Fonte: La Stampa
Marco Follini: “Perché Meloni – anche quando indossa vesti castigate, non sarà mai democristiana”
Caro direttore de “La Stampa”, una delle sciocchezze più sesquipedali che di tanto in tanto anima il nostro dibattito pubblico si ostina a descrivere una Giorgia Meloni al bivio tra il fare la “democristiana” e l’essere se stessa. Così, se appena ella ammorbidisce i toni, si dispone a mediare, sotterra le molte asce di guerra brandite fino a un attimo prima, ecco che la sua Fdi diventa una riedizione della Dc, forte quasi degli stessi numeri elettorali. Salvo scoprire il giorno dopo che la sua natura è un’altra e il suo destino un altro ancora. E infatti non appena ella torna l’underdog in vena di rivalsa e il suo partito si radicalizza, l’argomento viene pudicamente messo da parte.
Mi permetto di intervenire sulla questione più per amore di precisione che per antico spirito di parte. Vorrei segnalare infatti che la Dc, nel bene e nel male, fu se stessa dall’inizio alla fine. E che nessuno dei suoi leaders, che pure tanto si arrovellavano intorno alla necessità di rinnovarsi, pensò mai che si potesse essere democristiani “à la carte”, un giorno si e l’altro no. Fare un partito di centro, insediarlo nel bel mezzo di un paese da ricostruire, conservarlo per quasi mezzo secolo, tutto questo si rivelò un’impresa che aveva bisogno di un briciolo di coerenza. Se ci si fosse dovuti interrogare a suo tempo sulla natura del partito, sui suoi cromosomi, e ci si fosse arrovellati sui più fondamentali dilemmi identitari su cui si basa un soggetto politico, si sarebbe chiusa bottega nel volgere di qualche mese. Questo non significa che da quelle parti si fosse scoperta una magica formula di longevità. Più banalmente, significa solo che l’essere democristiani richiedeva una certa coerenza e implicava una sorta di tenace durata. Anche troppo tenace, si dirà. Ma stava proprio qui la chiave di quella esperienza. Che ebbe la fortuna di svolgersi così a lungo dai banchi di governo. Ma che occupò quei banchi così a lungo appunto perché s’incaricò di dar voce a un’idea del paese che fondamentalmente rimase sempre quella. Un’identità complessa, si dirà. Anche troppo. Ma appunto un’identità. E non un camaleontico vestire e svestire i propri panni a seconda del variare delle circostanze.
Per questo credo che Meloni – che ha una sua identità e una sua coerenza – non sia affatto “democristiana”, né possa mai diventarlo, né lo desideri, né vi somigli affatto, neppure nei frangenti in cui indossa vesti più castigate. Piuttosto, verrebbe da suggerire a tutti di non fare un ricorso così disinvolto a paragoni così impropri. Giacché la storia andrebbe rispettata e tenuta più da conto. E se nella loro saggezza i vecchi democristiani riconoscono che la Dc non tornerà più, essi si vorrebbero almeno vedere risparmiata la caricatura di tanti loro eredi spuntati da chissà dove. Che poi eredi non sono, e a cui non si può né si vorrebbe consegnare alcun bene di famiglia.