di Toni Gaeta, 7 marzo 2017
Per meglio comprendere i travagli e il valore delle donne che, dal Medio Evo fino ai giorni nostri sono riuscite ad emergere dal mare magnum della mentalità patriarcale, ritengo indispensabile accennare a due figure mitologiche, che nell’antica terra pelasgica, da noi conosciuta come Grecia (o Ellade), ci parlano di molte vicende, che accompagnarono la lotta tra le civiltà matriarcali e patriarcali, che sconvolsero l’antica Europa. Si tratta di Atena e di Afrodite, originariamente aspetti della Grande Dea, poi divenute semplici dee al servizio degli dei dell’Olimpo e del suo capo Zeus.
Come abbiamo appreso in modo molto documentato da Heide Gottner-Abendroth (1), ogni civiltà matriarcale, sviluppatasi con l’avvento dell’agricoltura ed esistita tra il VI e il II millennio a. C., aveva una propria Grande Dea da onorare, i cui caratteri erano del tutto simili alle altre, giacché tutti ispirati alla profondità del mistero, che avvolgeva i fenomeni della biosfera e di ciò che accadeva in cielo e in terra.
Se noi non fossimo indottrinati da un sapere, la cui connotazione biologica assume un prevalente carattere maschile, testimoniato anche dalla maggiore importanza attribuita all’emisfero cerebrale sinistro, in quanto “logico”, non emotivo e non sentimentale, nonché preposto all’elaborazione del linguaggio verbale (2), ci guarderemmo intorno con gli stessi occhi di un primo Homo Sapiens, che apprende circa la nascita di tutte le specie animali da uova, ospitate in uteri (o similari): ovvero da laboratori biologici creativi, governati dagli emisferi destri. In questi si sono sviluppate le prevalenti caratteristiche femminili di ogni “mammifero” superiore, che appartengono in quantità e modalità diverse sia a maschi che a femmine.
Non dimentichiamo che in natura esistono diversi esempi di trasformazioni di esemplari maschi in femmine e viceversa (3). Tra gli esseri umani i mutanti sono definiti in modo un po’ spregiativo ‘trans’, più correttamente “transessuali” o “transgender”.
Secondo i Pelasgi (4) la dea Atena nacque presso il lago Tritonide in Libia, dove fu raccolta e nutrita da tre ninfe di quella regione, che vestivano pelli di capra (Apollonio Rodio, IV 1310). Nel suo viaggio verso la Grecia, che fece passando per Creta, la dea si stabilì presso la città di Atene, ma frequentava un villaggio vicino al fiume Tritone, in Beozia. (Pausania, IX 33 5).
Secondo un’altra versione, sostenuta da Apollodoro, Atena ancora fanciulla uccise incidentalmente la sua compagna di giochi Pallade, mentre si era impegnata con lei in uno scherzoso combattimento. Da quell’increscioso episodio Atena, armata di lancia e di scudo, aggiunse anche il nome di Pallade al proprio.
Tuttavia, Platone identificò Atena, in seguito patrona di Atene, con la dea libica Neith, che apparteneva a un’epoca in cui non si riconosceva e (quindi) non si onorava la paternità. Questa dea aveva un tempio a Sais, dove Solone fu trattato bene, solo perché ateniese. (Platone, Timeo 5). Le vergini sacerdotesse di Neith si impegnavano annualmente in un combattimento (Erodoto, IV 180), per disputarsi il titolo di Grande Sacerdotessa.
Robert Graves nel “I Miti Greci” giudica il racconto che fa Apollodoro (III 12 3) della lotta tra Atena e Pallade, come una tarda versione patriarcale. Infatti, quest’ultimo scrive che Atena, nata da Zeus e allevata dal dio-fiume Tritone, uccise accidentalmente la sua sorellastra Pallade, figlia dello stesso Tritone. Zeus, infatti, avrebbe abbassato il suo scudo tra le due giocose contendenti, per distrarre l’attenzione di Pallade, che stava per colpire Atena. Così la dea, senza volere, colpì a sua volta Pallade, uccidendola.
Il riferimento alla paternità di Zeus costituisce un’implicita ammissione della già avvenuta invasione degli Achei, popolo indoeuropeo portatore di valori e ideali patriarcali, sviluppatisi a seguito dell’espansione della cultura Kurgan (https://www.nuovatlantide.org/una-storia-nella-preistoria-europea-le-ipotesi-kurgan-e-atlantide/)
Questa ingerenza sul mito della Dea, appartenente alla cultura matriarcale stanziata sulle coste libiche (come il più attendibile Platone attesta) e comunque diffusa sia a Creta sia e in tutti i territori definiti “Ellade” dopo le invasioni indoeuropee, é confermata dalla tradizione orale, mantenuta dai sacerdoti di Atena. Ancora Graves, infatti, scrive che costoro credevano nella nascita della dea dalla testa di Zeus.
La loro leggenda narra che questi, prima ancora di sposare Hera, inseguiva voglioso la Titanessa Meti, che per sfuggire assunse diverse forme, senza successo. Zeus, infatti, la raggiunse e la fecondò. Tuttavia, un oracolo della Madre Terra (che come vedremo circa il mito di Hera, allora manteneva ancora la sua importanza) gli disse che da Metis sarebbe nata una figlia e che se la Titanessa avesse concepito una 2′ volta, sarebbe nato un figlio, destinato a detronizzare Zeus, come questi aveva detronizzato Crono e quest’ultimo a sua volta Urano (5).
