di Massimo Alberti
Post kilometrico, da leggere prendendosi tempo, visto che in tante amiche e amici mi hanno chiesto di scriverlo.
Vengo da una settimana e quasi 1000km percorsi in Umbria, come inviato della mia radio, provo a mettere in fila alcune delle cose che ho visto del tessuto sociale e che non mi fanno stupire del risultato.
Leggo in questi giorni tanti commenti di compagni e compagne basati molto su una campagna vista in televisione, filtrati dal dibattito politico, o politicista, mentre la realtà mi è apparsa, mi è venuta incontro, piuttosto diversa.
Mi limito sommessamente ad un invito, prima di iniziare il mio racconto: cerchiamo di essere noi i primi ad abbandonare alcuni luoghi comuni.
Partiamo da un dato: la lega ha fatto il pieno di voti proprio nelle aree di crisi (la deindustrializzazione del ternano e la distruzione del terremoto) dove le persone hanno votato su una base di bisogni materiali su cui non avevano risposte.
Nelle zone del terremoto la candidata leghista Tesei ha preso percentuali dal 60% in su.
A Preci, piccolo comune devastato dal terremoto dove non hanno più nulla, nella piazza sui tabelloni c’erano solo manifesti della destra. E del pc di Rizzo. Cittadini ignorati dal potere locale.
L’unico posto di ritrovo di Preci è un container, dove la mattina si fanno i funerali, poi si tolgono i drappi neri e si mettono i palloncini per la festa degli anziani, dove si fanno i documenti del comune, magari il medico ti visita. Il sindaco mi ha fatto tenerezza quando mi ha chiesto: “lei che viene da Milano, dica di organizzare i pullmann, di venire qui che ci sono le cose buone da mangiare. Un modo per mettervi a dormire lo troviamo… Se c’è qualche imprenditore che vuole fare i bottoni per la moda, noi ci siamo”.
Un disperato bisogno che qualcuno dia loro attenzione.
Altro che decreto terremoto: le persone vivono in roulotte parcheggiate da anni in giardino e Salvini è l’unico che se li è filati, anche solo per dargli una pacca sulla spalla. Che non risolverà i problemi ma qui vuol dire tanto.
Mentre Conte era da Cucinelli dove un maglione costa come lo stipendio di un operaio, e DiMaio nel frantoio che esporta in Cina a 50 euro al litro, Salvini girava le sagre. Tra le nostre battute divertite. Durante una sosta a Spello, un gruppo di ragazzi che metteva i manifesti di una di queste feste popolari, mi spiegava che le sagre in Umbria ci sono in qualsiasi periodo dell’anno e su qualsiasi cosa. Questo perché sono un presidio sociale fondamentale. In luoghi dispersi e spesso difficili, sono il punto di ritrovo, è dove chi non può permettersi di uscire al ristorante si ritrova a mangiare tanto, bene e con poco, in compagnia di amici, conoscenti, sconosciuti, suoi simili.
La lega e anche fratelli d’Italia NON hanno fatto campagna elettorale principalmente sulle loro parole d’ordine tradizionali (sicurezza, immigrazione). Anche nei comizi occupavano uno spazio marginale. Si sono invece concentrati sulle questioni sociali legate alla profonda crisi che l’Umbria sta passando, e che chi stava al governo invece negava. “In Umbria si vive bene” mi diceva il commissario del PD parlando di una regione che in 10 anni ha perso il 17% del proprio Pil, è passata da una tasso di povertà che era metà della media nazionale ad essere peggio della media, e così per la disoccupazione, in particolare quella giovanile. E questo ha pagato. Qui la Lega ha fatto il pieno di voti, in questo contesto, su questi temi.
A Terni – dove la lega sfonda il 40% – pur nella piena crisi, la fabbrica resta centrale. Per i giovani ci sono solo due prospettive: andarsene altrove, emigrare, perchè il potere locale non ha mai creato alternative, o andare in fabbrica. Con una differenza: i loro padri – condannati alla fabbrica fino a 70 anni “Voto per chi mi manda in pensione” mi dicevano all’AST- hanno un posto sicuro. I giovani nemmeno quello. E chi ha peggiorato le leggi sul lavoro? gli stessi che governavano l’Umbria.
L’elettorato leghista con cui ho avuto a che fare io in questi giorni non ha nulla dei luoghi comuni in cui comodamente ci piace rifugiarci. Alla manifestazione di chiusura di Salvini c’erano 5 volte le persone che erano ad ascoltare Zingaretti, persino ad ascoltare Meloni c’erano più umbri che dal leader del Pd. Ho parlato con chi riempiva quelle piazze: non ho trovato né persone ignoranti, né becere, né estremisti esaltati. Parlo del “popolo” non dei vertici, che invece della destra tradizionalista sono pieni.
Spiazzando anche me, mai, e dico mai, il tema immigrazione è stato il primo citato. Si partiva sempre da 3 punti chiave: sistema bloccato, mancanza di prospettive, mancanza di ascolto dal potere.
La lega qui è un partito di massa, trasversale da un punto di vista sociale e persino politico.
Ci trovi i pensionati e gli operai che votavano a sinistra, i piccoli imprenditori in crisi orfani di Berlusconi. Cosa li unisce? Esattamente questo: sono persone che a vario titolo vivono una situazione di difficoltà e, in pratica, la destra è stata l’unica parte politica con cui di recente c’è stato un rapporto.
Insomma si è spostata sul terreno che tradizionalmente era dei suoi avversari ma che è stato lasciato totalmente libero. La corruzione, il clientelismo, il malgoverno e la chiusura mentale e politica del pd hanno fatto il resto. A proposito: se qui ormai il pd conserva solo il vecchio voto di appartenenza -vecchio anche in termini anagrafici e comunque sempre in erosione – qui la lega è un partito di giovani, nei quadri e negli elettori. In piazza sia alla chiusura della campagna sia dopo il voto era pieno pieno di 20-30 enni. E qual era la prima cosa che ti dicevano? Ho votato lega sperando che il cambiamento sblocchi la situazione.
Tutti fascisti e razzisti? Sarebbe davvero superficiale, se non da idioti pensarlo.
Hanno riposto male le loro speranze? Probabile.
Gli si può dare torto, viste le alternative? Non credo.
Viste le tante condivisioni che questo racconto sta ricevendo, aggiungo una piccola postilla. E’, appunto, un racconto giornalistico, non ha la pretesa di essere esaustivo e neppure di essere un’analisi. Semmai può essere la base per riflettere, al di là delle certezze di ognuno di noi.
Massimo Alberti