di Andrea Pisauro – 31 gennaio 2018
La bella politica è quella che infiamma i cuori e accende le menti. La bella politica è passione e ideali. È voglia di lottare per cose in cui si crede. E la scintilla negli occhi quando vedi qualcuno che la dice giusta. Ma è anche la rabbia che senti quando vedi qualcuno che la fa sbagliata. E quante ne abbiamo viste di cose sbagliate, in questi cinque anni.
La situazione politica in Italia è agghiacciante. A cinque anni dalle elezioni che avrebbero dovuto archiviare definitivamente il “berlusconismo” ci ritroviamo nell’incredibile situazione di dover spiegare al mondo come sia possibile il ritorno sulla scena politica di una mummia di 80 anni con la fedina penale sporca e la responsabilità politica di vent’anni di declino del Paese.
Peggio di cosi, anzi, se pure Bill Emmott, (si quello della copertina) vede Berlusconi come l’opzione più “presentabile” per arginare il populismo qualunquista del M5S e quello razzista e nazionalista della Lega a fronte di una sinistra che, anche ad includere il PD – ormai un partito di centro che guarda a destra – si accinge a realizzare il peggior risultato elettorale dai tempi di Giolitti.
In un Paese dove la partecipazione politica è ai minimi della storia della Repubblica e le disuguaglianze economiche e sociali continuano ad aumentare e senza che l’anno trascorso dal sacrosanto NO del 4 Dicembre 2016 abbia portato consiglio a nessuno.
Un anno in cui invece la comunità orgogliosa della sinistra italiana in UK ha cocciutamente coltivato la speranza di offrire una chance di riscatto collettivo, scrivendo in modo partecipato ed inclusivo, coinvolgendo cittadini e associazioni, un Manifesto di Londra di valori e proposte per immaginare l’Italia che vorremmo: aperta, solidale, giusta, ed europea.
Avrebbe fatto bene a tutti una tappa londinese di un processo di vera rifondazione di tutta la sinistra italiana, che muovesse dalla capitale dell’emigrazione italiana, quella Londra dove vivono piu italiani che a Firenze, per mettere al centro del dibattito quella questione migratoria che è questione nazionale, con flussi in uscita paragonabili a quelli del secondo dopoguerra, di centinaia di migliaia di cittadini da ogni regione, di ogni età, di ogni classe sociale.
Avrebbe fatto bene a tutti una tappa londinese di un processo di vera rifondazione di tutta la sinistra italiana, che muovesse dalla città di Jeremy Corbyn, quella Londra da cui è partita l’alternativa Neosocialista che ha reso in due anni il Labour Party il più forte partito socialista d’occidente per numero di voti e di iscritti.
Avrebbe fatto bene a tutti una tappa londinese di un processo di vera rifondazione di tutta la sinistra italiana, che muovesse dalla capitale della resistenza al Brexit, quella Londra dove i cittadini europei lottano per i loro diritti, per rimettere al centro della propria proposta un’Europa che va cambiata e che va difesa.
L’ottusità irritante di Renzi, l’inutile spaccatura del Brancaccio e il grave ritardo con il quale si è scelto di costituire Liberi e Uguali sono invece gli ingredienti di un disastro annunciato nel quale si salvano, in Italia, davvero in pochi. Anche per questo l’assemblea del Manifesto di Londra ha cercato fino all’ultimo di offrire agli italiani in Europa un’unica alternativa di sinistra, radicale, popolare, europeista.
D’altronde di fronte alla morte del PD come grande partito plurale della sinistra, un partito di Liberi e di Uguali che non è ancora nato, lo dovremo far nascere. Non è più tempo di scherzare. Ne va dei valori e della storia ultracentenaria della sinistra italiana. Qualcosa di più importante di tutti noi. Qualcosa per cui battersi a prescindere dai destini personali.
Anche per questo, pur consapevoli delle difficoltà complessive del progetto e della inderogabile necessità di un momento di riflessione democratica larga subito dopo le elezioni, abbiamo collettivamente deciso di onorare fino in fondo le nostre responsabilità lavorando in modo serio e costruttivo alla formazione delle liste di Liberi e Uguali all’estero, insieme a tanti compagni in Europa e nel mondo.
Ne è venuta fuori una lista bella, fresca, di rinnovamento, con candidature quasi integralmente espressione di percorsi territoriali nelle comunità di italiani all’estero che hanno ben chiaro il fallimento politico della stagione di Renzi.
Non troverete il mio nome, in quella lista. Chi dirige la comunità politica che mi ha fatto emergere, quella a cui sono rimasto leale cinque anni, mi ha preferito in panchina piuttosto che in prima linea. Ne sono in molti modi lieto: perchè potrò concentrarmi maggiormente sul mio lavoro, per quello potrò imparare in questo nuovo ruolo e per quello che può nascere dalle storie che abbiamo messo in campo.
Che sono splendide, da votare senza esitazioni: ve le racconterò nel mese che ci separa dal voto. Per ora mi limito a presentarvele e a chiedervi di iniziare a sostenerle con un “mi piace”. Non ve ne pentirete!
Federico Varese, 52 anni, capolista al Senato, docente di criminologia a Oxford e uno dei maggiori esperti mondiali sulle mafie e il crimine organizzato. Colto, lucido e generoso.
Chiara Mariotti, 35 anni, candidata alla Camera, economista ad Oxfam dove lavora alla campagna internazionale contro la disuguaglianza. Tosta, sensibile e sognatrice.
Giuseppe Di Benedetto, 59 anni, candidato alla Camera, lunga militanza nel PCI e nel Labour Party, lavora come consulente sulla compliance, specificamente nei campi della corruzione e dell’etica farmaceutica. Temprato, tenace ed entusiasta.
Tre splendide candidature, espressione della società civile che vuole mettersi in gioco per cambiare l’Italia e della buona politica che lo rende possibile.
La bella politica è quella che infiamma i cuori e accende le menti e quanto abbiamo bisogno di un po’ di calore e un po’ di luce in questa lunga notte della Repubblica. Ma come mi hanno insegnato i compagni di Another Europe is Possibile all’indomani del voto sulla Brexit sarà sempre meglio accendere una candela che maledire l’oscurità. Meglio ancora, accenderne tre!