Zeus, allora, dopo aver indotto Metis con melate parole a giacere accanto a lui, improvvisamente spalancò la bocca e la inghiotti. E questa fu la fine di Metis (prima vittima del femminicidio patriarcale nella Grecia antica), di cui non si seppe più nulla.
A tempo debito, però, Zeus camminando lungo le rive del fiume Tritone, fu colto da un terribile dolore nella testa, che sembrava potesse scoppiare. Egli gridò tanto da destare tutte le eco del firmamento. Subito accorse Ermete, che presto individuò la causa del forte dolore e della grande pena di Zeus. Egli indusse Efesto a munirsi di ascia e di maglio, per aprire una fessura nel cranio di Zeus. Allorché l’apertura fu sufficientemente ampia, balzò fuori Atena, tutta armata, e con un potente grido (Esiodo, Teogonia 886-900; Pindaro Olimpica VII 34 e segg.; Apollodoro, I 3 6).
Tuttavia, coloro che permisero a Efesto di operare sul cranio di Zeus con elevata precisione chirurgica furono i suoi assistenti, meglio conosciuti come Telchines. Di questi ci parla D. Musti in “I Telchini e le Sirene. Immaginario mediterraneo e letteratura da Omero a Callimaco al romanticismo europeo” (Pisa 1999). Dalle loro caratteristiche trassero spunto sia i fratelli Grimm sia Walt Disney per creare le caratteristiche fisiche e le abilità dei 7 Nani.
I Telchines furono anche quelli che foggiarono e fornirono al Pelide Achille le armi lucenti, che accecavano i nemici troiani in battaglia e permettevano all’eroe acheo di sbaragliarli. Sia da ciò che scrive Musti sui Telchini sia dalla predilezione di Atena per l’astuto stratega Ulisse (come racconta Omero nell’Odissea) (6) si comprende, allora, buona parte dell’immaginario mitologico degli Achei, molto abili nel cercare di trasfigurare i preesistenti miti matriarcali.
Fu J. E. Harrison a interpretare correttamente il mito della nascita di Atena dalla testa di Zeus come «un disperato espediente mitologico, per liberarla dai suoi precedenti matriarcali». Il mito, infatti, insiste in modo dogmatico sul fatto che la saggezza sia una prerogativa maschile. Fino a quell’epoca soltanto la Grande Dea era stata considerata saggia.
Secondo quanto scrive ancora Robert Graves, Esiodo sarebbe riuscito a conciliare nella sua versione del mito della nascita di Atena tre punti di vista contrastanti: I) Atena la dea della città degli Ateniesi, nata per partenogenesi dall’immortale Metis, Titanessa del pianeta Mercurio e patrona della saggezza e della sapienza; II) Zeus che inghiotte Metis e ne acquista la saggezza (gli Achei, infatti, abolirono il culto dei Titani e attribuirono il monopolio della saggezza a Zeus – vedi anche la Titanomachia); III) Atena che diventa figlia del solo Zeus.
Vale a dire che gli Ateniesi dovevano riconoscere il sommo Zeus, dio supremo degli Achei, i quali in tal modo stabilirono il primato della paternità sulla defraudata maternità.(7) Infatti, dopo che Atena diventa la fedele interprete di Zeus e deliberatamente sopprime tutti i suoi precedenti matriarcali, al suo servizio officiano sacerdoti e non più sacerdotesse !
NOTE:
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– Vedi https://www.nuovatlantide.org/le-societa-matriarcali-e-patriarcali-le-classi-sociali-lo-stato/
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– Sulle funzioni degli emisferi cerebrali vedi: http://sentiredicoscienza.forumcommunity.net/?t=5116057
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– Vedi A. Pilastro “Sesso ed evoluzione” (Bompiani)
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– Pelasgi: il complesso delle popolazioni preelleniche della Grecia , generalmente considerate autoctone.
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– La detronizzazione da parte del figlio maschio, che sposa poi la madre, costituisce una costante culturale in molte civiltà patriarcali, sulla quale molto ci dice il famoso mito di “Edipo” (vedi https://www.nuovatlantide.org/la-vera-didascalia-del-mito-edipo/).
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– Si narra che Atena fosse saggia come la madre Metis e che disprezzasse le donne comuni, in quanto impaurite dalla guerra. Essa era la protettrice degli eroi guerrieri ma non combatteva ottusamente come Ares, essendo un’abile stratega. L’elaborazione della strategia é una delle peculiarità dell’emisfero cerebrale destro, perché implica la conoscenza a colpo d’occhio dell’essere umano (intuizione) e, quindi, anche del nemico.
(7) – Non dimentichiamo il ruolo determinante che ebbe Atena nel sentenziare che Oreste non fosse colpevole di matricidio e soprattutto le motivazioni di tale sentenza dell’Areopago.
Vedi in proposito: https://www.nuovatlantide.org/attualita-del-significato-storico-della-tragedia-greca/