Luciano Canfora: “Oggi non c’è più una forza moderata ma ancora legata all’eredità della Resistenza, qual era la DC, e ci sono destre nuove aggressive, ignoranti e attualmente al governo”

per Gian Franco Ferraris
Una intervista A Luciano Canfora (Video) che è come una lectio magistralis sul significato del 25 aprile.
(intervista del 24 aprile 2022)
Trascrizione di Giovanna Ponti
“Sono convinto che potremmo cavarcela con poche parole per le verità semplici. Però siccome ci troviamo davanti ad una situazione ben diversa da quella che vorremmo, in cui alcuni pilastri vengono messi in discussione o addirittura vilipesi, bisogna ricominciare da capo e ripetere alcune cose fondamentali ai giovani.
Alcuni dicono, ed è un ritornello che ci viene inflitto, che il fascismo non esiste più ed allora non ci vuole neanche l’antifascismo. Sembra Bertoldo il quale era felice quando uno sterpo gli aveva ferito un occhio e lui disse: “per fortuna ho l’altro occhio”.
Ecco questo tipo di saggezza finta ed elementare è pericolosa.
Non è vero che il fascismo è finito, non si sa bene se quel 25 luglio de 1943 o con il 28 di aprile ’45 con l’uccisione di Mussolini.
Non è vero.
La cosa è dimostrata dal fatto che la vita della nostra Repubblica dal primo momento è stata insidiata dalla sopravvivenza del fascismo dentro, annidato nelle istituzioni, i cardini fondamentali della pubblica sicurezza.
Facciamo degli esempi.
Quando è diventata festa civile il 25 aprile? Lo è diventata con una decisione del Parlamento nel maggio del 1949, non subito dopo la Liberazione. La discussione fu molto aspra, in Parlamento sedeva ed aveva un suo posto il Movimento Sociale il cui capo si chiamava Almirante. La discussione si svolse fra l’altro sul seguente argomento: il MSI propose che il 25 aprile si festeggiasse la nascita di Guglielmo Marconi e, poiché questo apparve risibile, allora fu proposta una sorta di patteggiamento con la parte del Movimento Sociale. Il 20 settembre? E perché non l’11 febbraio, cioè la data del Concordato di Mussolini con la Chiesa?
Ma perché poteva parlare, intralciare il lavoro parlamentare, mettere in discussione la data del 25 aprile il capo dei missini?
Perché aveva ottenuto cittadinanza dalla tolleranza colpevole delle forze di maggioranza le quali avevano conseguito il 18 aprile 1948 un grande successo elettorale.
Nei giornali di oggi, troviamo che in una testata piuttosto influente, che si stampa a Milano e che è proprietà dell’ex-cavaliere Berlusconi, si propone di cancellare il 25 aprile e di sostituirlo con il 18 aprile ( le prime elezioni del 1948).
Non è una proposta nuova in realtà perché questo concetto si legge in una pubblicazione ufficiale del poligrafico dello Stato del 1955 in cui si dice che l’intero coronamento della Liberazione furono le elezioni del ’48 perché sconfissero il Fronte Democratico Popolare: ecco la radice della divisione.
La guerra di Liberazione è stata condotta da formazioni militari, spontaneamente fondate e sapientemente guidate da molte forze politiche.
L’accusa ridicola ai comunisti di avere monopolizzato la Resistenza è una sciocchezza.
C’erano le formazioni Garibaldi che erano certamente molto numerose e molto organizzate, disciplinate e consapevoli dei limiti dell’azione che si svolgeva; ma c’erano la formazione Matteotti del Partito Socialista; c’erano le formazioni di Giustizia e Libertà che rispecchiavano un piccolo partito, il Partito d’Azione, ma diedero un contributo enorme alla lotta di Liberazione, pagandolo di persona; ma c’erano anche, non molto numerose ma presenti, le formazioni cattoliche, c’è un partigiano cattolico che è stato fucilato dai tedeschi, che si chiamava Teresio Olivetti, autore della “Preghiera del Partigiano”, uno dei testi più accesi e più coraggiosi della letteratura della Liberazione; e c’era anche la Brigata Ebraica che ha dato un contributo, le polemiche sono sorte dopo, nascono da delle vicende successive, ma allora fu una presenza importante. E c’era il contributo dei militari, dei militari che si rifiutarono di essere convogliati nella Repubblica Sociale o peggio di essere portati in Germania in condizioni di semischiavitù.
