Fonte: Globalist
Un partigiano. Il più grande storico del colonialismo italiano in Nord Africa. Un amico. Angelo Del Boca. Chi scrive ha avuto il privilegio di avere con lui decine di conversazioni sui temi a lui più cari. Sempre disponibile, mai saccente. Andava subito al sodo, Angelo, e ogni sua risposta era ricca di spunti, di studi fatti, di ricerche. Ogni suo giudizio era tagliente come una lama. Ma mai si ergeva a giudice. Spiegava, non emetteva sentenze. Negli ultimi mesi i nostri contatti si erano diradati. A fargli da filtro era la donna della sua vita. Una storia di amore e di condivisione dei valori della resistenza antifascista che da sola meriterebbe un libro. Non era un “profeta” ma di previsioni ne ha azzeccate tante. Una tra le molte, le conseguenze nefaste della guerra scatena dall’Occidente, Italia compresa, nel 2011.
L’avevo intervistato per l’Unità nel giugno 2011. La guerra era iniziata da pochi mesi.
A mesi di distanza dall’inizio della guerra in Libia, le chiedo: che storia è questa?
È una storia che si può guardare da molti lati, e comunque la si analizzi resta sempre una brutta storia. Perché è vero che c’è stata una risoluzione, la 1973, del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che autorizzava l’attacco alla Libia di Gheddafi, ma poi questa facoltà è stata sicuramente snaturata, nel senso che ciò che si sta cercando di fare in tutti i modi è assassinare Gheddafi. Ormai nessuno tace su questa ipotesi. Gli stessi rappresentanti della Nato ammettono che se il Colonnello viene colpito e fatto fuori è ancora meglio È quindi una guerra strana…
Strana perché?
Perché in realtà la Francia ha un suo obiettivo, l’Italia un altro e gli Stati Uniti un altro ancora. Ma in definitiva nessuno sa come uscirne. E’ una guerra nata sotto una cattiva informazione e continua ad essere corredata da storie inverosimili, da veri falsi. Amnesty International è stata sia a Tripoli che a Bengasi, e ha documentato che le torture sono state fatte in modo particolare a Bengasi su presunti mercenari che non erano altro che poveri migranti africani provenienti dal Sahara.
Ma qual è a suo avviso l’obiettivo dell’Italia?
L’obiettivo dell’Italia è il più strano. Perché in realtà noi siamo entrati in guerra controvoglia. Da principio davamo soltanto le nostre basi, poi abbiamo messo a disposizione un certo numero di aerei, e soltanto in un secondo tempo è arrivato l’ordine di sparare. Oggi si dice che il 30 per cento delle missioni le fa l’Italia. Ed è veramente un controsenso perché noi dovevamo restare estranei a questa guerra, così come ha fatto la Germania di Angela Merkel. E noi avevamo ancora più motivi della Germania..
Quali?
Primo: la Costituzione italiana all’articolo 11 ci proibisce di entrare in guerra. Secondo: soltanto tre anni fa abbiamo firmato un trattato di amicizia e cooperazione con Tripoli. E anche se di recente abbiamo di fatto annullato questo accordo, in realtà è un atto che non si può cancellare se non viene fatto contemporaneamente dalle due parti. Per finire, con la nostra aggressione ad uno Stato sovrano, noi facciamo un balzo indietro di 100 anni, a quando attaccammo Tripoli nel 1911, in una atmosfera coloniale che oggi si ripete in maniera straordinaria, tragicamente straordinaria».
Quali scenari possibili nel futuro immediato?
Le opzioni sono tutte legate alla sorte di Gheddafi. Gheddafi ha tre possibilità: quella di fuggire dal Paese, ma non è nella sua storia mitizzata; può lasciare la Libia dopo trattative, ma non vedo in queste ultime settimane trattative consistenti. E infine, l’ultima possibilità, quella che lui sembra, in un certo senso, invocare: morire da martire nella sua Tripoli. L’ultima sua dichiarazione in un qualche modo evoca proprio questa fine, quando Gheddafi dice ho le spalle al muro . Per quanto mi riguarda, come biografo di Gheddafi, spero che non sia questo il suo ultimo destino, ma temo che questa guerra finirà proprio con un assassinio».
Quale Libia sta nascendo sulle macerie del regime di Gheddafi?
Nel dopo-Gheddafi si parla di mandare un centinaio di osservatori e poi anche alcune migliaia di soldati, turchi si suppone, per mantenere quel minimo di tranquillità dopo la guerra. Queste sono le ipotesi formulate in ambito Nato. Io invece prevedo un terribile caos nella Libia di domani, una somalizzazione dell’intero Paese. Vi saranno molte vendette consumate, e poi bisogna vedere che cosa accadrà sul piano delle speculazioni, perché non credo proprio che Sarkozy abbia puntato tutto sulla guerra solo per guadagnare qualche punto sul piano elettorale. Penso che ci saranno molti interessi petroliferi in gioco e a farne le spese di questo cambiamento sarà sicuramente l’Italia.
