Michele Ainis: “Il superpresidente Draghi è troppo anche per la nostra Costituzione”

per mafalda conti
Autore originale del testo: Federica Fantozzi
Fonte: Huffingtonpos

Nel nostro ordinamento i poteri di indirizzo politico spettano al Parlamento e al governo, non al capo dello Stato. È impossibile eleggere un “super-presidente” senza dichiararlo. Una cosa è la fisarmonica nell’interpretazione delle competenze istituzionali, un’altra è ipotizzare un cambio di regime”. Il costituzionalista Michele Ainis analizza lo scenario del “semipresidenzialismo de facto” con Draghi al Quirinale, che aleggia nei corridoi della politica e che Giorgetti ha messo apertamente in campo. Ma anche i rischi della stretta contro le manifestazioni No Vax: “A Trieste prevale giustamente il diritto alla salute. Mentre a Novara, chi si è vestito da deportato è già stato oggetto di giudizio negativo nell’opinione pubblica. Attenzione a non fare di queste persone dei martiri”.

Giorgetti, che non è un passante bensì uno dei ministri più importanti e vicini a Draghi, ha ipotizzato per febbraio un “semipresidenzialismo de facto” con l’attuale premier che potrebbe “guidare il convoglio” dal Quirinale. Ma è così semplice da realizzare? Senza perdere tempo con riforme istituzionali?

In linea generale ogni Costituzione – e la nostra più di altre – è elastica, ovvero capace di adattarsi alle stagioni storiche senza modificare la lettera delle norme bensì interpretandole. Paolo Barile, ad esempio, faceva una lettura presidenzialista delle competenze del capo dello Stato, ammoniva che il ruolo di vertice delle forze armate andava preso sul serio. Poi ovviamente dipende dalla persona che ricopre la carica: Pertini era diverso da Einaudi, più presente sulla scena politica.

Ma come potrebbe un presidente della Repubblica che a norma della Carta è garante dell’unità nazionale, e non è eletto direttamente dal popolo, sussumere poteri politici? In uno scenario – sempre ipotetico – in cui almeno un partito, FdI, sembra orientato a rimanere fuori dalla maggioranza?

Quanto ho detto sopra vale fino a un certo punto per alcuni poteri costituzionali, ma i poteri di indirizzo politico nel nostro ordinamento spettano al Parlamento e al governo, non al capo dello Stato. E’ impossibile eleggere un “super-presidente” senza dichiararlo. In Francia, oltretutto, l’inquilino dell’Eliseo è eletto dai cittadini.

Chi dice che viviamo già in un semipresidenzialismo ha tutti i torti?

Siamo passati dalla Prima alla Seconda Repubblica varando il maggioritario come sistema elettorale ma senza cambiare una virgola della Costituzione. E mentre negli anni 70 il Parlamento era centrale, adesso è molto più decentrato. Movimenti possono esserci. Ma un conto è la fisarmonica sull’interpretazione dei poteri, un altro è il cambio di regime di fatto. E poi c’è un anticorpo: la necessità di controfirma su ogni atto del presidente della Repubblica. Se notasse qualche anomalia, il premier potrebbe semplicemente rifiutarsi di firmare.

Parlando sempre in pura teoria, l’ipotesi vedrebbe Draghi al Quirinale con un premier di sua assoluta fiducia. Difficile ipotizzare dissensi.

Premesso che non credo che Draghi interpreterebbe il suo ruolo fuori dai limiti, il rispetto della Costituzione in ultima analisi è demandato ai cittadini e agli attori politici. Mi spiego: se il governo varasse un decreto per fucilare chi si chiama Ainis, il Parlamento lo convertisse, la Consulta lo validasse e nessuno proponesse un referendum abrogativo, alla fine Ainis verrebbe fucilato anche se la Carta vieta la pena di morte.

Significa che il sistema ha in sé contrappesi sufficienti a scongiurare riforme “occulte”?

Sì, ma anche che se tutti volessimo un “super presidente” alla fine lo avremmo. Il fascismo è andato al potere senza cambiare lo Statuto Albertino.

