Minori figli di mafiosi e privazione della responsabilità genitoriale

per Vincenzo Musacchio
Autore originale del testo: Vincenzo Musacchio
Fonte: Originale in esclusiva

di Vincenzo Musacchio, 3 febbraio 2018

In alcune realtà ad alta densità mafiosa, come quella calabrese o siciliana, le cosche mafiose presentano una forte connotazione familiare. Chi ha un minimo di conoscenza del fenomeno mafioso sa che la famiglia tramanda la cultura di mafia da padre in figlio. Sia in Calabria che in Sicilia da anni sono sempre le stesse famiglie che gestiscono il territorio. Come afferma spesso il procuratore Gratteri la ndrangheta si eredita e le famiglie si assicurano il potere sul territorio grazie alla continuità generazionale. La ndrangheta si regge sul vincolo di sangue che viene garantito allevando i propri figli da quando sono bambini. Questi fanciulli totalmente innocenti non conoscono altro mondo se non quello mafioso  e sono convinti che la strada della ‘ndrangheta sia l’unica praticabile.

Questi ragazzi sono vittime inconsapevoli di indottrinamento delinquenziale, sono coinvolti negli affari illeciti del sodalizio criminale e iniziano a commettere reati spesso connessi alle sanguinose faide tra cosche. I più fortunati in cui uno dei genitori, solitamente la madre, ha il coraggio di avviare un percorso di dissociazione dagli schemi malavitosi possono riuscire a volte ad evitare il loro tragico destino. Personalmente sono favorevole all’intervento privativo della responsabilità genitoriale della magistratura minorile nelle ipotesi di indottrinamento alla cultura mafiosa del minore da parte della famiglia di appartenenza. A dirla tutta mi sembra  un atto dovuto proprio al fine di proteggere il minore dal pregiudizio che gli deriverebbe dalla violazione del suo diritto ad essere educato nel rispetto dei principi e dei valori della civile convivenza. Quando si è di fronte ad un rischio concreto per il corretto sviluppo psico-fisico del minore, occorre censurare i modelli educativi mafiosi e determinare un intervento giudiziario che definirei di salvaguardia umana.

I provvedimenti adottati a tutela dei minori di mafia, parallelamente o all’esito del processo che coinvolge il minore o, in alcuni casi, in assenza di un intervento penale nei confronti dello stesso possono andare dalle misure civilistiche di decadenza o sospensione della responsabilità genitoriale sino a quelle di natura amministrativa che prevedono l’affidamento ai servizi sociali e l’allontanamento immediato del minore dal contesto di vita mafioso. Il fondamento di tali decisioni è strettamente connesso all’interesse superiore del fanciullo – garantito a livello nazionale, europeo ed internazionale – che è evidente nel caso in cui lo stesso non ha alcuna alternativa se non quella di diventare mafioso. La bontà di simili misure privative della responsabilità genitoriale del resto è confermata dal numero crescente di mamme che chiedono una mano ai giudici minorili per allontanare i propri figli dai contesti mafiosi in cui vivono e crescono.  Siamo di fronte alla richiesta di un aiuto alla giustizia minorile come atto d’amore dei propri figli, nella speranza di sottrarli ad un destino inesorabile: diventare futuri mafiosi senza avere alcuna possibilità di opporsi. Ammiro queste donne che pur soffrendo atrocemente capiscono che i provvedimenti giudiziari ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale e quelli volti ad allontanare i minori dall’ambiente della famiglia mafiosa, offrono ai figli un’alternativa di vita: siamo di fronte a veri e propri sacrifici che hanno in sé il seme dell’amore e dell’umanità.

(Vincenzo Musacchio – direttore della Scuola di Legalità

“don Peppe Diana” di Roma e del Molise)

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