Fonte: Il Fatto Quotidiano
Massimo Cacciari: “Il Pd ha dimenticato la sua storia e fa marchette alla Nato”
Il Pd “dimentica la sua storia” per seguire “la follia del riarmo”, niente di diverso da “una marchetta” agli alleati americani. Non ha dubbi Massimo Cacciari, filosofo, ex sindaco di Venezia, tra gli intellettuali di riferimento – ma per la verità ben poco ascoltato – di quella sinistra che a suo giudizio ha rinnegato le proprie radici politiche e culturali: l’eredità della sinistra democristiana, del socialismo e del comunismo, scuole non certo appiattite sull’atlantismo e sulla corsa alle armi.
Professor Cacciari, che effetto le fa vedere il Pd farsi paladino dell’aumento delle spese militari?
È incredibile vedere una forza politica dimenticare tutto ciò che ha ereditato in materia, tutto quel pensiero critico – giusto o sbagliato che fosse – nei confronti della politica atlantica, del ruolo dell’Europa come ponte tra Est e Ovest, tutte queste idee che hanno formato la coscienza politica di parte della Dc e della totalità di Pci e Psi. Accetterei se qualcuno alzasse la mano per dire: “Ci eravamo sbagliati”. Ma siccome questo non succede, devo dedurre che abbiano dimenticato la propria storia.
Perché questo avviene?
Incide anche il fatto che la Prima Repubblica sia stata demonizzata al punto da associarla soltanto a Tangentopoli. Per cui oggi nessuno si interessa più al pensiero di quei partiti.
Il riarmo significa togliere soldi da altre voci di spesa, a scapito di temi sociali che dovrebbero stare a cuore al Pd.
Da tempo questioni molto popolari sono sparite dall’agenda del Partito democratico. Un tempo queste materie erano affrontate magari anche in maniera demagogica, ma c’era un’attenzione ai temi del lavoro, dei redditi dei più deboli, dei diritti fondamentali. Io vengo da lì, e con me tanti altri che adesso vedo stare tranquillamente in un partito che queste battaglie non le fa più.
Teme che a rimetterci sia il welfare?
Già prima delle guerra avevamo un Pnrr in cui spese sociali indifferibili, come la sanità, il sostegno al lavoro o la scuola, erano l’ultima ruota del carro. In una situazione del genere, andiamo davvero ad aumentare le spese militari? Utilizzando come pretesto la balla che sia un dovere imposto dalla Nato, quando invece si tratta solo di una indicazione. E sia chiaro che io non faccio l’anima bella, è ovvio che una quota di spese per le armi sia necessaria. Ma queste spese devono avere un senso, devono essere collocate dentro una strategia di sicurezza comune. Come fa un singolo Paese a muoversi da solo? Significa buttare via i soldi, è ridicolo. È una volgarissima marchetta agli alleati della Nato.
Gli iscritti del Pd lamentano poco coinvolgimento. Un tema come le armi meritava un dibattito più profondo?
Ormai i partiti non esistono più, e così anche il Pd. Si è pensato che i partiti potessero essere sanamente costituiti soltanto da opinion leader e da capi corrente e così si è smantellata la vita di sezione, l’attività dei circoli. I partiti oggi sono gruppi dirigenti che si mobilitano per prendere i voti, seguendo le correnti di opinione più che formandone.
Il dissenso, su questo come su altri temi legati alla guerra, viene spesso criminalizzato. Come mai?
È il risultato di un percorso che va avanti da 20 anni, per cui al confronto e al dialogo si preferisce una fortissima tendenza al compattamento, soprattutto intorno all’esecutivo. Quando accadono fatti come la guerra, che naturalmente spaventa la popolazione, allora la società civile chiede ancor di più di stringersi intorno al capo. Stringiamci a coorte. Tutto ciò che è discussione viene meno o è percepito addirittura come un ostacolo, un impedimento.
Il risultato è l’omologazione delle opinioni?
Ci dicono che bisogna combattere, fregandosene delle cause del conflitto e delle domande. E allora il ragionamento è: o stai di qua o stai con il nemico. Per quanto mi riguarda, sento di avere la schiena dritta e continuo a dire quello che penso.