L’umanità verso l’apocalisse?

per Giorgio Pizzol
Autore originale del testo: Giuliano Varnier
Fonte: Facebook
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“Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro,
sono i poveri a morire”. Jean Paul Sartre
Giuliano Varnier , 3 ottobre 2024

 

LA CORSA SFRENATA VERSO IL MAELSTROM

Prima l’attacco di Israele in Libano e l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, ora l’attacco missilistico dell’Iran.

Sembra che il leader di Hezbollah avesse appena accettato il piano Usa-Francia per fermare i bombardamenti sul nord di Israele e concordare una tregua. Assassinarlo ha permesso a Israele di ignorare l’accordo e di continuare la guerra. E a quanto sembra siamo solo “nel mezzo del cammin” verso l’inferno. Il mondo sembra irresistibilmente attratto dal Maelstrom, l’immenso gorgo marino che inghiotte ogni cosa. I dirigenti delle maggiori potenze hanno smarrito ogni idea di diplomazia. L’unica parola che conoscono è guerra. L’Onu è un’organizzazione priva di poteri e le grandi potenze fanno di tutto per indebolirla ulteriormente. Israele si è permessa persino di dichiarare il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, persona non gradita. Ma contro questa prepotenza inammissibile non c’è stata nessuna sanzione.

L’Europa è una larva sullo scenario internazionale. Tutto ciò che sta accadendo viene da lontano, ed è cominciato ben prima dell’orribile strage compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023, alla quale sono seguiti lo sterminio, tuttora in corso, di oltre 42mila civili palestinesi a Gaza, gli eccidi continui da parte dei coloni israeliani in Cisgiordania, con la protezione dell’esercito, l’uccisione a Teheran del leader di Hamas Ismail Haniyeh, un atto compiuto provocatoriamente in uno Stato sovrano quasi per costringerlo a reagire. Con le cosiddette uccisioni selettive Israele fa centinaia di morti innocenti nell’indifferenza di chi avrebbe il potere di fermarlo. Il governo di Israele cerca la guerra sapendo che, volenti o restii, gli Stati Uniti dovranno armarli ed assecondarli. Ma la storia di questo dramma infinito potrebbe andare ancora più a ritroso. Potremmo partire dal 1948 o anche prima. I gruppi dirigenti israeliani non hanno mai saputo, o voluto, trovare non dico la pace e l’armonia con i palestinesi e il mare di arabi che gli stanno intorno e soprattutto con i palestinesi, ma nemmeno hanno cercato un modus vivendi che consenta di arrivare ad una distensione tra popoli e culture diverse. E certamente delle responsabilità le hanno anche i Paesi arabi e musulmani, che si sono ostinati a non capire che con quella presenza, considerata estranea e imposta, avrebbero dovuto convivere.

Lo sterminio degli ebrei compiuto dai nazifascisti e le stragi perpetrate nella storia dai cristiani vengono fatte espiare a chi con quelle tragiche vicende non c’entra affatto. Naturalmente, rispetto al passato, le tensioni si sono aggravate con il prevalere da una parte e dall’altra dell’estremismo religioso, sia quello dei fondamentalisti ebrei che quello dei musulmani.

La vecchia Olp di Yasser Arafat, sostanzialmente laica, è stata dissanguata e ridotta ad una larva impotente. Il suo leader è stato avvelenato da chi era interessato a farlo tacere. Forse l’unica figura che potrebbe ridare vigore all’Olp sarebbe Morwan Barghuthi, che è detenuto da 24 anni nelle carceri israeliane. Ma Netanyahu ha preferito in questi anni sostenere e finanziare Hamas in funzione anti Olp e i risultati sono di fronte a tutti. Ha copiato la tattica, alla fine dimostratasi suicida, degli americani, che hanno armato e finanziato in Afghanistan i talebani in funzione antirussa. Poi ovviamente Bin Laden ha morso la mano che lo ha alimentato. Anche la vena sostanzialmente trattativista e con venature socialiste di Yitzhak Rabin, che era un laburista, è stata stroncata. Persino un militare, un duro come Moshe Dayan diceva ai suoi che “il peggior castigo che possiamo infliggere ai nostri nemici palestinesi è costringerli a mangiare il rancio dei nostri soldati”. Ora invece assistiamo a torture e alle peggiori vessazioni. Certo rimangono ancora in Israele e tra le comunità ebraiche sparse nel mondo dei giudizi fortemente critici rispetto a quanto sta avvenendo.

Tanti ebrei provano ribrezzo, ricorrendo spesso a forme di lotta più decise di quelle dei non ebrei, per la brutalità della risposta a ciò che è accaduto il 7 ottobre. Ma davvero Netanyahu non era informato di quell’attacco? Pare che il Mossad lo avesse avvertito.