Giorgetti – e non solo lui – si duole che Mattarella non voglia accettare un bis per un anno. Ma sarebbe possibile un “patto in deroga” al settennato previsto dall’articolo 85 della Carta?

C’è un orologio costituzionale che fissa la durata dei mandati. Non si può frazionare il settennato. Napolitano si dimise, ma fu per sua libera scelta, a quasi 90 anni, in circostanze specialissime. Per rispetto della carica il mandato va completato: le forme di esercizio della vita pubblica contano quanto la sostanza. Peraltro, dubito molto che Mattarella accetterebbe una proposta simile.

A Trieste, recente capitale delle proteste No Vax e dell’aumento di contagi, un’ordinanza prefettizia adesso vieta di manifestare in piazza Unità, sancendo la prevalenza del diritto alla salute. Inevitabile o esagerato?

E’ evidente che il diritto alla salute prevalga come interesse collettivo su altre libertà. Un anno fa nemmeno uscivamo di casa, figurarsi se andavamo ai cortei. Ed è altrettanto ovvio che la legittimità di un intervento che comprime la libertà dipenda dalla situazione di fatto: si agisce a Trieste dove i contagi sono più alti e non, per dire, a Messina dove sono più bassi. Sarebbe stato invece illegittimo e discriminatorio proibire manifestazioni sulla base dell’oggetto: off limits i No Vax, sì i ragazzi sul clima.

Manifestazioni vietate fino al 31 dicembre. Anche qui: divieto proporzionato o eccessivamente lungo?

Mi sembra coerente con la durata dello stato di emergenza, che scade appunto a fine anno. Vedo che prende piede l’idea di estenderlo: il codice della Protezione Civile, che è un decreto legislativo, non consente proroghe oltre i due anni. Ma il governo potrebbe varare un decreto legge che abroga la norma precedente risolvendo il problema. La lezione è che i fatti travolgono le regole.

A Novara succede qualcosa di diverso. Dopo il corteo di No Vax vestiti da deportati, il sindaco auspica che la questura emani un divieto per motivi di ordine pubblico, anche se al momento non appaiono lampanti ipotesi di reato. Il professor Flick ragiona sulla negazione dell’olocausto ex art. 604 c.p. Vede il rischio di una stretta anti-costituzionale ai diritti di espressione?

Ho una visione liberale della dialettica che si sviluppa in ogni democrazia. Chi si è vestito da prigioniero dei campi di concentramento è stato esecrato e l’indignazione diffusa ha rafforzato il giudizio negativo verso i No Vax. Osservo con una certa preoccupazione la richiesta di “legge e ordine” che si leva ovunque come reazione alla pandemia e si abbatte sui momenti di socialità con l’obiettivo di vietarli o criminalizzarli.

Si riferisce al rave party di Torino? Non è comprensibile che la gente in trincea per uscire dal virus sia intollerante verso l’incoscienza di pochi?

E’ vero che ci sono delle regole, ma nel ’68 mica manifestavano con i fiori. Ci sono stati scontri. Eppure quei ragazzi che non chiedevano permesso ci hanno lasciato in eredità la rivoluzione sessuale e l’emancipazione femminile. La pandemia purtroppo ci ha abituati a stare da soli, diffidando degli altri come potenziali untori.

E’ brutto ma in parte vero: se alcuni si assembrano senza precauzioni, l’uscita dalle restrizioni si posticipa per tutti.

E’ chiaro che serve senso di responsabilità. Ma già il nostro tempo tecnologico rende i gruppi un insieme di solitudini. E i luoghi di aggregazione collettiva – partiti, sindacati, chiesa – sono in crisi. Se lasciamo che le istanze d’ordine ostacolino ogni momento di socialità ne pagheremo a lungo le conseguenze.

C’è una crescente tendenza a limitare i luoghi fisici delle manifestazioni. Puzzer, l’ex capo della protesta dei portuali triestini, ha messo un solitario banchetto in piazza del Popolo. C’è il pericolo che persone comuni diventino dei martiri?

Sì, è un rischio reale. Lo stesso che ho denunciato quando si proponeva lo scioglimento di Forza Nuova.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.