di Marianna Sturba – 26 ottobre 2018
In Italia non si deve abortire, non si deve divorziare, non si ospitano migranti, non si fanno mangiare i poveri nelle mense scolastiche. Semplificazione? Populismo? Forse, ma se si entra nel vivo delle vicende, aggiungendo qualche particolare, l’assunto di partenza resta lo stesso: stiamo raccontando un’Italia diversa… nuova. Questa l’immagine che si sta dando del nostro paese, questa l’involuzione culturale a cui stiamo assistendo.
Avete letto la proposta Pillon? Quella che cerca di regolamentare la procedura che porta al divorzio, inventando nelle parole di voler difendere i bambini da mamme egoiste ma che in realtà ha una struttura adultocentrica, tale da dimenticare completamente il bene del bambino?! Sapete che oggi una coppia che si separa stila insieme agli avvocati un piano organizzativo della gestione dei bambini, con l’intento di incentivare la relazione con il genitore che ha cambiato casa dando priorità alla serenità del minore, e con l’obiettivo di dividere equamente i beni in comune. Sapete anche che, fatta eccezione per qualche caso esasperato, si tende a mantenere gli equilibri che erano già in essere nella vita dei minori, per cui un padre sempre molto presente, chiede ed ottiene una divisione equa del tempo da passare con i bambini, mentre un padre distante fisicamente o sempre poco presente, vuole il week end e basta. Insomma grazie alla grande professionalità degli avvocati, che mediano continuamente le richieste dei clienti, e lo sguardo attento dei giudici che cercano di esercitare una posizione super partes, ad oggi la gestione dei bambini cerca di riprodurre gli equilibri già in essere nella coppia provando anche a colmare qualche carenza educando, attraverso l’obbligo alla cura, quel genitore poco presente. Ci sono splendidi esempi di affidamento condiviso al 50% che funzionano benissimo e altrettanti esempi di modulazione del tempo a favore di uno dei due genitori che danno ottimi risultati. In poche parole ad oggi, cercando di consentire al minore di passare lo stesso tempo con entrambi i genitori, si cerca una modulazione che rispetti le pre esistenti abitudini del minore ed i suoi equilibri.
Con il Decreto Legge Pillon nr 735/2018 cambia radicalmente. Ci troviamo davanti ad una proposta piena di assunti e di diktat ai quali non si può opporre nulla. Iniziamo con l’obbligo di sottoporsi a mediazione familiare per 6 mesi, con il chiaro compito di salvare il matrimonio, con tutti i costi a carico della famiglia, costi che il più delle volte risultano insostenibili già da una famiglia di ceto medio. In questo periodo si dovrebbe insieme, quando insieme non si vuol star più, cercare di diramare i punti nevralgici della crisi familiare e strutturare la divisione della gestione dei figli. Passati questi sei mesi, se, come immaginiamo, non si sarà trovata la soluzione condivisa, di ufficio la pratica sarà affidata ad un “coordinatore genitoriale” che deciderà per tutti. E allora via alla massificazione delle soluzioni, via agli affidamenti condivisi in qualsiasi situazione, perché entrambi i genitori devono essere presenti alla stessa maniera. Una riflessione, banale, semplice, accessibile a chiunque è: ma se pensate alla vostra famiglia d’origine a quando eravate figli, o se pensate alle vostre esperienze di genitorialità, potete dire che i carichi erano o sono distribuiti al 50%? Vi sembra che tutte le situazioni che conoscete raccontano di famiglie con genitori presenti ed operativi nella stessa maniera. Pensate che basti scriverlo su una carta perché si avveri una distribuzione equa anche dei carichi familiari?
Sorvolo la complessità dinanzi cui ci troviamo se poi nella famiglia sono presenti presunti così di violenza o abuso. Ad oggi si attua una soluzione di salvaguardia che si scioglie dopo il pronunciamento del giudice, dopo invece con la legge Pillon, comunque parte l’affitto condiviso in barba a qualsiasi tutela. Su questo non occorre nemmeno esprimersi……è chiaro che si vuol operare un’azione culturale che racconti le donne come manipolatrici e visionarie, che raccontano di violenze inesistenti pur di far male ai mariti. Peccato che in mezzo a questo braccio di ferro culturale, in cui da una parte ci sono le donne raccontate come streghe e messe sul rogo, e dall’altra donne che dichiarano solo di prendersi cura dei propri figli, ecco in questa dimostrazione di muscoli, nel mezzo ci siano i bambini. Piuttosto smettiamola di considerare i bambini pacchi postali, che vivono in due case, con due armadi diversi, e quando dico armadi intendo vestiario, sì perché molti bambini che vivono in due case la mattina si domandano ” Che colore avevo la felpa oggi? È mercoledì sono da papà allora è verde”, con librerie diverse; molti di questi bambini arrivano a scuola senza libri perché “i libri sono da papà e io ho dormito da mamma”, che prima di dire un sì a qualsiasi proposta devono domandarsi che giorno sarà e quindi a chi dovrà chiedere il permesso.
E i genitori? Sono confusi, in lotta con un perenne senso di colpa perché la gestione del tempo e degli impegni in questa maniera sono ancor più stressanti. Questo è il bene dei minori? Questo è dare stabilità? Perché se sono i genitori a lasciarsi, diventano i bambini i “senza fissa dimora”? Perché non ragioniamo allora sulla possibilità di far ruotare la presenza dei genitori all’interno della casa dei figli? Proposta provocatoria, con la funzione di ricordare che ciò che “salva” il bambino e il ragazzo da tutti i mali della società è la stabilità , la chiarezza dei punti di riferimento, non altro.