Meno tasse più ristori: la massima di Lor Signori

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Meno tasse più ristori: la massima di Lor Signori
Ma, secondo voi, perché il piano vaccinale sta andando bene? Nel senso che, soprattutto in alcune regioni, appare ben organizzato ed efficace? Nel Lazio, per dire, gli appuntamenti spaccano il secondo, tant’è che molti inizialmente si chiedevano se questa fosse davvero la sanità pubblica italiana. La risposta è semplice: perché abbiamo investito risorse (umane ed economiche) adeguate all’obiettivo. Tutto qui. Per avere servizi pubblici efficienti servono i soldi, le risorse, gli strumenti. E invece, in questi decenni, abbiamo avuto tagli draconiani alla spesa che, nel caso della sanità, hanno consentito la sua sopravvivenza, ma ne hanno impedito una crescita, uno sviluppo, un futuro.
È come se avessimo una Mercedes, ma ci limitassimo soltanto a mettere benzina, senza mai fare manutenzione, senza mai un tagliando, senza intervenire sui guasti, senza acquistare mai un pezzo di ricambio. Anche una automobile nuova o efficiente così facendo muore. E invece, nel caso del Covid, sono arrivate le risorse, sono stati acquistati macchinari sanitari, apparecchiature, sono stati creati ex novo reparti, e poi è partito anche il piano vaccinale. La Mercedes ha avuto insomma manutenzione, ricambi, tagliandi.
Se questo non accade, i servizi diventano inefficienti, le attese lunghe, la qualità si riduce, i dipendenti devono fare i conti con una macchina che invecchia, si arruginisce, non risponde più alle necessità. E allora ci si indirizza verso la sanità privata, che è una specie di taxi molto lussuoso che pochi si possono permettere. Si fa presto a dire ‘fannulloni’ a chi guida una vettura che usa lo stesso olio da un decennio, perché non ci sono i soldi per cambiarlo. Si fa presto a dire “eroi”, se poi quegli stessi dipendenti pubblici gettano il cuore oltre l’ostacolo, e suppliscono alla mancanza dell’olio e dei pezzi di ricambio con un impegno e un senso della responsabilità superiori alla norma.
E badate che la sanità non è solo corsia di ospedale o sala operatoria, ma anche uffici amministrativi (quelli che i padroni chiamano ‘burocrazia’) e dunque bilanci, procedure, liste di prenotazione, ecc., senza i quali i dottori resterebbero con le mani in mano, oppure affogherebbero nel caos. Se ci sono investimenti, questi apparati e questi dispositivi rispondono adeguatamente, se questi non ci sono non accade nulla, e si diventa per l’opinione pubblica “fannulloni” oppure “eroi”, a seconda delle circostanze, quando invece si è semplicemente dei “lavoratori”.
Perché attaccano Speranza, allora? E lo vorrebbero fuori dal governo? Perché è quello che ha messo i soldi sulla sanità, che ha invertito la tendenza sotto i colpi del Covid, quello che è tornato a investire, quello che ha ridato valore (anche economico) ai servizi sanitari. E che ha rimesso al centro la cura, la solidarietà, la prossimità quando invece la destra e i padroni spingevano nel senso opposto, quello della “riapertura” , della libertà contro le regole, del “chi se ne fotte se muore qualche vecchio”. Lo stare assieme non può fare a meno della cura reciproca, non può fare a meno della sanità, della scuola, dei trasporti pubblici, della protezione sociale, non può fare a meno del senso di comunità e dell’attenzione verso gli ultimi. Se mancano, allora sì che siamo davvero fottuti.
Tutte cose che, secondo la destra, sono solo un ostacolo alla crescita, perché intralciano il mercato, impediscono a padroni e categorie di fare da sé, di essere “liberi”, di infrangere le regole (“burocrazia” anch’esse). I padroni sono quelli che vorrebbero che tutti prendessimo il taxi invece della nostra Mercedes, e che vorrebbero pure che fosse lo Stato a pagare la corsa! Il loro motto è: “meno Stato”, perché vogliono la competizione senza regole, ma “più Stato” perché vogliono che questo paghi sempre il conto. Sono quelli che vorrebbero restare aperti “in sicurezza” anche con la peste bubbonica in strada, quelli di “meno tasse e più ristori”, quelli che non vogliono la “dittatura” dello Stato, la “burocrazia”, ma da quest’ultimo esigono gli sgravi, i bonus, le mance, le ragalìe. Sono gli stessi che già gridano contro la nuova statalizzazione, e che, ancora con i morti nelle corsie, già si fregano le mani per i 230 miliardi di euro che piovono come manna dal cielo sui loro fatturati.
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