Lucia Annunziata: “I vigliacchi del draghicidio”, Draghi accoltellato in modo vile, uscendo dall’aula del senato

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lucia Annunziata
Fonte: La Stampa

Lucia Annunziata: “I vigliacchi del draghicidio”

Non condivido l’analisi di Lucia Annunziata sulla fine del governo Draghi, comprendo che ha delle ragioni, ma quello che è accaduto negli ultimi giorni è solo il frutto della nascita del governo Draghi, la levatrice era stata Matteo Renzi, ma molti complottarono per eliminare il governo Conte 2 e la congiura coinvolse lo stesso Draghi lusingato dall’essere invocato come salvatore della patria o Uomo della provvidenza. E’ curioso e assai significativo che i principali sostenitori politici di Mario Draghi ovvero i governisti della Lega. Zaia, Fedriga, Giorgetti, lo stesso Berlusconi hanno mollato Draghi senza indugio e senza onore, vedendo all’orizzonte una facile vittoria insieme alla Meloni e con avversari tanto narcisi quanto incosistenti (Renzi, Calenda, Di Maio e c. (gian franco ferraris)

I coccodrilli hanno asciugato rapidamente le loro lacrime, e festeggiavano ieri pomeriggio, la pancia piena dei resti di una legislatura. Una soddisfazione almeno tocca a chi guarda, orripilato, tanta allegria: il velo è caduto, la maggioranza più larga della storia recente, si è rivelata per quello che era – una malmostosa, rabbiosa, silente comunità politica che lodava in pubblico il suo premier e complottava in privato di mangiarselo.

Nemmeno essere Mario Draghi è stato sufficiente. La figura più influente del nostro paese – per provato curriculum e risultati (qualunque cosa se ne voglia pensare) – è stato politicamente fatto a pezzi nel giro di pochi mesi. Prova finale che la crisi delle istituzioni – nell’ordine ascendente: Partiti, Parlamento, Presidenza del Consiglio, e Quirinale- innescata dieci anni fa dalla fine del governo Berlusconi e il ricorso a un governo tecnico, quello di Mario Monti, è arrivata al punto di non ritorno. L’Italia è anche ufficialmente, da questo momento, e agli occhi di tutto il mondo, un sistema politico fallito.

La fine della storia è arrivata senza nemmeno un po’ di onore: i coccodrilli sono usciti, accalcandosi, dal portone del Senato, ridendo com’è giusto per un branco che ha vinto una battaglia. Ma la corsa felice serviva soprattutto a lasciare in tempo l’aula così da non dover votare; così, cioè, da non mettere il proprio nome sul “draghicidio”. Sapevano che nella prossima campagna elettorale l’eliminazione di Mario Draghi costituirà una scelta di campo, una definizione politica. Ed hanno ragione a temere. Le conseguenze di quello che è successo nel Parlamento Italiano sono destinate ad essere, nella dinamica europea, una evoluzione che riapre una lotta politica interna al continente come da tempo non vedevamo.

La novità di questa coppia è che si è aggiunto stavolta nel “draghicidio”, a consacrazione dell’egemonia di Salvini, Silvio Berlusconi, che, ammaliato dalla prospettiva del voto subito in chiave di competizione con la Meloni, ha abbandonato il ruolo di capo del partito della moderazione e dell’Europeismo di destra, in Italia.

Come si vede, il sottofondo di tutto quello che è successo continua a tornare a un punto preciso della formazione della nostra classe politica: la vittoria nel 2018 di due partiti populisti, Lega e M5S.

Non durò molto, l’esperimento. Ma qualcuno si ricorda perché , in queste ore?

Quella vittoria presa in Italia come una delle tante giravolte di un instabile panorama politico, creò un vasto allarme in Europa. Così vasto da avere forte eco anche oggi.

Si ricorderà che il successo elettorale dei populisti nel 2018 avvenne nell’infuocato clima della crisi dei migranti da una parte e nel formarsi di un forte fronte anti-Europa. Non si scherzava in merito. Un vero e proprio fronte costituito da Orban, Salvini, e Le pen ( ci limitiamo ai nomi più rilevanti) che portava avanti, in vista delle Europee del 2019, la parola d’ordine: “Vinceremo noi e cambieremo le regole Europee”. Salvini in Italia fece di quella promessa il traino della sua prima fase di governo. L’Europa, dietro le frasi di circostanza – la Merkel era una maestra in questa arte di dissimulazione delle sue rabbie- temeva fortemente questo progetto. Progetto finanziato e apertamente sostenuto dalla Russia di Putin. Il Presidente Russo, già implicato nella guerra in Ucraina dal 2014, sosteneva apertamente Orban, la Le Pen, ( per sua stessa ammissione finanziata con 5 milioni di Euro) e Salvini in Italia. Era il momento del successo della Brexit, del governo neonazista in Austria, del movimenti antieuropa in Olanda. L’Europa della Merkel tremava e dissimulava. Ma non stette a guardare. A pochi giorni dalle europee del 2019 venne diffuso un video che mostrava Heinz-Christian Strache, vicepremier e leader del Partito delle libertà (Fpö), di estrema destra, mentre tratta con una pseudo-oligarca russa durante una serata alcolica a Ibiza. Sebastian Kurz , capo del governo austriaco, scelse di dimettersi immediatamente, annunciando elezioni anticipate.

Nel 2019 l’Espresso rivela gli incontri in un albergo di Mosca, il Metropol, tra esponenti della Lega ( Salvini era in città ma non nell’albergo) e Russi che promettevano fondi al partito italiano. Un episodio mai chiarito, ma mai smentito, che lasciò Matteo Salvini intontito sotto il peso di una vicenda più grande di quel che immaginasse. Una vicenda che ha lasciato su di lui e sul suo alleato di allora Conte ( anche lui in quel periodo, il 2018, protagonista di molte visite a Mosca) un permanente sospetto, ritornato alla grande in questi mesi di guerra, di una relazione un po’ troppo speciale con Putin. Va ricordato, tuttavia, che la rottura sui soldi di Mosca, fu la fine del governo Conte1, e del rapporto fra i due alleati, nonché la ragione della brillante presa di distanza che portò Conte al suo secondo mandato costruito stavolta con il Pd. Eppure quella relazione fra Salvini e Conte è tornata sempre a galla, quando si è trattato del governo Draghi, come abbiamo scritto.

Da ieri quella relazione si rafforza, anche senza la volontà dei due leader. Conte e il fronte della destra marciano nella stessa direzione. In Europa le orecchie sono già alzate.

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