Non sarebbe la prima volta nella storia che si finge di non sapere che sta per arrivare un attacco, per giustificare crudeli ritorsioni funzionali al proprio disegno di dominio territoriale. La guerra sembra rafforzare la politica oltranzista del governo della stella di Davide. Netanyahu e il suo gruppo dirigente stanno portando Israele verso il baratro. Mai in questi decenni c’è stato in tutto il mondo un tale livore, un tale odio persino, contro lo Stato di Israele, che poi rischia di estendersi agli ebrei in quanto tali. Israele può vincere militarmente avendo alle spalle gli Stati Uniti e il loro satellite inglese, ma con quali conseguenze destabilizzanti non soltanto per l’area mediorientale, ma per il mondo intero?

Ormai il governo di Netanyahu ha scelto la strada dello scontro totale, che significa: nessuno Stato palestinese indipendente, né a Gaza né in Cisgiordania; liquidazione di tutti i potenziali avversari sia in Libano, che in Siria, in Iraq, in Yemen; soprattutto rovesciamento del governo degli Ayatollah in Iran.

È stato evocato persino il vecchio slogan di Bush “combattere contro l’impero del male”. L’Iran è certamente uno Stato autoritario, intriso di fanatismo religioso. Uno Stato che opprime le donne. Uno Stato che, come ha fatto Israele sostenendo Hamas in funzione anti Olp, favorisce anche perversi gruppi terroristici per raggiungere i suoi scopi di supremazia nell’eterno scontro tra sciiti e sunniti. Ma non sono certamente le presunte democrazie occidentali che hanno l’autorità morale per sovvertirne l’ordine, soprattutto ora che alle elezioni è prevalso un rappresentante moderato che potrebbe contribuire a cambiare il regime degli ayatollah. Forse è questo possibile cambiamento che infastidisce: è molto più utile avere un nemico estremista.

Ora la questione rischia di esplodere in modo incontrollato e con conseguenze imprevedibili. La risposta missilistica alle provocazioni israeliane, che pare anche questa volta concordata con gli Usa per limitarne gli effetti, è stata diversa e più efficace di quella del 13 aprile scorso, dopo l’uccisione a Teheran del leader di Hamas Hanyeh. Questa volta non hanno lanciato confetti, ma missili balistici ipersonici. Centottanta missili, alcuni dei quali sono andati a segno. Secondo gli esperti, se aumenta il numero dei lanci, il sistema di difesa israeliano può andare in tilt. Si tratta dunque di un serio avvertimento.

Non so quale forza militare abbia l’Iran e se sia in grado di rispondere da solo con efficacia al certo attacco di risposta di Israele. Sono possibili attacchi ai siti nucleari, oppure a strutture economiche strategiche per l’Iran, come i pozzi petroliferi. E non so quanto gli americani abbiano il potere di limitarne gli effetti e di porre delle briglie alla tracotanza del governo Netanyahu. Diffido per istinto dei proclami di Paesi a guida religiosa, in questo caso entrambi. Però non credo che in questi mesi gli iraniani non si siano preparati all’eventualità dello scontro diretto. Sanno che Israele reagisce sempre. L’Iran produce droni per la Russia. Robetta.

Ma è certo che i missili lanciati questa volta non erano bigliettini da visita. Probabilmente sono stati forniti dalla Russia, che può avere messo a disposizione anche qualcosa di più consistente.

Se gli americani sono dietro Israele, certamente Russia e Cina non sono indifferenti alle sorti del loro maggiore alleato nell’area.

Gli americani, pur alle prese con elezioni dall’esito incerto, non possono abbandonare la loro sentinella nell’area, anche se non hanno più la forza di un tempo, perché stanno attraversando anche loro una crisi profonda del ruolo di supremazia che hanno avuto dopo la fine della Guerra Fredda, e sono costretti a subire i ricatti di Netanyahu.

Harris o Trump, pur nelle loro diversità, non saranno comunque più gli arbitri insindacabili del mondo intero. E non lo saranno nemmeno in questo conflitto.

Dall’Ucraina al Medioriente si rischia di incendiare il mondo.

E a pagarne il prezzo ovunque sarà, come già avviene, la povera gente. Le guerre dei potenti sono sempre a carico di chi non ha potere e quelle guerre non le ha volute.

Solo una grande mobilitazione internazionale per imporre ai potenti la trattativa e la pace può fermare il mondo prima che precipiti nel Maelstrom.

Giuliano Varnier 3 ottobre 2024.

 

 

 

 

 

 

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