L’oro del tempo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Raniero La Valle

L’ORO DEL TEMPO
Siamo entrati in una fase delicatissima dello sviluppo della pandemia. Mentre da una parte si riprende la vita, in altre parti, soprattutto nei Paesi peggio governati come gli Stati Uniti e il Brasile, la sua virulenza è più che mai attiva. Se ne manifesta anche un aspetto ciclico: a Pechino c’è un grave ritorno di fiamma, che mette di nuovo la Cina, tutto il mondo, e anche noi, in allarme.
La Chiesa, a cominciare da quella di Roma, ne assume tutto il dolore, non può che trarne la lezione di farsi sempre più trasparente all’amore e alla guida di Dio.
La comunità laica delle Brasiliane che da decenni opera a Roma e ad Assisi “per il diritto e la liberazione dei popoli” (e ne anima il Tribunale), ha così cantato nella sua liturgia: “Conducimi tu, Luce gentile, conducimi nel buio che mi stringe, la notte è scura, la casa è lontana, conducimi tu, Luce gentile”. C’è la percezione che qualcosa deve accadere, ma la Luce non viene meno, anche solo a guidare il primo passo; e la stessa liturgia continuava suggerendo che l’acqua sgorgherà dal deserto, mediante una citazione di Ernest Hello, l’apologista ottocentesco che aveva esaltato il gesto del reprobo che pur nell’Ultimo Giudizio aveva osato appellarsi dalla giustizia di Dio alla sua misericordia: “Quando l’aquila plana, dicono certi viaggiatori, il pellegrino assetato indovina una sorgente nel luogo dove cade la sua ombra, nel deserto. Il pellegrino scava e l’acqua sgorga”.
A loro volta, numerosi credenti appartenenti a diverse confessioni cristiane, a Milano, si sono messi a riflettere “in questo tempo sospeso e difficile, con l’interiore convincimento che in esso ci sia non solo fatica e sofferenza, ma anche dell’oro, pur nella consapevolezza che bisogna scavare per trovarlo”; ed ha redatto un vero e proprio programma d’azione e di cambiamento, che va dalla povertà al lavoro, dai migranti alla sanità, dall’ambiente all’Europa, spiegando che non si tratta di ricominciare da dove l’epidemia ci aveva interrotto, ma di “rinascere”, facendo una lettura “apocalittica”, cioè di svelamento, della condizione infausta ed errata in cui abbiamo vissuto fin qui. Lo si può fare approfittando del fatto che il Covid-19, non “il grande livellatore”, ma “il grande rivelatore”, ha fatto cadere la maschera sugli aspetti patologici del nostro modo di vita (per informazioni e adesioni scrivere all’indirizzo: radicarsinelnuovo@gmail.com ).
Questa esigenza di un ripensamento profondo delle nostre pratiche e dei nostri ordinamenti non è solo dei credenti e delle Chiese, ma di tutti, società civile, movimenti sociali, politica: basta vedere l’affanno con cui i governanti, che pur ci hanno portato fuori dalla fase più difficile, stanno ora cercando una strada, impietosamente aggrediti come sono da quanti vogliono prendere il loro posto. E prima di tutto questa strada bisognerà trovarla per il lavoro, e per mettere a nuovo il sistema sanitario nazionale, improvvisamente balzato all’apice dei consensi dopo il drammatico confronto con la sanità privata.

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