La Resistenza fu un processo corale, Furono tante forze tutte insieme ed è chiaro che ognuna corrispondeva ad una forza politica.
C’è un libro al quale io richiamo soprattutto i giovanissimi perché, non per colpa loro, tante cose non sanno, ma hanno tutte le forze per impararle, un libro molto bello, breve, scritto da un grande dirigente politico, che si chiamava Pietro Secchia che insieme a Luigi Longo fu il capo delle Brigate Garibaldi. Il libro si intitola: “Aldo dice 26 per 1”che è la parola d’ordine dell’insurrezione nazionale del 25 aprile.
In questo libro ci sono pagine conclusive molto importanti nelle quali l’autore dice quali erano gli obiettivi: “Nessuno di noi pensava di monopolizzare, di fare un colpo di forza, di imporre le vedute di una parte. Questo non era nei nostri programmi”.
Dirò di più: Secchia è l’autore di articoli pubblicati sulla stampa clandestina in cui si accusavano le piccole formazioni estremistiche di volere fare il colpo di mano, forzando la mano agli altri combattenti. Aggiunge anche che “senza l’aiuto delle truppe alleate certamente non ce l’avremmo fatta, ma senza il nostro contributo la Campagna d’Italia sarebbe durata molto di più. Sarebbe stata molto più sanguinosa”.
La capacità organizzativa fu straordinaria e consentì che il popolo italiano insorgesse e si liberasse con le sue forze.
Questo fu molto importante alla fine della guerra: l’Italia non era il Paese che aveva visto due eserciti contrapposti fronteggiarsi, era il Paese che aveva saputo alzare la testa e liberarsi prima che arrivassero gli alleati a Genova, a Milano, a Torino, a Padova.
Questa è la Liberazione, l’insurrezione nazionale è un fatto talmente importante che il più cialtrone dei nostri qualunquisti, cioè Indro Montanelli, ha più volte scritto e ripetuto che il 25 aprile fu ridicolo perché si insorse quando non c’era nulla contro cui insorgere. Questo è al tempo stesso qualunquismo e ignoranza.
Quello che ho prima ricordato della prosa intelligente e consapevole di un protagonista, e cioè la rilevanza nazionale per la nostra libertà di una insurrezione che dava al popolo italiano il ruolo protagonistico, è la diagnosi che ancora oggi è valida per interpretare i fatti.
In quelle pagine conclusive questo combattente e autorevole autore, Secchia, dice una cosa molto giusta e anche amara.
Dopo la Liberazione ci fu il governo Parri, il governo del campo del CLN: lui era stato del Partito d’Azione, ma durò pochi mesi, dal maggio al dicembre del 1945.
Quale era la posta in gioco in quel momento? La questione se il governo insediato dopo la Liberazione doveva essere il governo dei Comitati di Liberazione o dei Partiti. Scegliere la figura di Parri era un compromesso importante perché egli era al tempo stesso un esponente accettato dai Partiti e il rappresentante del CLN. Questo governo durò poco, tra le forze che lo avversarono c’erano innanzitutto le forze economiche, ma c’era anche la parte clericale più ostile alla Liberazione.
La parte cattolica ha avuto diverse facce in quella circostanza e tanti diversi ruoli, ma il Vaticano non sopportava Parri, considerato un laico.
La fine di quella esperienza fu certamente un passo indietro. Ciò non toglie che con il governo successivo, presieduto da De Gasperi, l’unione dei partiti che costituirono il CLN continuò a funzionare fino a che la guerra fredda, l’esplosione del contrasto di potenze, mise fine a quella esperienza.
E dice, in queste pagine che sto ricordando di Secchia, che è chiaro che in quel momento abbiamo fatto dei passi indietro, molte concessioni non avremmo dovuto farle, ma nessuno di noi aveva in mente la prospettiva greca insurrezionale che è finita nella tragedia di anni di guerra civile e di massacri dell’occupante inglese in cui i partigiani greci prima hanno combattuto contro i tedeschi e poi contro gli inglesi.
In Italia nessuno aveva questa prospettiva e così si fecero dei passi indietro, e questi passi indietro hanno consentito alle forze reazionarie di riprendere il sopravvento.
