Fonte: La stampa
Massimo Cacciari: Le nuove élite Usa e la scelta di Giorgia
I rappresentanti del continente culla del Politico in quanto forma dell’agire umano autonoma da arte, etica, religione non furono dunque invitati o preferirono non andare sulla collina del Campidoglio di Washington dominante ancora le nostre vite. L’Europa che teme per il proprio export, ma non sa darsi una politica di difesa comune, che non riesce né a prevenire né a contenere le guerre civili al suo interno, ma è prodiga nel celebrare anniversari di vittoria contro i totalitarismi dell’altro millennio, l’Europa ormai forse in irrecuperabile ritardo nel campo della ricerca e innovazione guarda da sempre più da lontano le trasformazioni in atto nell’unica capitale dell’Occidente e di conseguenza negli equilibri internazionali. La sola leader europea presente sul Campidoglio è colei che con astuto disincanto è pronta a dichiararsi d’accordo con i suoi occupanti chiunque essi siano e qualunque cosa facciano. Né certo rappresenterà mai una leadership capace di guidare il processo di riforme necessarie per rilanciare l’idea di un’Europa autonoma e politicamente unita.
La scena del Campidoglio americano ha rivelato una nuova forma dell’élite dominante. Derubricarne il significato a qualche gesto folkloristico, a qualche battuta politicamente non corretta, è l’ennesima prova di quanto le tradizionali culture democratiche occidentali siano rimaste spiazzate dalla rivoluzione tecnologico-culturale in atto. Il loro orizzonte rimane quello di un capitalismo «domestico», ovvero addomesticabile a un’etica di «bene comune», a esigenze nazional-locali di «equa» distribuzione della ricchezza. Era un sistema economico-produttivo obbligato a cercare l’accordo con grandi masse di forza-lavoro sindacalmente organizzate. La mediazione politica diventava allora necessaria e non poteva che svolgersi in relativa autonomia rispetto alle parti in conflitto. La storia delle democrazie del dopoguerra è la storia di questo difficile gioco. Il capitalismo globale ne ha mutato forma e funzioni, anche se certo tale metamorfosi era iscritta ab origine nelle sue potenzialità. Esso ha messo al lavoro con la più straordinaria efficacia le risorse inventive, innovative, le capacità tecnico-scientifiche dell’intelletto generale della nostra specie, le ha organizzate al suo interno, le ha «comandate» grazie alla propria potenza economico-finanziaria. Le nuove élite che l’hanno promosso e lo governano non hanno culturalmente più nulla a che fare con le forme di etica borghese che ancora informavano di sé il capitalismo fino ai decenni «socialdemocratici» successivi alla guerra mondiale. La loro idea di sviluppo è incontenibile, insofferente di ogni regolamentazione che non provenga dal loro stesso interno. Ogni orizzonte vale soltanto per essere oltrepassato. Il successo costituisce l’unica misura – e di successi occorre essere insaziabili. L’accelerazione dello sviluppo comporta necessariamente la creazione di sempre nuovi bisogni, e per questo l’efficacia dell’informazione e comunicazione, il governo del loro sistema, risultano essenziali. Soltanto una conoscenza pervasiva dei nostri comportamenti consente di orientarli e trasformarli. La stessa fantasia deve diventare un prodotto, là dove è l’intelligenza artificiale che detta oggi al giovane la sua poesia d’amore.
Questa nuova èlite si è auto-rappresentata sulla cima del Campidoglio per l’investitura di Trump. I singoli personaggi non contano. Come nelle antiche tragedie è il destino a calcare la scena. I vari Musk non vogliono esprimere che il dominio di un sistema di cui è Re assoluto l’anonima legge dell’indefinito sviluppo. A essa, non più a padroni in carne e ossa, dobbiamo convincerci di dovere obbedienza. E come rifiutare un ordine che sembra il prodotto di un calcolo razionale, che si presenta con l’obbiettività di una legge di natura? È il regno della Macchina intelligente, l’epoca della Macchina «spirituale». Non più soltanto straordinaria capacità calcolatoria, ma intelligenza universale che prevede e indirizza. Non più robot al nostro servizio, ma autentiche guide volte a ridurre la specificità e complessità delle singole intelligenze naturali verso comportamenti e pensieri comuni.
Questa nuova élite ha però ancora bisogno di un Politico che renda il contesto sociale coerente alla propria natura, favorevole al proprio successo. È sempre più funzione di supporto, polizia più che politica. Tuttavia disuguaglianze mostruose, movimenti migratori, trasformazione in senso multi-etnico delle nostre società continuano a generare conflitti che il vecchio ordine politico democratico non riesce a gestire, ma neppure la nuova Macchina intelligente – almeno fino a che essa non divenga tutt’uno col nostro cervello. La storia non è finita; sono finiti soltanto i soggetti di una forma del conflitto politico. E non potrebbe questo riaccendersi, almeno nel nostro Occidente, tra quell’intelligenza naturale che produce ricerca e innovazione e il sistema tecnico-economico che la mette al lavoro e la comanda? Che oggi le due dimensioni appaiano perfettamente accordate dipende da ragioni storiche, dal crollo di ogni pensiero critico nei confronti dei nuovi signori del Campidoglio, dal carattere semplicemente reazionario che ha finito con l’assumere la nostra difesa della democrazia. Un pensiero critico senza nostalgie né rimpianti comprende la straordinaria potenza della nuova élite, ma si interroga praticamente se siano riducibile al suo ordine la ricchezza e la creatività dell’intelletto di ricercatori e scienziati. Un pensiero critico comprende bene l’energia che si sprigiona dall’insaziabile appetito dei Musk, ma sa anche l’impotenza che fisiologicamente lo minaccia. O, meglio, la contraddizione di fondo che lo caratterizza: mirare a una forma universale di dominio, a una sorta di Stato mondiale, e doversi a un tempo affidare alle politiche identitarie-sicuritarie dei Trump per garantire la propria attuale egemonia. La rupe del Campidoglio traballa e si ricorre ancora a arcaiche ideologie per sostenerla. Non sarà l’Intelligenza artificiale, temo, a insegnarci come rifondarla.