di Alfredo Morganti – 16 febbraio 2018
Ci sono voluti otto voti di fiducia per fare una legge elettorale pessima. Per altro, se ne avessero invece discusso in Parlamento, quella legge sarebbe stata senz’altro migliore. La dialettica democratica fa bene ai provvedimenti, altro che i diktat della maggioranza soprattutto in materie così delicate. Adesso Renzi si lamenta che il Rosatellum sarebbe troppo complicato. Buongiorno Sindaho, sarebbe da dire. E sapete perché complicato? Io credo perché il meccanismo delle coalizioni è uno schifo. Se i coalizzati non superano l’1% non prendono seggi, ma se non superano successivamente anche il 3% cedono i loro consensi al partito leader del rassemblement. Il PD(R) due conti se li era fatti. Ha sperato che i suoi alleati superassero tutti l’1%, ma non facessero boom, ossia non andassero oltre la soglia del 3. In questo modo avrebbe fatto mano bassa dei loro seggi potenziali, che sarebbe divenuti a tutti gli effetti seggi del PD(R).
Una coalizione a ‘prendere’, insomma. Bonino e gli altri avrebbero fatto da specchietto delle allodole (per ‘allodole’ si intendono gli elettori del centrosinistra che non avrebbero mai più dato voti al PD(R), ma sarebbero rimasti in orbita democratica votando la Bonino o Bonelli, come accadeva al Partito dei Contadini in Polonia quale gregario del POUP). Una coalizione finta insomma, di convenienza, col trucco, che serviva a drenare voti sotto false spoglie, per riportarli surrettiziamente a casa. Usciti dalla porta, i consensi al PD(R) rientravano dalla finestra radicale o verde. Una specie di truffa politica. Ovviamente, il mancato conseguimento di seggi, sarebbe stato compensato da alcuni seggi ‘sicuri’ agli alleati nell’uninominale (tipo quello a Casini nella ex città comunista d’Europa, come cantavano gli Scritti Politti).
Ora che accade, però? Che, da sondaggi e umori, la Bonino ‘rischierebbe’ di superare il 3% e Bonelli e la Lorenzin di non arrivare all’1%. In entrambi i casi, a Renzi non perverrebbe nulla di nulla in termini di seggi aggiuntivi rispetto a quelli conquistati direttamente dal PD(R). Ecco la complicanza di cui il segretario si lamenta. A Roma diremmo la sóla (con la ‘o’ aperta). La coalizione di centrosinistra è nata con una sola finalità, quella di favorire il PD(R). Ma, affinché sia così, i consensi degli alleati dovrebbero mantenersi nel range 1-2,99%. Perché se la Bonino superasse quota 3% sfilerebbe al PD(R) non solo i seggi sicuri pattuiti per il servizio graziosamente offerto, ma anche quelli del listino proporzionale strappati con l’oltrepassamento della soglia. Sarebbe seggi tolti di fatto al PD(R), che vedrebbe così decrescere la sua già scarsa quota, senza alcuna speranza di essere il primo gruppo in Parlamento, in nome del quale chiedere a Mattarella la riconferma di Gentiloni a Palazzo Chigi, se non il mandato esplorativo a Renzi stesso. Addio larghe intese, insomma, e sogni di gloria.
Il Rosatellum si dimostra così una legge davvero pessima. Perché soggetta a trucchi e trucchetti, che la rendono incapace di rispecchiare i rapporti di forza esistenti nel Paese, lasciando campo libero ai marchingegni. Pensate al caso di una capolista donna (non faccio nomi) in cinque collegi, che già gode di un seggio uninominale sicuro. Nei cinque listini che guida, acquisito il seggio ‘sicuro’, farà spazio ai cinque uomini che seguono in seconda postazione, divenuti di fatto capilista, ribaltando il principio della parità di genere. Nata nominalmente nel nome della parità, appunto, questa legge diviene paradossalmente artefice del sessismo, con la donna utilizzata da ‘maschera’ per fare spazio agli uomini.
Se non ci penserà prima la Consulta, questa legge dovrà comunque essere cambiata al più presto. Io credo che l’alternativa sia una sola: una legge proporzionalissima, senza premi, senza trucchi, con due preferenze (donna e uomo) in collegi di medio-grandi dimensioni. Senza mandati a nessuno su nessun incarico istituzionale. Alleanze in Parlamento, alla luce del sole, su proposte chiare e trasparenti. Fase costituente, per una nuova legge elettorale. Punto. È l’unico modo per veder rinascere i partiti, almeno nello spirito e nella cultura politica. Il primo passo per rivedere successivamente sedi, comunità, identità. Non è nulla di speciale, sono tutte cose che abbiamo già visto in Italia con la Resistenza e con la rinascita della democrazia. E che per trenta anni hanno funzionato, almeno sino alla Seconda Repubblica, che, ora si può dire, fu il male. Cambiano i tempi, ma non il bisogno di politica e democrazia. Checché se ne dica.