Missione Draghi. Dopo la spartizione, le “riforme”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Missione Draghi. Dopo la spartizione, le “riforme”.
Draghi ha fatto il suo. Avevano defenestrato Conte perché questo avvenisse, perché fosse lui a fare i conti e smazzare il Recovery. Calcolando che il più lo aveva già fatto il precedente governo (dalle consultazioni sociali all’approvazione delle linee guida al termine di un dibattito parlamentare, fino alla stesura, già a gennaio, di una bozza di piano molto avanzata), esser andati a pallino all’ultimo minuto non è un grandissimo merito. In ottobre si diceva che Conte fosse in ritardo. Ma allora che cosa dovremmo dire di chi taglia la fettuccia di arrivo quasi a tempo scaduto? E pensare che l’Europa era persino pronta a concedergli un extra time. Ce n’era di tempo a gennaio, altro che. La verità che il problema non era il tempo, ma la governance, della quale si continuerà a litigare per molto, altro che.
Draghi, dicevamo, ha fatto il suo. Adesso dovrebbe fare le famose “riforme”, il cui spirito potrebbe sintetizzarsi così: sgomberare il campo delle imprese da presunti lacci e lacciuoli statali (dalla PA alla giustizia) per favorire la “crescita”. Ma la crescita de che? Anzi di chi? Non vi sembra qualcosa che avete già sentito? Questa storia dei lacci e dei lacciuoli non è vecchiotta, non è sempre la stessa favola? Sapete perché è una favola? Perché il capitalismo non vuole lacci solo quando innesca il turbo sui profitti. Ma desidera, all’opposto, una sempiterna e solida rete di protezione pubblica ove le cose andassero male (magari anche una bella guerra che inneschi floride commesse statali, è già accaduto).
Non vogliono davvero mani libere, ma essere assistiti, protetti, sostenuti finanziariamente. Vogliono risorse pubbliche per l’impresa, che ovviamente vanno tolte ai lavoratori. Vogliono che qualcuno paghi i loro costi (sociali, economici, ambientali). E così è sempre stato. Chiedono di non pagare le tasse. Chiedono di pagargli i dipendenti. Chiedono mille scappatoie fiscali. Chiedono bonus, sgravi, regalie pubbliche. E favori dalla politica, che pure disprezzano. È la stessa idea che ha mosso la cacciata del governo Conte, ossia quella di prendersi il Recovery. È la ‘libertà di Dubai’: lusso privato e appariscente, ma poi i soliti, eterni, imperterriti, costi sociali.
Facciamo così, allora. Noi vi paghiamo una parte dei costi d’impresa e voi, quella parte d’impresa, la cedete a noi. Al pubblico, ai lavoratori, ai cittadini: vediamo in che termini. Mi sembra equo. Tanto gli investimenti strutturali, che pruducono salti nello sviluppo, li fa sempre lo Stato, li paghiamo sempre di tasca nostra, ma ne usufruite solo voi, mentre noi ne caviamo solo servizi che non funzionano, perché sempre più poveri di risorse. Come si diceva una volta? Elementi di socialismo? Così.
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