Natalia Aspesi: “Ridatemi l’allegria di Milano”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Natalia Aspesi
Fonte: La Repubblica

di Natalia Aspesi

Diario da una città intristita

Se durante la guerra, sotto i bombardamenti, i cinema fossero stati chiusi, non avrei visto né Pia dei Tolomei né La città d’oro primo film a colori di propaganda nazista, che mi incantò bambina per gli abiti da contadinella della protagonista bionda e procace: me ne ricordo persino il nome, Kristina Soderbaum.

Noi andavamo a scuola e, quando suonava l’allarme, giù in cantina dove se fosse caduta una bomba saremmo morti lo stesso.Tutti i giorni andavo a schettinare (allora i bambini circolavano da soli) e la pista era piena e allegrissima: se ululavano le sirene, ci ospitavano le prime cantine disponibili: i supermercati non c’erano e neanche ci passava per la testa di assalire i negozietti in cui con la nostra tessera annonaria potevamo, in quanto bambini, comprare 100 grammi (i grandi 50) di pane di carrube, nero e molle, cattivissimo ma pazienza.

C’erano anche le sfilate di altamoda e le ricche signore sfollate sul lago di Como sfidavano il pericolo e tornavano a Milano per vederle, anche in mezzo alle rovine. Insomma si stava perdendo la guerra, eravamo affamati e in pericolo ma si tentava di tenerci stretta una vita quasi normale. Sabato sera, il 22, sono andata alla Scala, ogni poltrona occupata perché non c’era sfida tra restarsene a casa per paura, ammesso che qualcuno ne avesse, e perdere il Rossini del Turco in Italia con la direzione di Fasolis, la regia di Andò e una deliziosa Fiorilla (Rosa Feola). Una bella serata festosa, e gli spettatori rabboniti dalla bellezza e dalle emozioni, grandi applausi, molte chiacchiere contente. Nessuno poteva sospettare che nel frattempo, tappati nei loro uffici, crudeli responsabili stavano studiando come toglierci ogni piacere in una Milano che da qualche anno è serena e allegra, sempre fuori casa di sera, cinema teatri ristoranti: un colpo basso alla città, con la scusa di salvare il popolo dal contagio ma forse soprattutto loro stessi, i cospiratori, dai cretini che già ne hanno approfittato con vergognosa insipienza, per accusarli di assassinare il popolo italiano, o anche solo quello lombardo veneto mediante la nuova peste. Non proprio diffusa dal governo ma quasi. Basta divertimenti soprattutto se culturali, musei chiusi, cinema, teatri, e anche scuole e università. Andrée Shammah da Berlino ha fatto sapere che se non fosse stata obbligata non avrebbe chiuso il suo teatro Parenti con le tante sale e i Bagni Misteriosi che sono diventati un fulcro delle serate e notti milanesi.

Certo nessuno può prendersi la responsabilità di trascurare qualsiasi provvedimento ritenuto necessario, ma qui a Milano tra amici immalinconiti ci si chiede se dal metro al cinema non basterebbe cautelarsi contro gli sputacchini altrui e proteggere gli altri dai nostri, avere sempre salviettine con cui tener pulite le mani, se proprio spaventati procurarsi uno scafandro: ma distrarsi e arricchirsi il cervello andando a vedere il nuovo film di Diritti su Ligabue, o la mostra di de La Tour, o la prima molto attesa della Salomè diretta da Chailly con regia di Michieletto, non potrebbero avere un potere consolatorio, rasserenante, impedendo di perdere la ragione a chi, privato di un minimo di piacere, costretto davanti alla tv, potrebbe essere preso da una angoscia irrefrenabile, davanti all’orrore del coronavirus come lo raccontano i talk show. Ciò che mi ha davvero addolorato è stato l’assalto alle scorte alimentari (ieri mio nipote aveva bisogno del cibo del gatto, ma ha rinunciato per la coda impazzita davanti a lui di famiglie piegate dai pacconi con scorte per mesi).

I milanesi? Gli abitanti di una città che funziona? Coi mercati a chilometro zero? Cosa ci è capitato? Da dove viene questo terrore? Come ci hanno irretito i social che davvero sono diventati, in questo caso, un pericolo pubblico, generatori di disordini, focolai di follia. Lo so che non si può, ma per una settimana perché non silenziarli come i musei.

Penso con dispiacere ai turisti che nulla sapevano e che si trovano in una città morente, non nella fastosa Milano iniziata con l’Expo: mi auguro che presto, finito del tutto il pericolo assieme alla psicosi, la città non debba pagare per questo, perdere il suo lucente richiamo.

Il sindaco Sala su Instagram ha detto di stare calmi, ha deplorato l’assalto ai supermercati, ha pregato di ricordare che i più esposti sono appunto gli anziani: cioè io. E ho pensato, certo è meglio stare a casa perché se in tram mi cola il naso come capita ai vecchi, mi prendono per una untora e mi fan fuori a randellate.

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