Fonte: La Stampa
Meloni non è all’altezza dei suoi obiettivi
Il nostro primo ministro, prima donna a ricoprire tale carica, non sembra ancora in grado di svolgere la propria “missione” all’altezza della novità storica che certamente la sua nomina esprime. Non credo ciò derivi da scarsa intelligenza o abilità, quanto piuttosto da difficoltà oggettive e difficilmente superabili. In parte esse sono dovute al carattere disomogeneo, composito della sua maggioranza. Limite inevitabile di qualsiasi governo stante la natura del parlamentarismo all’italiana e delle nostre leggi elettorali. Ma in misura ben maggiore esse derivano dalle contraddizioni intrinsecamente connesse all’obbiettivo strategico che, volente-nolente, la Destra è chiamata oggi a perseguire. Questo obbiettivo consiste nel rovesciare la governance che ha retto l’Unione europea, il compromesso, davvero storico, tra correnti socialdemocratiche e democristiane-popolari. Nessuna Destra tradizionale sarebbe in grado di realizzarlo.
Mai democristiani, popolari e liberali potrebbero costituire un nuovo compromesso con nazionalisti, sovranisti, lepenisti (per non parlare di nostalgici franchisti). Non basterà alla Meloni accreditarsi presso le corti atlantiche – troppo facile ora, con la guerra in corso (le guerre semplificano sempre: o con me o contro di me). Ma neppure acquisterà grandi simpatie salendo sul carro, ultra-berlusconiano, delle flat-tax, dei condoni e compagnia cantando.
Le autorità monetarie e finanziarie internazionali non accetterebbero mai che su questi delicatissimi temi si passasse dalla chiacchiera elettorale ai fatti. E lo hanno ufficialmente dichiarato. La Meloni, e con lei tutte quelle forze della Destra europea che vogliano puntare davvero alla vittoria storica nell’Unione, hanno così di fronte a sé l’impervia montagna della propria rifondazione culturale e politica. E dovranno affrontarla ricorrendo al minimo indispensabile di ipocrisie e simulazioni. Un terreno solido di intesa con fondamentali componenti dell’establishment economico e politico internazionale si potrebbe certamente trovare nel proseguire e rafforzare le strategie neo-liberiste che negli ultimi tre decenni hanno portato a un logoramento strutturale del Welfare, al moltiplicarsi di disuguaglianze, al crollo della forza contrattuale del lavoro dipendente.
Ma una linea coerentemente neo-liberista o neo-conservatrice incontrerebbe senza dubbio seri ostacoli in molte correnti popolari-democristiane e potrebbe altresì suscitare opposizioni fermissime all’interno di quelle componenti di Destra sociale, delle quali, almeno ora, forze come Fratelli d’Italia non possono fare a meno. Fino a quando ci si potrà barcamenare su una terra di nessuno? Tra rigore draghiano e salvinismo fiscale? Tra Vox e leaders dell’Est europeo, da una parte, e “diritti umani”, dall’altra? La storia politica ricorda tante trasformazioni, non necessariamente trasformistiche, tanti episodi di osmosi tra forze per tradizione apparentemente incompatibili. E se una Destra meloniana nella sua evoluzione avesse a che fare più con una prospettiva socialdemocratica che con l’oggi imperante neo-liberismo? Potrebbe essere, ma mai la Meloni, o chi per lei, avrebbe oggi la forza per dichiararlo. E così il cerchio delle contraddizioni in cui è costretta a operare si chiude.
Fino a soffocarla? Data la natura strutturale di quelle contraddizioni, anche semplici incidenti di percorso potrebbero bastare. Il più grave è alle porte: se entro l’anno da qui alle elezioni europee non dovesse essere messo con i piedi a terra il Pnrr. Il fallimento, sia chiaro, non sarebbe soltanto farina del sacco meloniano; il Piano è tutto un disegno ideologico-strategico “a prescindere” da competenze e strutture della Pubblica Amministrazione e da leggi adeguate per cantierare rapidamente grandi opere. Tuttavia, pacifico che la colpa ricadrebbe su chi ora governa. Lo sforzo di legittimazione in sede europea e atlantica della nostra (non ancora) Nuova Destra subirebbe un colpo semi-mortale, non compensabile silenziando Salvini e Presidenti di Regioni del Nord su pseudo-federalismi e cambiando toni in materia di immigrazione. Il Governo si troverebbe a sopravvivere soltanto grazie all’inesistenza dell’opposizione – e le sue speranze di svolgere un ruolo internazionale precipiterebbero.
E i resti dell’armata socialdemocratica dall’altra parte che fanno? Hanno alzato definitivamente bandiera bianca? Si erano presentati alle scorse elezioni sotto lo slogan: Nuovo Welfare in Nuova Europa? Tutti i servizi fondamentali e i diritti che lo Stato sociale intendeva difendere e sviluppare stanno infinitamente peggio e l’Europa si è ridotta in toto alla sponda atlantica. Sul piano interno, molti ragionevoli “no” alle decisioni – o annunciate decisioni -del Governo, ma nessun piano alternativo, né sulla Giustizia, né sulle politiche del lavoro. Non esiste reale opposizione in democrazia se non quando si esprime attraverso effettivi governi-ombra, formati da reali competenze che si incarnano in leader autorevoli. Nulla di simile nei nostri orizzonti. Avanti-indietro da porticcioli a porticcioli navigando lungo le coste. Ma c’è l’oceano da attraversare – e ciò vale oggi sia per le vecchie Sinistre che per la vecchie Destre.