La perfezione
Meritocrazia è un termine idiota. La ricerca di un metodo che accerti ex-ante ciò che è verificabile solo ex-post (e con largo beneficio d’inventario), è come trovare l’araba fenicia. Se i concorsi per titoli ed esami (con prove scritte e orali) hanno una qualche utilità, non è perchè permettono di selezionare i ‘migliori’ nella disciplina in oggetto, al netto di ogni altra attitudine comportamentale di pregio, bensì di scartare i ‘peggiori’ e i palesemente ‘inadatti’. Cioè quelli che si collocano al di sotto del general intellect medio-sociale. Fatto salvo che questa condizione di utilità minima non mette al riparo dall’eventualità che il vincitore del concorso possa essere un perfetto imbecille inabile a fare alcunchè. Un portento nozionistico, un iper-scolastico, un pedante curricolare, un puntiglioso didascalico, un idiot savant. La curva che mette in relazione talento reale e titolazioni formali di capitale cultura è di tipo gaussiano. Perchè se la preparazione formale facilita l’emergere del talento, non lo surroga. E probabilmente oltre un certo livello lo stermina. Come tipico nell’overdose nozionistica.
Chi ha avuto occasione di fare concorsi, sia come esaminando che come esaminatore (è il mio caso), lo sa bene. Il miglior rendimento premia gli individui metodici, puntuali, applicativi dotati di buona memoria e inclini al nozionismo. Ci sono individui che sono veri e propri campioni da concorso, qualsivoglia sia il tipo. Ovunque vadano li vincono. Molte delle loro carettristiche si ritrovano anche fra gli accumulatori di master, lauree e diplomi. Senonchè l’iperformazione è come il superallenamento, sfianca l’atleta. Il prolungato allenamento ad apprendere diventa una forma di adultescenza che impedisce di connettersi alla vita sensatamente. Quando finalmente sono pronti per entrare in pista soffrono già di rimbecillimento senile anticipato.
Comunque sia la prova scritta (il tema) è sicuramente il metodo migliore, quantomeno per valutare oggettivamente la conoscenza della lingua e l’attitudine al pensiero. Metodo caduto in disuso dacchè sono scaduti gli apprendisaggio con la tesi nelle università e hanno preso piede le prove a quiz. Sempre a scanso di equivoci. Una volta mi capitò di presiedere una commissione di concorso per addetto ai servizi statistici e alla programmazione. I concorrenti, pur laureati, spesso con buoni voti, erano così scarsi che alla fine la vincitrice risultò una ragazza che si era dimostrata capace di pensierini semplici espressi in un italiano corretto quanto elementare e in bella calligrafia. Una cara ragazza che lavorò con me per qualche tempo con indefessa diligenza e che dopo qualche anno ascese alla carriera dirigente superandomi ampiamente per rango e reddito. Senza mai perdere il suo imprinting pastorale di lettere, aste e abbecedario. Sempre diligente. Una dirigente perfetta.