Luciano Canfora: La sessualità di classe nell’antica Roma – “A disposizione del padrone c’erano le schiave e gli schiavi”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesco Rigatelli
Fonte: La Stampa

«Che ci fossero diverse mentalità e pratiche rispetto ad oggi è poco ma sicuro». Lo storico dell’antichità Luciano Canfora, 81 anni, spiega l’amore ai tempi dei romani.

È vero che non distinguevano tra etero, omo e bisessuali?

«Sì e d’altra parte gli esempi si sprecano. Rispetto all’omosessualità maschile in particolare c’era già una plaudente accettazione nel mondo greco e quando i romani lo conquistarono con le armi si invaghirono di quelle usanze. Furono soprattutto i ceti dirigenti a importare quel modo di vivere, di pensare e di poetare. Lessero Platone e ci trovarono Alcibiade rivelare che Socrate si è innamorato di lui. D’altra parte il tirannicidio di Atene, da cui nasce la democrazia, viene dalla rivalità tra Ipparco e Aristogitone per l’amante conteso Armodio».

Alla base della democrazia c’è l’omosessualità?
«La democrazia è altra cosa, ma la retorica – che non dice sempre la verità – la rappresenta così. C’è una raffigurazione omosessuale del mondo greco fin da Omero, per cui Achille è innamorato di Patroclo nell’Iliade, che si travasa nell’élite romana e viene acquisita come segno distintivo. Ricordo le avventure di Cesare col giovane Nicomede. Nelle classi popolari, di cui abbiamo solo un vago sentore, l’atteggiamento era diverso. Nelle commedie di Plauto l’omosessualità viene vista con scherno, che del resto c’era pure nel mondo ateniese con Aristofane».

Questione di classe?
«Sarà passatista dirlo, ma sì. Diciamo di ceto, così salviamo il politicamente corretto».

E il lesbismo?
«L’omosessualità femminile era molto rispettata nel VI a.C. sull’Isola di Lesbo, pur afflitta dalla tirannide, mentre era meno ostentata sia nel mondo greco sia in quello romano. Nella satira di Giovenale le scene lesbiche vengono disprezzate».

Quando cambia l’atteggiamento dei romani verso l’omosessualità?
«Nel IV secolo l’imperatore Costantino si fece battezzare, Teodosio impose il cristianesimo e iniziò un atteggiamento diverso anche nei ceti dominanti. L’organizzazione della vita come concepita dalla pratica cristiana e dalle interpretazioni successive ha lentamente imposto l’idea che l’omosessualità sia una devianza mentre il coniugio maschio-femmina sia ovvio e legittimo perché votato alla procreazione».

Un’idea oggi superata, ma che nell’antichità non c’era?
«Non solo non c’era, ma anche la famiglia era un’idea diversa e non sempre esemplare. A disposizione del padrone c’erano le schiave e gli schiavi. C’erano regole come il superamento della moglie infeconda o l’adozione di una persona più grande di età per creare alleanze politiche. Il presupposto di fondo era sempre la società schiavistica. Il cristianesimo poi ha sacralizzato il matrimonio e delegittimato le altre forme di convivenza, ma nel mondo romano esso era solo un contratto non sempre utile alla procreazione».

I romani non erano più avanti di noi dunque?
«Erano diversi, e le iniziative sessuali erano a disposizione delle élite e non del popolo».

Cosa ne pensa del trend social «Quanto spesso pensi all’impero romano?»?
«È mio dovere essere schietto. Mi pare che il quesito “Quanto spesso pensi?” sia impostato male. Se vivo in Alaska penso agli iglù, se al centro di Roma al Colosseo. L’antichità è un privilegio dato dalla storia e un bagaglio di cui ciclicamente si fa un uso politico enfatico e non solo al tempo di Mussolini, ma anche nel Risorgimento. In realtà si tratta di processi storici che sono costati sangue a non finire. Dobbiamo studiarli, capirli e metterli criticamente in relazione col presente».

Il libro di Aldo Cazzullo, Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero infinito ricostruisce il mito della capitale. È tornata di moda?
«Non ho colpa in tal senso, ma più volte l’utilizzo del passato ha prodotto lavori interessanti come la voce “Roma” della Treccani di Arnaldo Momigliano. Però non eravamo padroni del mondo: Augusto scese a patti coi Parti, l’Eufrate fu il confine e in Germania ci andò male».

Qual è la vera lezione degli antichi romani?
«Hanno salvato la cultura greca e ce l’hanno trasmessa, hanno costruito il diritto e incluso i popoli conquistati senza neppure il blando razzismo dei greci verso i barbari, che poi erano i persiani».

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