Meloni, in conferenza: Sì a Elly, no a Conte: è scattata la trappola

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Annalisa Cuzzocrea
Fonte: La Stampa

Meloni, in conferenza: Sì a Elly, no a Conte: è scattata la trappola

Fin dalle primissime risposte, le intenzioni di Giorgia Meloni per il 2024 sono apparse chiare: correre da capolista alle elezioni europee

Fin dalle primissime risposte, le intenzioni di Giorgia Meloni per il 2024 sono apparse chiare: correre da capolista alle elezioni europee. Spingere così a farlo la leader del Pd Elly Schlein. Confrontarsi con lei in televisione – ha detto sì alla domanda del giornalista di Sky che gliel’ha posta, dal Partito democratico è stata fatta trapelare soddisfazione, era quindi già tutto deciso – e ottenere una duplice investitura: nel Paese, trasformando il voto per Strasburgo in un referendum su di sé. E nella sua coalizione, di fatto marginalizzando non solo la Forza Italia di Antonio Tajani (con cui dai detti e non detti è evidente abbia ancora molti conti in sospeso), ma soprattutto la Lega di Matteo Salvini.

Con il suo vicepremier più problematico è stata, all’apparenza, tenera: lo ha assolto giudicandolo totalmente estraneo all’affaire Verdini. E lo ha fatto con una tecnica ormai consolidata da più parti: e allora il Pd? «Semmai Tommaso Verdini ha avuto una tessera era del Pd», e che importa se gli incontri e le telefonate con il sottosegretario all’Economia Freni, leghista, non indagato, sono finite nelle carte. E se dei loro rapporti con la Lega parlino nelle intercettazioni gli indagati. È del Pd la colpa del richiamo di Mattarella su ambulanti e balneari, «nessuno aveva mai fatto una mappatura» (falso). È la sinistra a partire dal Pd che ha portato i parenti in politica (Franceschini-De Biase e Fratoianni-Piccolotti). Nessun premier pd ha mai nominato un cognato ministro o messo una sorella a capo dell’organizzazione del partito, ma – dice Meloni – che dovevo fare, «metterla in una partecipata come fanno tutti?». Non dice a chi si riferisce, per tutta la conferenza stampa lancia accuse senza nomi – come sulle persone che vorrebbero condizionarla e farle paura – continua a prendersela con l’opposizione dipingendo un mondo in cui lei non è la presidente del Consiglio e leader di una larga maggioranza parlamentare, ma la politica venuta dall’un per cento e sempre bistrattata in Rai che adesso starebbe solo «riequilibrando» una realtà in cui i suoi avversari politici hanno sempre avuto la meglio. Lo dice forte, scandendo le sillabe: «È finito il mondo nel quale la sinistra ha più diritti degli altri». È passato un anno, il potere è interamente nelle sue mani, ma la narrazione è sempre quella dell’underdog che deve essere risarcita di mille ingiustizie subite.

Del resto, il centrosinistra le ha fatto più di un assist. Meloni affonda sul silenzio di Schlein e Gentiloni riguardo al consigliere della Corte dei Conti Marcello Degni, che si è lanciato in un post social del tutto privo di equilibrio e terzietà contro il governo. Sul Mes, ha buon gioco a ricordare le contraddizioni dei 5 stelle, anche se continua a dire che Conte è andato in Europa a dire sì al fondo salva-Stati senza una maggioranza parlamentare, dimenticando che una risoluzione parlamentare sul Mes era stata votata (sebbene con i mal di pancia di qualche eletto M5S). All’opposizione rimanda indietro l’accusa di essere stata tenera con le banche, visto che la tassa sugli extraprofitti è stata prima varata poi neutralizzata. Il Movimento sarebbe “cintura nera” di favori agli istituti bancari. E questo per le garanzie concesse durante la pandemia, quando il sistema poteva saltare in aria.

Sia come sia, dell’opposizione che attacca quando vuole svicolare Meloni ha scelto la leader. Conte scalpita e non si farà mettere da parte, ma la premier dice, pensando a Schlein: «La mia candidatura alle europee potrebbe portare altri leader a fare la mia scelta, nell’opposizione, e anche questo sarebbe interessante». E sul confronto tv: «Credo sia giusto che il presidente del Consiglio si confronti con la leader dell’opposizione prima della campagna elettorale delle europee». Non solo sulla questione femminile, ovvio, ma su tutto. La scommessa di entrambe è di lasciare, per una volta, i maschi nell’angolo. Polarizzare, portare più voti a FdI e Pd, marginalizzare Lega e M5S. Che possa funzionare a destra, è probabile. A sinistra, assomiglia a una trappola.

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