di Alfredo Morganti – 12 gennaio 2018
La politica è libertà, o almeno dovrebbe esserlo. Libertà di mediare, di trattare o non trattare, di decidere questo o quello, di aprire o chiudere fronti, di spendersi per questa o quella battaglia, oppure non spendersi affatto. Lo so che la ‘libertà’, in questa epoca tecnica, è poca cosa. Gli strumenti, i mezzi, i media, il linguaggio prendono possesso della nostra volontà, curvano il nostro mondo, ci impongono registri, codici, schemi, ci illudono che siamo noi a decidere e invece, spesso, non è così. Ciò però non deve indurci a cadere nella trappola del disincanto, o del destino cinico e baro. Lasciamo, perciò, andare questo aspetto filosofico, antropologico, e restiamo al fatto.
Oggi la politica (tutta) è assediata, e la sua libertà d’azione, il suo agire è stretto in una morsa. ‘Repubblica’, per dire, da giorni si spende per la trattativa, per l’unità a sinistra, affinché si ‘vincano’ le regionali, affinché si possa ‘fare’ qualcosa di ‘meglio’ di ciò che ha fatto la destra in Lombardia, ad esempio. ‘Vincere e vinceremo!’, è il claim pubblicitario più in voga, con toni di vaga nostalgia. Un assedio. Pagine e pagine di accerchiamento, di articoli, retroscena, editoriali, tutti ispirati al ‘buon senso’ di dire: ma come, si tratta di ‘vincere’, si tratta di governare per ‘fare’, magari ‘meglio’ della destra, e la sinistra si divide? Bisogna vincere per avere la ‘forza di fare’, invece! Oggi Roberto Mania su ‘Repubblica’ si spertica per perorare la causa di una CGIL più unitaria dei disunitari rancorosi di LeU. Viene buono anche Maurizio Landini, che una volta era il ‘radicale’, l’estremista, l’antagonista, e oggi, a sentire il giornale di Calabresi, il politicamente corretto
Dov’è la ‘libertà’ della politica, invece? Dove sta? Nella decisione di parlare e trattare, nella necessità di guardare i punti programmatici, le carte, le scalette elettorali, le parole-chiave prescelte, i contenuti che costituirebbero il nerbo della futura ed eventuale politica di governo o di opposizione. Allearsi solo per ‘vincere’ sarebbe un patto di potere per fare affari assieme. Punto. Allearsi sui punti programmatici e sui principi, invece, vorrebbe dire vedere se è possibile rappresentare i bisogni di determinati soggetti sociali che ne trarrebbero futuri vantaggi (una sanità meno privatizzata, per esempio, per aiutare gli ultimi e i penultimi della fila). ‘Repubblica’ e i tanti Soloni anche del PD, invece, vogliono degli alleati proni sui loro candidati e obiettivi, pronti solo a ‘sostenere’ per ‘vincere’ il candidato che vuole ‘fare, meglio’, il lavoro degli altri. Vorrebbero che Bersani, D’Alema, Fratoianni, Speranza, Civati, e poi Antonio, Laura, Filippo, Luca, Gabriella e tutti i compagni chiamati a decidere nelle assemblee territoriali, chinassero il capo in nome della ‘vittoria’, dell’unità in subordine, come figli di un dio minore ancora e sempre.
E invece no: se volete l’unità, allora fateci ridere. Ribaltate i programmi simil di destra, e comunque piatti e tutti convergenti. Riscriveteli di sana pianta se servisse, date forza e trovate le risorse per la sanità pubblica, non vi limitate a lanciare guanti di sfida, non ci rompete con le prediche unitarie, schieratevi davvero dalla parte di chi passa mesi e mesi in attesa di una visita ambulatoriale. Questo è. Troppo comodo, troppo in linea con la politica di questi anni renziani l’appello al voto e all’unità come se fossimo tutti soldatini al servizio dell’uomo solo al comando di turno o del presunto candidato ‘vincente’. E se poi non foste capaci di ribaltare i programmi e di fare pulizia del moderatismo cencioso, buono solo per fare coalizione elettorale – se volevate truppe cammellate e basta – se intendevate soltanto aprire contraddizioni nel nostro fronte – e se tutto si risolvesse nella classica chiamata alle armi per combattere una guerra negletta e altrui, allora addio, le contraddizioni tenetevele e avversari come prima. Non siamo mica qui a suonare la chitarra a quelli che hanno stonato tutte le canzoni o quasi negli ultimi 4-5 anni. ‘Repubblica’ e PD renziano per primi.
1 commento
beh, se dovessimo guardare ai contenuti e ai programmi, dovremmo dire che quelli che si presentano “contro Renzi”, non contro altri, sono gli stessi che sono stati nelle stanze del potere, usandolo e facendosi usare, per decenni: Grasso, D’Alema, Bersani e compagnia cantante. Ancora una volta non serviranno a coloro che affermano di voler rappresentare, ma alle destre e agli avventurismi più beceri 🙁 Come d’altra parte è tradizione della sinistra-sinistra