Mentre parliamo, la tv di Stato libica ha denunciato una strage di civili a Brega a seguito di un raid aereo Nato. L’Alleanza nega…
Non è la prima volta che Bruxelles nega ma i morti civili ci sono, proprio i civili che andavano protetti. Non esistono dunque bombe «intelligenti»…In questa guerra di intelligente non c’è niente, non solo le bombe. Penso anche a dichiarazioni di autorevoli capi militari della Nato che ammettono che il bersaglio principale è Gheddafi.
Altro che “Italiani brava gente”.
Scrive di lui Francesco Filippi su micromega.net: “Angelo Del Boca, uomo del Novecento, divenne storico ‘sul campo’, con l’acume delle sue tante pubblicazioni – più di 70 titoli – e “dal campo” della ricerca insegnò a generazioni di storiche e storici che quello di chi studia il passato non può che essere un attento lavoro di scavo per portare alla luce i fatti, unico modo efficace per togliere di mezzo le scorie che ostruiscono il cammino di una società verso un rapporto sincero col proprio passato e, quindi, col proprio futuro”.
Libia, Etiopia, Eritrea, Somalia, Algeria, Congo, Mozambico, Angola… È il passato che non passa, sono ferite che non si rimarginano. In periodi storici diversi, sotto regimi diversi, ma con la stessa, lunga scia di sangue. E con una verità che si vorrebbe cancellare. Una verità scomoda. Italia, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, così come Austria, Gran Bretagna, Germania: nel continente Africano, i colonialismi europei si sono spessi trasformati in terrorismo di Stato.
Non è solo la storia di Paesi saccheggiati, di popoli sottomessi a forza, di ricchezze naturali depredate da multinazionali onnivore che mantenevano dittatori sanguinari. Questo è il colonialismo “classico”. Ma quello che si vorrebbe cancellare, seppellire nel dimenticatoio, è il terrorismo di Stato: sono le stragi di civili, le città e i villaggi dati alle fiamme, le popolazioni deportate, le fosse comuni, le pulizie etniche.
Un passato che chiama pesantemente in causa l’Italia. Altro che “italiani brava gente”. Del Boca ha dedicato anni di ricerche e diversi saggi per dimostrare i crimini di guerra e contro l’umanità che le truppe italiane commisero in Libia, Etiopia, Eritrea… Somalia. Atrocità e torture impressionanti: a donne incinte venne squartato il ventre e i feti infilzati, giovani indigene violentate e torturate, teste mozzate portate in giro come trofei; torture anche su bambini e vecchi. Racconti documentati di massacri di massa, di uso sistematico dei gas contro la popolazione civile, di lager che nulla avevano a che “invidiare” a quelli nazisti. Il colonialismo italiano è stato brutale, selvaggio, e dietro di sé ha lasciato solo rovine e una memoria che il tempo, non solo in Libia, non ha cancellato. L’Italia ha tutto distrutto e nulla realizzato. A differenza di Francia e Gran Bretagna, rimarcava in proposito Del Boca in una conversazione con chi scrive pubblicata da Left – che nei domini coloniali hanno formato una classe dirigente autoctona, l’Italia neanche questo ha fatto, impedendo anche l’istruzione, percepita come una minaccia.
“L’Italia sembra aver rimosso non solo il passato coloniale del Ventennio fascista, con tutta la brutalità che l’ha caratterizzato, ma con le scelte compiute nel presente dimentica anche cosa abbia voluto dire aver fatto parte dei Paesi europei che nel 2011 hanno portato guerra e distruzione in Libia, usando strumentalmente il tema dei diritti umani, per eliminare un testimone scomodo, Muammar Gheddafi, con il quale mezza Europa, tra cui l’Italia, aveva fatto affari, e, per quanto riguarda Gran Bretagna e Francia, per scalzare l’Eni nella sua posizione petrolifera dominante. Le conseguenze di quella scellerata guerra – concludeva Del Boca – sono, e non da oggi, sotto i nostri occhi. Il problema è che chi governa, quegli occhi li vuol tenere chiusi”.
Un atteggiamento complice che l’Italia condivide con l’Europa. L’Europa che ha scelto di pagare raìs, generali, autocratici per fare il lavoro sporco. Che erige muri e militarizza frontiere per ricacciare indietro milioni di persone che fuggono da guerre, disastri ambientali, sfruttamento inumano di multinazionali onnivore, che sono, spesso, il frutto delle scelte europee o occidentali. È la democrazia imposta dall’esterno in Iraq, che ha liquidato Saddam Hussein consegnando il Paese ad al-Qaeda e alla dittatura sciita. È lo “scontro di civiltà” che ha ideologicamente supportato le guerre contro il terrorismo nel Grande Medio Oriente; guerre che invece di stabilizzare e pacificare, hanno destabilizzato e portato al potere tanti Pinochet mediorientali o africani. Uno per tutti: Abdel Fattah al-Sisi.
Ieri era terrorismo di Stato colonialista. Oggi è usare la lotta al terrorismo jihadista per continuare a sfruttare popoli, alimentando guerre per procura. È il terrorismo di Stato del Terzo millennio. E l’Europa ne è parte attiva.
Angelo De Boca questo “terrorismo” lo ha sempre combattuto. Per tutta la vita è stato un partigiano. Un “partigiano della verità”.
Che la terra ti sia lieve, caro Angelo.