di Alfredo Morganti – 30 novembre 2015
Siamo dei bancomat. Niente di più e niente di meno. Ci consegnano dei soldi e dobbiamo spenderli. Dobbiamo facilitare la circolazione monetaria. Dobbiamo ‘girare’ delle cifre, farle fluire nel circuito commerciale. Fare da sponda agli 80 euro, ai 500 euro, agli una tantum, e farli rimbalzare come palline in un flipper. La cosiddetta ‘ripresa’ è un guizzo di denaro pubblico sversato nelle nostre tasche, affinché sia subito ri-sversato nella cassa di qualche negozio. Non importa che si sia ricchi o poveri, non importa che vi sia equità nell’ottenimento di denaro da ri-sversare. Che conta? Ciò che interessa è solo che si tramuti presto in consumi. È una specie di ‘quantitative easing’ casareccio, una distribuzione di denaro alla cieca alla gente affinché faccia ‘cassa’, nell’unico intento di ‘gonfiare’ la domanda, di muovere le merci, sollevare artificialmente il mercato. Un ‘doping’ economico, così come lo è il premio di maggioranza, oppure così come lo sono gli sgravi fiscali per assumere dei diversamente precari: droghe futili quanto effimere, in grado di agire per il tempo necessario a garantire qualche zero virgola in più, e indorare la strada ambiziosa del premier agli occhi dei media. Certo, dietro gli 80 euro (e i cinquecento) c’è anche la scarpa del Comandante Lauro, ossia la regalìa elettorale. Credo tuttavia che l’intento ‘dopante’ sia persino superiore a quello di ancor più breve profilo elettoralistico.
Non è così? Andate a leggervi allora le dichiarazioni di questi giorni. La preoccupazione principale dinanzi al rigurgito di terrore fondamentalista è che i cittadini (anzi, i “consumatori” ha specificato Renzi) si chiudano in casa e cessino di consumare i soldi generosamente sversati dal Governo. Ossia che il denaro pubblico regalato alla cieca rimanga nelle loro tasche. Ne va di mezzo la ripresa cribbio! Ossia il prossimo zero virgola da contrabbandare come crescita! Il consumatore non deve rinunciare al proprio stile di vita occidentale, quindi, non deve cessare di consumare, ora è chiaro. Anche la massima renziana (“un centesimo in più per la cultura per ogni centesimo dato alla sicurezza”) vuol dire esattamente questo: che la cultura è denaro, solo denaro. Che lo sviluppo culturale è mercato. Che la crescita culturale è denaro da spendere, soldi in tasca da sversare qua e là, vaucher insomma, e che un libro non deve essere letto (se lo si vuole lo si faccia pure, eh?, l’esecutivo non si oppone), ma soprattutto acquistato. Che la crescita della cultura, anche qui, è un fattore economico da più zero virgola. Che con la cultura si mangia nello stesso senso degli elettrodomestici: si comprano, si fa circolare denaro, si consumano. Che i diciottenni prendano i loro cinquecento euro, quindi, e comprino qualunque cosa, senza problemi, ma comprino, sennò come fa il loro premier a pavoneggiarsi con Joe Biden?
Adesso è chiaro in che senso la cultura, secondo Renzi, è contro il terrorismo. Non perché agisce sui saperi, sui valori, sui sentimenti e sugli ideali. E li potenzia in qualità e quantità. No. Ma solo perché ‘fa PIL’ e solleva gli indici di mercato, e perché anch’essa deve essere parte dello stile di vita occidentale, quello del consumo, dello shopping furioso, della circolazione reale e digitale delle merci e della moneta oltre ogni effettivo bisogno. Perché sennò c’è la crisi, sennò non abbiamo nessuno zero virgola da sbandierare, sennò il premier fallisce e alla fine se ne ritorna a Firenze. Dico solo una cosa veloce, allora: prima di parlare di valori, stili di vita e cultura, Renzi pensi intensamente alla cultura politica del “suo” partito. Che non è nemmeno zero virgola. Anzi. Provi, magari, anche lì a sversare gli 80 euro di denaro pubblico (un’ideona!), li dia a ogni dirigente o iscritto, affinché tornino in massa a ripensare i cardini e il senso dell’azione politica della sinistra, invece che rompere le palle sulle vittorie di Pirro del PD (ma che sono della destra, in sostanza). Non ce ne vogliono nemmeno troppi di soldi, gli iscritti sono sempre meno, e tra un po’ sarà il deserto attorno. Dopo la crescita economica, puntiamo anche a quella politica. Orsù.