di Riccardo Achilli 25 ottobre 2015
Purtroppo, piaccia o meno, in questo Paese la sinistra da sola non riesce ad andare al governo da sola, se non riesce a coalizzarsi con componenti politiche che rappresentano pezzi di ceti medi moderati indisposti a sostenere destre demagogiche o il grillismo. Quindi, ovviamente, se esiste ancora e non è stato ingoiato dalla sua crisi, il cattolicesimo sociale sarà inevitabilmente un interlocutore. Però la situazione sociale italiana non è più quella del 1996, e nemmeno quella del 2001 o del 2007, che in qualche modo giustificavano esperimenti come l’Ulivo e l’Unione, ed il tentativo successivo di aggregare in un unico partito i due filoni cattolico progressista e socialdemocratico. I ceti medi sono stati assottigliati dalla crisi, i divari sociali si sono scavati, il tema dell’europeismo vs il sovranismo è diventato centrale, gli avversari sono diversi, perché se Renzi tende a sostituire la proposta politica berlusconiana, anche se con differenze sul piano ad es. dei diritti civili, emergono destre nazional sociali e movimenti di protesta con letture sociali non più di classe, come Grillo. E ricordiamo che, fintanto che l’Italicum sarà quello che è oggi, rende impossibile fare le coalizioni e difficile reggere alla sfida elettorale con i listoni omnibus. Tutto questo rende assurdo riproporre strade del passato. Che esse siano un ulivismo 2.0, come pensano Civati o D’Attorre, o che siano un tentativo di riprovare a fare un pd numero 2 dopo l’aborto del numero uno, come pensano certe aree di estrazione ex popolare messe fuori gioco da Renzi. Così come è poco comprensibile l’idea di Monaco di fare una scissione di facciata, per poi allearsi con il Pd. Quand’anche il congresso lo vincesse un Rossi o uno Speranza nel 2017, vincerebbe con la non ostilità dell’area renziana largamente maggioritaria, in un partito geneticamente cambiato fino alla sua base, dove nemmeno si discute più. Io credo, naturalmente è la mia sommessa opinione personale, che l’unica strada percorribile sia quella della linearità e della coerenza. Le componenti cattoliche e prodiane, e i fuoriusciti dal Pd con una visione più centrista, o, diciamo, socioliberale, si facessero il loro soggetto politico, per parte nostra noi dovremo lavorare sulla nostra proposta, senza guardare a loro, ma a noi, ed a sviluppare le idee che Fassina enuncia, che delineano un chiaro programma ed una chiara direzione, anche in ambito europeo. Dopodiché, se vi saranno le condizioni, se ci saranno convergenze significative sul che fare, se la legge elettorale cambierà in modo tale da consentire coalizioni, oppure se sarà possibile lavorare insieme in sede locale, si faranno le alleanze necessarie per evitare la ridotta minoritaristica. Ma una alleanza stabile tipo ulivo, o un tentativo di far nascere una seconda volta il bambino abortito la prima, sono antistoriche. Non siamo più nella fase in cui dobbiamo gestire la coesione di una società benestante e liquida di ceti medi poco differenziati che chiede più autonomia, come negli anni novanta. Siamo nella fase in cui dovremo uscire dal disastro economico e sociale che ci ha riportati indietro di quarant’anni. Come diceva Marx, la storia si ripete spesso una seconda volta, ma sotto forma di farsa.