di Antonio Gaeta – 15 maggio 2018
Ho concluso la 2′ parte di questa ricerca con la frase di Nietzsche: “Allora gettiamo uno sguardo sull’«essenza del dionisiaco», resaci ancor più vicina dall’analogia con l’«ebrezza».”
A questa affermazione Nietzsche fa seguire una descrizione delle manifestazioni, dei rituali dionisiaci (di cui dirò nella IV parte) e dei suoi significati, che per molti aspetti conducono alle culture matrilineari, esisistite prima delle invasioni dei popoli indoeuropei (o ariani). Su queste la ricerca antropologica e archeologica ha saputo riempire un vuoto di conoscenza, grazie anche a dettagliate pubblicazioni (5).
Ciò che qui interessa evidenziare é lo sviluppo ideale, mitologico, artistico e religioso dei popoli eredi delle invasioni indoeuropee, in relazione con la qualità e quantità di testimonianze relative alle civiltà pre-ariane e, quindi, pre-storiche. Su questo Robert Graves, l’enigmatico scopritore delle manipolazioni subite dai miti greci (6), aprì uno spiraglio in un muro, non ancora sostituito con una porta condivisa e resa percorribile a tutti.
Graves, un grande della saggistica europea, infatti, ha permesso di capire come i rozzi e incolti invasori ariani dell’Antica Europa (Marija Gimbutas), fecero ricorso alla manipolazione dei miti matrilineari, per affermare il loro dominio (divenuto in tal modo aristocratico) sui dominati.
Come sempre nei percorsi antropologici, a poco valsero gli stermini e le devastazioni ai danni delle pacifiche civiltà pre-storiche dell’Antica Europa. Ciò che si rivelò determinante per affermare saldamente e perpetuare il dominio ariano fu la propaganda, che allora prese la forma dell’imposizione di nuove credenze religiose, finalizzate a capovolgere tutta la concezione matrifocale della vita e del mondo.
Una ricerca più vasta e approfondita rivelerebbe come l’esperienza vissuta dai Pelasgi, resi schiavi da Achei, Ioni, Eoli e Dori, fu vissuta anche dalle popolazioni del Nilo e della Mesopotamia.
Non potendo ancora ragionare sul vasto campo di ricerca che si intravede, comincerò a mettere insieme pezzi di Archeologia, di Mitologia e di Storia, che consentono di evidenziare sconosciute e sopravvissute continuità culturali tra civiltà europee pre-storiche e civiltà classiche agli albori dell’antica Grecia: punto di partenza della Storia d’Occidente.
A tal fine ho capito che il mito di Dioniso costituisce un ottimo filo conduttore, che permette di comprendere maggiormente l’origine di alcune significative manifestazioni culturali sopravvisute o riemerse in Europa, anche in epoca medioevale e moderna.
Nel suo più recente saggio dedicato a “Le dee e gli dei dell’antica europa” (Stampa Alternativa) Marija Gimbutas scrive che : “Dioniso é un dio preindoeuropeo di grande antichità. Il suo culto in Grecia é testimoniato da templi, sculture falliche e descrizioni di processioni, che portano enormi falli, fino al II secolo a. C.. omissis. Discutere della provenienza del greco Dioniso é inutile; infatti, sia la Tracia, sia Creta e l’Asia Minore occidentale sono terre che appartengono alla stessa cultura madre.
Dioniso era un dio toro (7), signore della rigenerazione annuale, pervaso dall’urgenza della natura e per questo traboccante di virilità. Non a caso fu il dio prediletto dalle donne.
L’abbondanza di falli nelle feste dionisiache, nelle sculture in prossimità dei templi e di fronte alle case, suggerisce che gli antichi Greci (sebbene occore definire quali e di quali epoche, ndr) fossero non meno travolti dalla magia fallica degli abitanti dell’Antica Europa. Il dio-toro, infatti, era vivo anche in molte aree (e particolarmente in Macedonia), all’epoca di Euripide, le cui Baccanti (8) contengono numerose epifanie taurine.. omissis.
Poiché molti elementi delle feste del dio dell’anno sono presenti nell’arte scultorea dell’Antica Europa, non sembra irragionevole ipotizzare che eventi di questo genere si svolgessero già in tutta l’Europa neolitica e calcolitica. Probabilmente l’idea centrale delle rappresentazioni rituali, le «nozze sacre» (yerosgamos, ndr), ovvero il coito rituale del dio maschile e della dea femminile si riflette nella piccola scultura di Cascioarele (fine del V millennio a. C.). La statuina appartiene al complesso Gulmenita (calcolitico) nei Balcani orientali..omissis. Accanto a un dio ittifallico (con pene eretto) essa non mostra una dea gravida, ma una giovane vergine, nuda con grande triangolo pubico.”
