Molti verseggiatori e pochi poeti

per Davide Morelli
Autore originale del testo: Davide morelli

La poesia contemporanea italiana non incide per niente sulla realtà.  Siamo realistici: saranno ricordati dai posteri solo coloro che pubblicano con grandi case editrici. Per tutti gli altri calerà l’oblio. Non c’è niente da fare. Difficile stabilire i motivi di questa crisi. Siamo in una civiltà dell’immagine e le parole sono svalutate. Siamo in una società tecnologica e la letteratura non è più mitopoietica. Siamo in una società consumistica e la poesia come sosteneva Pasolini non si può consumare.  Qui in Italia la poesia non vende e le canzoni hanno una maggiore capacità evocativa rispetto alla poesia. Ma è un fatto culturale e non biologico. Non dipende dal rapporto tra feto e suono nella vita intrauterina. In altre nazioni i poeti sono più considerati, anche in grande nazioni occidentali. Inoltre alla crisi sistemica mondiale si aggiunge la situazione italiana, in cui le librerie chiudono. La poesia nel nostro Paese è la più povera delle arti. Non c’è pubblico. I lettori disinteressati sono pochi. Quasi tutti sono aspiranti poeti. Chiunque può dirsi poeta ed allora nessuno è poeta. Ma se è vero che i lettori sono pochi va detto che anche i letterati hanno colpe e responsabilità con i loro intellettualismi e le loro astruerie  fini a sè stesse ed inconcludenti. Certi atteggiamenti snob poi allontanano la gente. Mettiamoci d’accordo su una cosa: poeta è una parola grossa, un appellativo importante che spetta a pochi. Di solito per brevità si usa questa parola, ma non basta aver pubblicato con editori a pagamento o aver vinto qualche premio ininfluente per essere definiti poeti. Bisogna essere considerati tali dalla grande editoria e dagli italianisti. Per essere ragioniere bisogna avere un diploma. Per essere considerati a tutti gli effetti poeti bisogna far parte dell’eccellenza. Scriviamo in migliaia. Moltissimi sono i verseggiatori e pochissimi i poeti. Moravia quando morì Pasolini dichiarò che era morto un poeta civile e che di poeti civili in una nazione ce ne sono al massimo quattro o cinque in un secolo. Se recensisco un libro ed uso tale etichetta lo faccio come atto di stima, ma l’epiteto di poeta è  impegnativo ed il mio parere conta davvero poco o addirittura niente. Non ho le mani in pasta e sono fuori dal gioco fortunatamente. D’altronde qualcuno potrebbe chiedervi cosa vi aspettavate. È cosa risaputa che essere poeti oggi non è una passeggiata. Anche i grandi poeti italiani contemporanei sono conosciuti solo ad una ristretta cerchia di appassionati, a loro volta aspiranti poeti. Dirò di più: i poeti più conosciuti di oggi saranno letti e studiati da pochissimi posteri, cioè dai letterati del futuro. Però non saranno mai conosciuti dal grande pubblico. I posteri saranno in tutte altre faccende affaccendati. Essere poeta oggi non è un modo di campare. Neanche i grandi nomi ci riescono. Al massimo vendono cinquemila copie se va bene. Le royalties sono una miseria. Devono fare altri lavori. Qualcuno potrebbe chiedere ai poeti se pensavano di diventare ricchi e famosi come le rockstar, che possono eccedere negli stravizi, vivere vite sregolate e far pagare a peso d’oro le loro epifanie rintuzzate e i loro pensieri scialbi. Alcuni poeti hanno pensato di scrivere romanzi per fare due soldi. In fondo per qualcuno basta solo scrivere le stesse cose senza andare a capo. Ma non è una cosa automatica. La prosa poetica non è commerciale. Quella che un tempo si chiamava prosa d’arte è in crisi. Pochi ci riescono. Pochi poeti si trasformano in scrittori. Molto spesso le loro prose non sono appetibili per la grande editoria, che strizza sempre più l’occhio agli influencer ed ai vip, fornendo loro  ghost writer ed editor per scrivere biografie. Insomma i lettori hanno bisogno di leggerezza. Chi vuole letture impegnative va sul sicuro sui grandi autori e non legge i carneadi. Chiunque comunque può scrivere poesie senza essere giudicato in malo modo perché diciamocelo francamente le liriche che fanno sobbalzare dalla sedia sono davvero pochissime: essere grandi poeti è molto difficile ed è virtù di pochi. Per quel che mi riguarda nel giudicare le cose scritte da altri ho sempre adoperato una bonaria indulgenza. In fondo siamo esseri umani, ma certe cose dovevo scriverle ora che con questo Coronavirus non siamo certi di niente perché può toccare a tutti. Qualcuno in mala fede o particolarmente convinto potrebbe pensare che queste righe siano frutto di risentimento, di frustrazione o invidia. Tengo a precisare che provavo invidia per cose più prioritarie quando ero più giovane. Oramai i giochi sono fatti ed io cerco solo di sopravvivere e di stare con la mia famiglia. Tutto il resto è qualcosa in più. Queste poche parole volevano evitare equivoci e spero che abbiano dato chiarimenti e delucidazioni.

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