Fonte: Essere Sinistra
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Ho riletto con attenzione il discorso di auguri del Presidente Napolitano alla ricerca di qualche riga, una frase o almeno una parola riguardo al tema che dovrebbe essere in cima alle preoccupazioni di un Presidente della Repubblica: il degrado nella partecipazione dei cittadini alla vita politica, segnalato dai dati di astensione reale e “virtuale” (cioè rilevata dai sondaggi).
Non vi ho trovato nulla: Napolitano parla di ” tensione, volontà di reagire, impulso di protesta più che di rassegnazione”; di “un clima sociale troppo impregnato di negatività, troppo lontano da forme di dialogo e sforzi di avvicinamento”; di “una distruttiva anti-politica, che si risolve in patologia destabilizzante ed eversiva”. Sembra avere sotto gli occhi l’Italia del febbraio 2013 – quella che, esasperata, votava in massa per il M5S – piuttosto che quella attuale, che sta scivolando nell’apatia e nell’indifferenza.
In compenso, c’è spazio per una reprimenda rivolta a coloro che sollevano “discussioni ipotetiche” su eventuali elezioni anticipate o su “venti di scissione in questa o quella formazione politica, magari nello stesso partito di maggioranza relativa”: costoro evocano “lo spettro dell’instabilità”; “e il danno può essere grave”.
Anche Napolitano indulge dunque nella banalizzazione, molto in voga, del disagio espresso dalle minoranze del Pd, in particolare di quello più evidente (la presunta “minaccia di scissione” di Civati): per il Capo dello Stato si tratta semplicemente di un “vizio antico”, di una pericolosa irresponsabilità dei singoli, che vanno quindi energicamente “ammoniti”.
A quanto pare, è una strategia che fa comodo un po’ a tutti: per chi sta dalla parte del governo è facile ridicolizzare le manifestazioni di dissenso estremo ed ignorare l’allarme che vogliono lanciare, ascrivendole a “rancore”, “ricerca di visibilità” o altre motivazioni meschine. D’altra parte, anche molti nell’opposizione sembrano prediligere lo sbeffeggio dei “dissidenti codardi”, che “non hanno il coraggio di uscire dal Pd” piuttosto che concentrare l’attenzione su ciò che quelle contraddizioni sottendono.
Ciò che nessuno sembra voler vedere è la crisi del Pd: crisi di quello che fino ad oggi era stato l’unico partito funzionante e che, pur con tutti i suoi difetti, aveva garantito la tenuta democratica del Paese. Nello sbandamento di tutte le altre formazioni politiche, infatti, era stato il Pd con il suo Congresso ad offrire l’unica chance di cambiamento “efficace” (non lo era quello del M5S, auto-condannato alla più sterile opposizione) e a catalizzare, di conseguenza, al suo interno tutte le dinamiche politiche più significative.
Le incomprensibili scelte del nuovo Segretario hanno però rapidamente dilapidato la fiducia e le aspettative: a volersi allontanare dal partito oggi non sono più solo alcuni parlamentari, esasperati dai voti di fiducia imposti su provvedimenti indigeribili, ma tantissimi elettori e persino militanti “storici”.
Paradossalmente, proprio il ruolo egemonico che il Pd aveva conquistato sulla scena politica fa sì che la sfiducia e il disincanto dilaghino anche presso gli elettori di ogni altro orientamento: una situazione che, se non troverà rapidamente un punto di svolta, potrebbe compromettere irrimediabilmente la qualità della nostra democrazia.
Trovo veramente preoccupante che il Presidente della Repubblica non abbia colto la gravità del momento: questo costituisce, purtroppo, un alibi straordinario per tutti quanti, protagonisti ed osservatori della politica; che continueranno a cincischiare, “guardando il Pippo anzichè la luna”, fino a quando non sarà davvero troppo tardi.
1 commento
Discorso di fine anno e mandato, tristerello e sbagliato. Ho sempre stimato Napolitano, ma come gli accade da tempo ieri ha confuso i Patti oscuri, opachi tra privati con lo spirito favorevole alle riforme del Parlamento. Questo Parlamento non ha alcuno spirito per fare riforme coerenti ma solo cerca di salvare se stesso con manipolazioni e i politici attuali non hanno consapevolezza della difficile realtà del Paese. A ben vedere il grosso limite di Napolitano è quello di considerare solo le èlites, i Poteri mentre verso il popolo ha uno sguardo paternalistico. Ma il popolo di Napolitano è un popolo informe, non consapevole, meno vivo non solo del popolo di Gramsci ma anche di quello ottocentesco di Manzoni e di Ippolito Nievo.