Si tratta, quindi, di omaggio alla sacralità del rapporto sessuale, quale presupposto della creazione di nuova vita. Su questo stesso argomento Riane Eisler nel suo considerevole saggio “Il piacere é sacro – Il potere e la sacralità del corpo dalla preistoria ad oggi” scrive: “L’identificazione del sesso, e in particolare del potere creativo della donna, quale elemento centrale dei cicli della nascita, della morte e della rigenerazione (5), é pure un tema di notevole portata nella fase successiva dell’evoluzione culturale, che nella preistoria dell’Occidente inizia circa 10.000 ani fa con il neolitico e la tenologia più importante creata dall’umanità: l’agricoltura. “
Lo stesso James Melleart (9) afferma che si riscontra una notevole continuità delle immagini religiose nel passaggio dal Paleolitico al Neolitico. Egli scrive, infatti, che ritroviamo statuette femminili che rappresentano i poteri dell’universo di dare e mantenere in vita. Ritroviamo, poi, anche l’accoppiamento dei principi feminile e maschile. Tale accoppiamento assume talvolta forme che a prima vista ci sembrano bizzarre: il principio maschile é di frequente simboleggiato da un animale cornuto.
Ad esempio, a Catal Hujuk (il più grande sito agricolo neolitico finora scoperto) vediamo un succedersi di scene in cui la Dea compare assieme a raffigurazioni di corna di toro (bucrani) o di tori. Mellart precisa che i bucrani rappresentavano molto probabilmente lo sposo o il figlio della Grande Dea, in quanto campione della potenza sessaule maschile. Quindi egli osserva che ci troviamo di fronte a una convenzione artistica, che adombra immagini più tarde del dio-toro, venerato in epoca storica.
Una delle più affascinanti opere d’arte rinvenute presso Catal Huyuk é il bassolrilievo con una donna e un uomo abbracciati, accanto ai quali si nota una donna con bambino tra le braccia. A questo proposito Mellart scrive che:”Potrebbe trattarsi di una delle più antiche rappresentazioni di ‘yerogamia’, il matrimonio sacro, rito dell’unione sessuale sacra, che sopravvisse come un importante tema mitico fino all’epoca storica.” (10)
In questo passaggio delle riflessioni di James Mellart ritroviamo confermate le ipotesi di Marija Gimbutas e della stessa Riane Eisler sulle sconosciute e sopravvissute continuità culturali tra civiltà europee pre-storiche e civiltà classiche dell’antica Grecia.
Parliamo, quindi, di «epoca storica», della quale «il ritorno di Dioniso» (Nitizsche) rappresenta una faccia del dualismo antropologico, di cui ho già scritto, essendo l’altra faccia rappresentata da Apollo e in particolare dalla cultura dorica (diffusa dai Dori), come vedremo nella IV parte.
NOTE:
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(5) – Marija Gimbutas: “Il linguaggio della Dea” (Stampa Alternativa); “La civiltà della Dea” (Stampa Alternativa); “Le dee e gli dei dell’Antica Auropa” (Stampa Alternativa);
Heidi Goettner-Abendroth: “Le società matriarcali” (Edizioni Venexia);
Riane Eisler: “Il calice e la spada” (Edizioni FORUM); “Il piacere é sacro – Il potere e la sacralità del corpo” (Edizioni FORUM);
Luciana Percovich: “Oscure Madri Splendenti” (Edizioni Venexia);
Antonio Gaeta: “Le civiltà matrilineari europee” (NuovaAtlantide); “Il mondo dell’Antica Europa” (NuvAtlantide); “Le origini della scrittura in Europa” (NuovAtlantide); “Metamorfosi di Athena, la grande dea di Atene” (NuovAtlantide); “Una storia nella preistoria europea – Le ipotesi Kurgan e Atlantide” (NuovAtlantide); “Il potere della rinascita” (NuovAtlantide); “L’antica centralità sociale della donna” (NuovAtlantide).
(6) Robert Graves: “I Miti Greci” (Longanesi & C:).
- (7)- L’identificazione divina con un animale risale al lontano Paleolitico e proseguì per tutto il Neolitico. Vedi l’Arte Magica di Andrè Breton (Adelphi).
- (8)- Antonio Gaeta: “Le Baccanti: figlie orgiastiche della grande Dea” (NuovAtlantide).
- (9)- Mellart James: “Catal Huyuk” (McGraw-Hill, New York 1967).
(10) – Numerose descrizioni di rituali relativi allo ‘yerosgamos’ sono riportate nella vasta ricerca di società matrilineari condotta da Heidi Gottner-Abendroth in tutto il pianeta