Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Lui, lei e il PD
Da una parte, uno della nomenclatura correntizia, un ex tutti, un uomo dell’apparato, delle amministrazioni oggi chiamate tutte a raccolta, uno che per territorio intende comuni, regioni, comunità montane, uno che sta stringendo accordi di scambio con altri pezzi di nomenclatura alla faccia della costituente, che ha il renzismo intriso nella sua cultura politica (così com’è per un pezzo rilevante del suo partito, ormai) e che si muove come un carrarmato nel campo di croci che è il PD post voto.
Dall’altra, una ragazza cresciuta nel modo americano di far politica, che della storia politica italiana sa poco o nulla o fa finta di non sapere, una che punta sul voto d’opinione ed è a suo agio sui diritti civili ma chissà su quelli sociali, una che non ha foto quotidiane, spontanee, a quanto pare, ma solo ritratti in posa (come mi diceva Giorgio in una telefonata), una che ha i suoi modelli politico operativi oltre oceano, non qui, una che parte dalla comunicazione e chissà se arriva alla politica.
L’uno e l’altra. Eppure al PD servirebbe un candidato (più che un autocandidato) diverso da entrambi. Radicato nel partito e nel sociale più che nelle amministrazioni che controlla, una donna-uomo “politico” piuttosto che tout court “di governo”, una persona che i luoghi del disagio li conosca per frequentazione e non per sentito dire, che non si senta “capo” di alcunché ma primo tra pari, che dia alla comunicazione lo spazio che merita e non di più, che non si rivolga solo e sempre ai ceti riflessivi, ai cervelli in fuga, a quelli bravi, a quelli meritevoli, ai benestanti, alle “belle persone”, ai produttori (chiunque si intenda con questo termine), ma capovolga la sua visione e finalmente ribalti la piramide e ponga in cima ultimi e penultimi, anche se sono brutti, sporchi e cattivi. Incolti e immeritevoli, rozzi e poveri. Lavoratori manuali non solo intellettuali.
Il punto è che non so se il PD sia un partito ancora in grado di generare un tipo di classe dirigente (e persino di militanza di base) con questa sensibilità e cultura. Una volta borghesi, colti e benestanti nel PCI erano dalla parte degli operai, ne subivano l’egemonia, ne erano gli intellettuali organici. Oggi persino gli operai non sanno più da che parte stare. È questa la tragedia politica che né Bonaccini né Schlein sembrano in grado di affrontare con successo. Una tragedia di cui, anzi, sono figli legittimi entrambi.