Fonte: La stampa
Massimo Cacciari: Nazionale come la politica, fallimenti e parole a vuoto
Ricordo che una volta si diceva che il nostro sport nazionale, il calcio, poteva un po’ valere come immagine del Paese. Non l’ho sentito ripetere, per quanto ne so, dopo la disfatta agli Europei, e me ne rallegro. Perché non dire allora che l’eccellenza italica (e di Montecarlo) è rappresentata da Sinner? Quello che è certo è che, invece, i dirigenti del nostro calcio appaiono copia perfettamente conforme di coloro che ci governano. E questo, considerati i successi dei primi, potrebbe far disperare.
Quale? Quali erano, quali sono, quali saranno? La vacuità dei termini stende pietosi veli sull’assenza di idee. Il PNRR avrebbe dovuto concretarsi in progetti cantierabili per infrastrutture, ricerca, innovazione. E il piano per il nostro sport nazionale, io credo, in riforma dei rapporti tra i centri di potere che lo regolano.
Non è forse evidente dai discorsi del presidente Gravina un atto di accusa nei confronti della Lega? Non è qui, allora, che occorrerebbe il progetto, quello di rendere un sistema i diversi livelli della governance? O crediamo che il problema consista nel “ringiovanire” la squadra o nel ridurre i partecipanti alla serie A, o in un extra-comunitario in più o in meno? Ammesso anche si sostengano i vivai, a che serve se poi i club funzionano nel senso deprecato dallo stesso Gravina?
Come i loro colleghi dei piani alti, i dirigenti del calcio non amano le comparazioni. Che cosa ha condotto il nostro Paese a un deficit pubblico così alto? Come affrontarlo? Perché altri Paesi con strutture simili alle nostre riescono a tenerlo sotto controllo? Analogamente: quali caratteristiche strutturali presenta il calcio spagnolo o tedesco o inglese per non incorrere nelle nostre ripetute figuracce? Se c’è qualche ostacolo nell’imitarle, lo si indichi con chiarezza, e si “progetti” di rimuoverlo. Certo non credo che questo ostacolo sia rappresentato dalla varietà delle strategie adottate da Spalletti.
La “colpa” di Spalletti consiste forse nel pretendere di far funzionare con qualche rattoppo una macchina “progettata” fin dall’inizio in modo sballato – e di non sapere o potere, con tutta evidenza, dire la sua sulle cause profonde del fallimento. Il capro espiatorio ci vuole in ogni regime.
Ricordiamo le due eliminazioni ai mondiali, le prestazioni penose della nazionale, di tutto ciò i nostri dirigenti parlano nelle conferenze stampa garantendoci di avere un “progetto”, ma evitano di ricordare come il nostro calcio viva da anni in una sorta di perenne emergenza giudiziaria. Vuol dire qualcosa o non vuol dire niente?
I colossali imbrogli amministrativi emersi da ogni parte, le scommesse, ecc., possono pesare o no anche sull’assetto delle nostre squadre nazionali, sui suoi giocatori, sui suoi dirigenti? Chi partecipa quotidianamente a un gioco che non sembra propriamente pulitissimo non potrebbe risentirne anche nel suo comportamento in campo?
I giocatori in questo ambiente sono immersi. E un “progetto” per risanarlo dalle fondamenta (vera trasparenza nei bilanci, controllo severo, punizioni esemplari) non mi pare sia stato annunciato dal presidente Gravina. Sarà nel “progetto”.
Una domanda: quanto valeva complessivamente sul nostro mercato la nazionale svizzera, naturalmente prima dell’Europeo, e quanto la nostra? C’è evidentemente qualcosa che non funziona nel nostro “sistema prezzi”. I club dovrebbero adeguarsi a quanto è risultato dai fatti. Chi non corre o non sa stoppare un pallone o gli riesce qualche volta un passaggio, ma solo all’indietro, non può ricevere milioni all’anno.
Non in Italia – magari sarà assunto dal Real Madrid. Anche qui occorrerebbe – vero dr. Gravina & Co. ? – una bella riforma. Pardon, un bel “progetto”.