L’onda e i frangiflutti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti 27 febbraio 2015

Dopo l’intervista bella e dignitosa di Bersani all’Avvenire, viene voglia di ragionare su alcuni apparenti paradossi. Il primo riguardo proprio la collocazione di questa intervista di rottura, che traccia una linea e impone dei paletti alla segreteria del PD. Bersani apre con una citazione del Papa e un riconoscimento netto, esplicito alla cultura cattolico-democratica, per aver “dato un grande contributo alla nostra democrazia”, citando in ultimo l’elezione di Mattarella. È un’indicazione netta di campo, un riferimento di valori, che stride con il tentativo sempre più scoperto del PD renziano di sfondare al centro, di qualificarsi come ‘partito della nazione’ e come corpaccione centrale pigliatutto pronto a presidiare il troncone più conservatore della politica italiana agitando, senza contraddizione, il lessico del ‘cambiamento’. Non è interessante (e meritevole di una riflessione) che da una parte vi sia una manovra renziana a ‘fare’ centro, a sciogliere i partiti in un carrozzone centrista (magari lasciando intuire ambizioni proto-DC, ma della DC più ‘pentapartitica’), mentre, dall’altra, Bersani si richiami esplicitamente a quella tradizione, lo faccia sul giornale dei Vescovi e citi il Papa?

La rincorsa al centro di Renzi (allo ‘spazio’ centrale!) stride e convive, in sostanza, con i coevi e reciproci richiami tra quel centro democratico e il massimo esponente della minoranza interna al PD, di cui l’intervista di oggi a Bersani è testimone. Sembra un paradosso, ma non lo è. È, invece, la rappresentazione palmare che lo sfondamento al centro di Renzi è molto, ma molto ‘deciso’ dallo stato del ‘presente’, dalla smania di liberarsi da ogni intermediazione parlamentare, partitica e dalle ‘zavorre’ politiche in genere. Il corpaccione renziano è tutto meno che una rinnovata DC. È invece occupazione del potere fatta con le armi del leaderismo organizzativo, del cesarismo e del trasformismo politico. È quello stesso ‘leaderismo’ che sta frantumando il partito, che poi ne riflette in sedicesimi il modello, trasformando il PD in una congrega di ‘leaderini’ in miniatura, di interessi coagulati attorno a costoro e di pattuglie e clan trasversali.

Dinanzi a questa ‘liquefazione’ organizzativa, allora, appare comprensibile il tentativo dei neocorrentisti catto-, turbo- e renziani-renziani di dare un’ossatura al magma, anche perché i Giovani Turchi, i veri vetero-leninisti del PD, iniziano ad apparire un’insidia forte proprio sul piano interno. Si tratta, in breve, del tentativo di dare una ‘struttura’ correntizia alla contesa dentro al PD, alla faccia di tutte le dichiarazioni di ‘liquidità’ e postmodernità, che taluni sempliciotti snocciolano in modo apologetico nei loro post. Il carrozzone renziano, insomma, starebbe tentando una strutturazione forte, difensiva e offensiva allo stesso tempo. A cui i Giovani Turchi reagiscono anche disertando, taluni, l’incontro ‘scolastico’ di oggi. È il segno che è partita una ‘resa dei conti’ forte, e non solo tra minoranza e maggioranza, ma anche tra componenti renziane, neorenziane o similrenziane.

È anche comprensibile che Renzi tenti di dissociarsi, almeno in parte, dall’operazione dei suoi fedeli, invitandoli alle idee piuttosto che alle correnti organizzate. Teme una strutturazione forte che lui, per primo, faticherebbe a governare. Si badi. Il renzismo nasce fuori (e per certi aspetti contro) i partiti come li conosciamo. Il premier non lo ha mai nascosto. Il suo forte timore è trovarsi a Capo di un partito ‘vecchio’ (a suo dire), correntizio, pronto a sollevarsi ai suoi diktat, col quale divenga necessario sempre ‘trattare’. Ma il ‘fare’ non ammette trattativa. Il potere esecutivo non tenta mediazioni (Zagrebelsky). La liquidità è il miglior viatico al trionfo, all’emersione del leader. Ma è pure una profezia della sua solitudine e della sua fine! Ecco il vero paradosso (direi di più: l’aporia), con cui Renzi e il PD si stanno confrontando oggi. Il partito liquido promuove Cesare, la sua incontrastata solitudine di leader, ma se s’alza l’onda è pronto a sommergerlo, privo com’è di frangiflutti politico-organizzativi. Alla minoranza del PD il compito di non farsi (almeno) travolgere da questa sceneggiata. E poi di pensare, seriamente, senza mezzi termini, a nuove condizioni politiche.

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1 commento

Araldo 27 Febbraio 2015 - 19:37

Bene il chiamare minoranza PD e non sinistra da parte di Morganti chi (questa è una mia opinione) all’apparenza gioca un ruolo di “contestazione” a Renzi. Condivido il preambolo di Gian Franco, che il renzismo non è la DC nemmeno (è una mia opinione) quella dedita più agli affari, ma che pur in questo male, aveva sempre un certa se cosi possiamo chiamarla cultura cattolica che però straripava in molti dei suoi uomini nel bigottismo fondamentalista (si è visto sui diritti civili). Che Bersani abbia rilasciato l’intervista al cattolico/a volte bigotto giornale dei vescovi è certamente dovuto al fatto di trovare in Papa Francesco una sponda sociale che a quanto sembra al Papa, è molto cara. Morganti, nella sua come sempre chiara e lucida analisi ci descrive l’attuale (credo che sia un male vecchio che parta dalla sua fondazione) situazione di correntine o meglio di clan personali. Io credo che questa divisione sia anche voluta, perché Cesare ha bisogno del divide et impera per spadroneggiare visto la sua sciatteria ed arroganza da far invidia a Caligola. Vi è una domanda che io mi pongo sovente: chi è il vero mentore di questo cialtrone che se non avesse il puparo che muove magistralmente i fili potrebbe fare solo il guardiano di un VESPASIANO? Non basta come risposta i Poteri Forti perché sembra che vi siano personaggi veramente SATATICI per aver creato in poco tempo un simile “mostro” di distruzione di mazza. Non condivido completamente la chiusura di Morganti perché credo che la minoranza PD ormai faccia parte di questa sceneggiata, dalla quale trae visibilità e forse vantaggi, ma che dimostra però la sua impossibilità di gestire SERIAMENTE il futuro di un nuovo soggetto politico.

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