E quel 18 aprile, tante volte ricordato, segnava un punto a favore di quelle forze.
A un certo momento il Paese ha avuto un problema davanti, posto da una richiesta corale dell’antifascismo: una legge che mettesse fuorilegge il ricostituito partito fascista. Vi fu la legge Scelba, un personaggio legato ad una violenta posizione anticomunista, eppure la legge che metteva fuori dalla legalità la ricostituzione del partito fascista porta il suo nome.
Ma quella legge non fu mai applicata perché l’ambasciatore americano a Roma diceva:” Bene, allora mettete fuori legge anche il Partito Comunista perché sono antidemocratici tutti e due”. Questa impostazione pazza e direi anche subdola che cancellava il contributo che i comunisti avevano dato durante la Resistenza ha paralizzato l’operazione più ovvia, cioè di applicare l’articolo XII della parte transitoria e finale della Costituzione che esattamente questo chiedevano.
Tenere in piedi questa formazione politica ha significato continuare ad alimentare una forza fascista dentro alla Repubblica.
Quando nel 1960 c’è stata una situazione di estrema gravità per il nostro Paese e cioè il governo Tambroni, con l’appoggio del Movimento Sociale, che difendeva il Congresso missino di Genova presieduto dal questore di Genova della Repubblica, insorse tutta l’Italia.
Il fascismo si era ormai annidato dentro gli organi dello Stato.
E questa è una storia che continua anche dopo, con la trama nera.
La trama nera ha significato che dentro agli apparati dello Stato i missini e i fascisti avevano il loro appoggio, hanno potuto fare piazza Fontana e tutto quello che sappiamo fino alla fine della Prima Repubblica.
Allora chi dice che il fascismo è morto nel 1945 o è ignorante o è in malafede.
Oggi ci troviamo dinnanzi a una situazione ancora più grave.
Ho prima ricordato che la forza dominante durante la prima repubblica, cioè la Democrazia Cristiana, aveva due anime: un vertice prevalentemente antifascista e una base che per buona parte aveva apprezzato, accettato o comunque subito passivamente il fascismo. Quindi un animale strano: il vertice era molto più avanti della sua base.
Non è comunque secondario ricordare che i dirigenti democristiani hanno preso posizione contro i neofascisti in occasioni molto significative.
Ne ricorderò una soltanto. Sempre in quell’anno in cui fu sancito che il 25 aprile è una festa, cioè il 1949, il 24 di aprile Almirante cerca di fare un comizio a Padova in piazza dell’Insurrezione, la piazza dove era stato impiccato uno studente universitario partigiano che si chiamava Busomera. Anzi, i manifesti murali che pubblicizzano l’evento citano quella piazza con il vecchio nome “piazza Spalato” infischiandosene della nuova toponomastica. Quando in Parlamento arrivano le mozioni che chiedono perché il questore ha concesso la piazza ai missini, uno dei più accesi, Luigi Bruni, un dirigente democristiano padovano schiettamente antifascista, fu molto più aspro di molti deputati delle altre parti politiche.
Questo per chiarire che anche quel Partito non va considerato in maniera grossolanamente sommaria.
Quel partito ora non esiste più, al suo posto è venuta fuori una nuova destra che è stata prima incarnata dall’ex-cavaliere e ora da questo straripante movimento xenofobo, oscurantista e aggressivo che è la Lega, la quale ha rapidamente cambiato i suoi connotati: prima rimpiangeva il Lombardo-Veneto, ce l’aveva con Garibaldi perché aveva favorito l’unità d’Italia, adesso rapidamente ha accantonato la sua prima natura e ne ha indossata un’altra: ha usurpato lo spazio che era della destra ed è diventata una forza cospicua nel nostro panorama politico.
Quindi non c’è più una forza ancora legata all’eredità della Resistenza, qual era la DC, e ci sono destre nuove aggressive, ignoranti e attualmente al governo.
Dire che il problema del fascismo non esiste significa essere complici di un disegno perverso che può mettere in pericolo in nostro Paese.
Il titolo che è stato dato al nostro incontro a mia insaputa, ma che mi piace molto, “Mai più fascisti”, vuol dire che domani mattina noi abbiamo il compito di vigilare, parlare, insegnare a non girare la testa.
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