Morire per la libertà, ma uccidere?

per Andrea Colli
Autore originale del testo: Tomaso Montanari

di Tomaso Montanari

“…Michelangelo non voleva farli, i ritratti, scrive lo storico dell’arte, editorialista e blogger italiano Tomaso Montanari, che avevamo avuto il piacere di conoscere al Politicamp di Livorno. A Michelangelo, afferma Montanari con cognizione di fine ricercatore dell’arte, gli pareva che non fosse così importante ricordare per sempre la faccia di qualcuno: quando gli fecero notare che una sua statua non assomigliava al principe che avrebbe dovuto rappresentare, rispose: «A chi importerà tra mille anni?». Forse proprio per questo Michelangelo accettò invece di fare il ritratto di Bruto, un uomo vissuto quasi milleseicento anni prima. Bruto non è una figura facile, da amare: perché uccise il suo padre adottivo, Giulio Cesare, quando questi voleva uccidere la repubblica e farsi re. Per secoli ci si era chiesti: si può uccidere un tiranno? La libertà di tutti vale la vita del nemico di questa libertà? Il poeta che Michelangelo amava di più, Dante, scrive il nostro storico dell’aste, aveva scritto che la libertà è così dolce che gli uomini sono disposti a morire pur di non perderla. A morire: ma anche ad uccidere? Eppure Michelangelo volle scolpirlo, questo ritratto di Bruto. Perché ai suoi giorni il verso di Dante sulla libertà era scritto sulle bandiere verdi di chi combatteva per la libertà di Firenze, mortalmente minacciata da un nuovo Cesare: Cosimo I de’ Medici, insieme magnifico signore e terribile tiranno. Michelangelo, che pure era cresciuto in casa Medici, la pensava come Filippo Strozzi (imprigionato da Cosimo I e dove vi morì): amava la libertà e la Repubblica, e quando toccò a lui la difese sul serio, lavorando a rafforzare le mura di Firenze. E quando, infine, fu chiaro che la partita era persa per sempre, non volle rimetter più piede nella sua Firenze ridotta in schiavitù. Non aveva un carattere facile, Michelangelo. E anche il suo Bruto è difficile: con il suo collo taurino, lo sguardo duro, i capelli irrisolti come il nostro giudizio su di lui e sul suo gesto terribile. Non ci guarda negli occhi, Bruto: e di questo gli siamo grati. Così come siamo grati di essere nati in una delle rare epoche della storia umana in cui la libertà dobbiamo difenderla non con la forza del pugnale, ma con quella delle parole e delle idee. Le idee di Bruto: che saranno vive in questo marmo anche tra mille anni.”

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