di Alfredo Morganti 21 dicembre 2016
Mattarella non ama la fretta, almeno quando si tratta di nuova legge elettorale. Non ‘raffazzonate’ le norme, non siate frettolosi, dice alle forze politiche e alle istituzioni nel tradizionale discorso di auguri al Salone dei Corazzieri. Cercate il consenso più ampio, perché la necessità di andare al voto non deve dipendere dall’interesse o dal calcolo di alcuni, ma dalle effettive necessità del Paese. E dunque non si vota domani, né dopodomani. Ma solo quando una legge ponderata, omogenea per entrambi i rami e di auspicabile ampio consenso verrà approvata. Vi pare poco? La fretta è pessima consigliera (guardate la fine di Renzi), il calcolo personale è un cattivo metro di giudizio (guardate la fine di Renzi), il decisionismo a colpi di fiducia a scapito di un’intesa ponderata è foriero di pessime conseguenze politiche (guardate la fine di Renzi).
Quella del Capo dello Stato sembra un’indicazione di metodo valida in generale, non solo nel caso specifico. È l’auspicio che i tempi tornino a essere quelli della politica, non quelli della comunicazione o delle ambizioni personali. Come dire: non si gioca a risiko con le leggi cardine dello Stato, a partire dalla Costituzione e da quella elettorale. Non si baratta la propria personalissima e smaniosa road map con la qualità e il valore delle norme dello Stato. Non si piega ai propri desiderata un cammino che deve invece essere ponderato, ampio nel consenso, giudizioso nelle norme che genera. Sembra il controcanto di questi ultimi tre sconclusionati anni politici e istituzionali, vissuti come in un parco tematico a fare le montagne russe su gusci occupati da giocatori di slot machine. Sembra la ceralacca finale a un giudizio fortemente negativo. Renzi, difatti, nel Salone dei Corazzieri ieri non c’era. Rispetto alla ponderazione è un corpo estraneo. E si autoesclude naturalmente da tali più giudiziosi consessi.
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