non vengono modificati – ed effettivamente non vengono modificati – ma quando, come in questo caso, le norme della seconda parte vengono totalmente riscritte tenendo conto di altri principi, allora anche la prima parte viene tradita. Per questo lo “spacchettamento” finisce per essere soltanto un esercizio accademico: c’è un’idea complessiva nella proposta del governo ed è un’idea che confligge totalmente con la Costituzione vigente. Questo è il merito, su questo siamo chiamati a un solo sì o a un solo NO. E per questo non votiamo sul senato o sul meccanismo di formazione delle leggi o sul Cnel, ma votiamo proprio sulla Costituzione, su tutta la Costituzione, principi compresi. Stiamo nel merito; dobbiamo spiegare ai nostri concittadini che il vero quesito, al di là di quello che sarà o non sarà scritto sulla scheda, è: “Volete una nuova Costituzione al posto di quella entrata in vigore nel 1948?”. NO.
E non vogliamo che una nuova costituzione venga scritta da renzi e da Verdini. In questo certamente il referendum è anche una consultazione sul governo, indipendentemente da ogni altra considerazione in merito ai provvedimenti presi da questo esecutivo. Umanamente disprezzo renzi, ma non è questo il punto, non mi fido di lui e non mi fido di quelli da cui lui prende ordini. Stiamo dunque ancora nel merito, spiegando che il quesito della scheda potrebbe essere efficacemente “tradotto” in questo modo: “Volete che renzi scriva la nuova Costituzione?”. NO.
Questa nuova costituzione, che porta il nome di renzi, ma che è stata scritta nelle stanze di alcune grandi istituzioni finanziarie, è ispirata dall’idea che i cittadini debbano contare sempre meno, che la sovranità non debba più appartenere al popolo – o appartenergli sono nominalmente – ma che in realtà debba essere esercitata da chi può e da chi sa. Debba essere esercitata dalle banche, dalle grandi industrie, dalle multinazionali, in sostanza debba essere esercitata dai padroni, dalle persone molto ricche, basandosi sul principio che gli interessi dei padroni coincidono con quelli generali. Invece non è così: i padroni hanno sempre fatto – e sempre faranno – solo i loro interessi, a scapito degli interessi collettivi e di quelli delle classi più povere. La guerra di classe non è un’invenzione di Marx, ma il conflitto che ogni giorno i padroni combattono contro di noi, per sfruttarci. La Costituzione serve a difenderci e per questo loro la vogliono cambiare. In gioco non è la sopravvivenza di qualche posto da senatore, ma questa idea sottesa alla riforma che le istituzioni democratiche siano un ostacolo allo sviluppo. E per questo tutti i banchieri, tutti gli industriali, tutti i potenti sono schierati per il sì e fanno schierare per il sì le loro marionette, da Obama alla Merkel, da Hollande a Juncker.
Oggi hanno già abolito le elezioni provinciali, eppure le Province ancora funzionano: allora qualcuno potrà chiedere di abolire anche le elezioni regionali e poi quelle comunali. Oggi aboliscono non il Senato, ma l’elezione democratica di questo organo, in nome dell’efficienza e del risparmio; domani qualcuno sosterrà, in nome degli stessi principi, che anche seicento deputati sono troppi, troppo costosi e troppo inefficienti, e quindi ne chiederà la riduzione, e che il meccanismo di voto è troppo complicato e troppo costoso. E non ci sarà più alcun principio per fermare questa deriva, perché con questo sì saranno riusciti a distruggere gli anticorpi della Costituzione. Questo è il merito. Su questo saremo chiamati a votare il prossimo 4 dicembre. Per questo voteremo NO.
A questi pretesi riformatori – o meglio a questi nuovi costituenti – poco importa che le leggi vengano approvate da una o due camere. E francamente importa poco anche a me il puro meccanismo. A loro importa che le leggi vengano approvate soltanto dai governi – come avviene di fatto da molti anni in Italia, dal momento che il parlamento si limita a ratificare, spesso sotto l’imposizione del voto di fiducia, i decreti del governo, come è avvenuto in Francia con la Loi travail, fatta passare senza un voto parlamentare, con una procedura d’emergenza, come una legge di guerra. E questa nuova costituzione va in questa direzione, con la scusa di semplificare, di rendere più veloci le decisioni. Vogliono semplicemente essere loro a decidere. Per questo diciamo NO.
Ai nuovi costituenti interessa manomettere la Costituzione del ’48, perché quella Costituzione, proprio perché è nata in quegli anni, perché è figlia della Resistenza, ha un forte impianto progressista. Quella formula dell’art. 1 “fondata sul lavoro” non è un espediente retorico, è un principio. E questo principio è adesso l’unico limite alle violenze di classe. Per questo vogliono scrivere una nuova costituzione, mentre noi dobbiamo lottare per applicare davvero, fino in fondo, la Costituzione del ’48. Questo è il merito: “Volete vivere in un paese senza Costituzione?”. NO.

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