Lo Svitol di Pontassieve

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti, 11 gennaio 2017

L’uomo che doveva ‘sbloccare’ l’Italia, il nostro Svitol di Pontassieve, ha tenuto di fatto bloccato il Paese per mesi, inchiodato a una brutta e perdente campagna referendaria e, poi, alla deludente (per lui) attesa dei risultati delle urne. Oggi è evidente che questo non gli è ancora bastato. Perché i prossimi mesi saranno tutti scanditi dal mantra delle ‘elezioni subito’ e dalle mosse e contromosse destinate a rendere possibile questa ennesima battaglia campale dell’uomo solo contro tutti. L’Italia politica, di fatto, è già ferma in attesa di elezioni anticipate e del loro esito. La speranza del PD è che Renzi finalmente vinca qualcosa, non solo vaghissime (e antichissime) elezioni europee sotto la “spinta propulsiva” degli 80 euro. Si confida, perché non c’è di meglio, sulle difficoltà dei 5stelle e sull’attuale frazionamento della destra.

Sono condizioni puramente ‘tattiche’, che puntano più sui guai altrui che sulle proprie, effettive abilità strategiche (inesistenti, ora è chiaro). La rivincita renziana rischia, peraltro, di essere peggiore della sfida referendaria. La fretta con cui si cerca la revanche è indice di scarsa lucidità. Alle urne si andrà, se si andrà, con un PD a pezzi, e non per colpa della sinistra interna. A pezzi perché così lo ha voluto il suo segretario: non più una comunità, non un intellettuale collettivo, non un partito in senso pieno, ma un comitato elettorale alle sue dipendenze, meglio se diviso, meglio se ‘rottamabile’ nelle sue parti più critiche, meglio se privo di una cultura politica, ritenuta una zavorra destinata a frenare le ‘genialate’ e a rallentare la prescia (si dice a Roma) del Capo. Con un esercito a pezzi le battaglie sono già perse, si sa.

Che se ne farà Renzi di quel 30% testimoniato dai sondaggi non si sa. Per adesso i renziani sono tutti impegnati nella ricerca del miglior sistema elettorale possibile, quello capace di mettere in difficoltà Grillo e donare al PD tanti seggi in più rispetto alla effettiva quota proporzionale ottenuta. Se si trattasse del Lottomaticum andrebbe bene anche quello, pur di votare a giugno, battere Grillo e far ripartire la solfa dei bonus, del miracolo italiano, dei patti segreti e dei miliardi buttati via in sgravi fiscali inefficaci. Fatto sta che il gelo che ci circonda non è solo meteorologico, ma politico. E sta raggelando tutto nella spasmodica ricerca della rivincita, come se fossimo al tavolo verde e non alle prese con le istituzioni democratiche. Il paradosso, ma nemmeno tale, è che più si parla di Svitol, di sblocco, di velocità, e più si ossida o incancrenisce tutto.

Fosse invece che proprio questa frettolosa ricerca di vie di fatto, di scorciatoie, di percorsi smart, invece delle tipiche procedure democratiche classico-parlamentari, invece dei tempi ordinari di un sistema dei partiti sano e funzionale, proprio questa ubriacatura velocistica sia una delle cause (e nemmeno l’ultima) dei blocchi che stanno rattrappendo il sistema democratico italiano, la sua capacità di rappresentanza politica e sociale, la sua efficacia nel guidare processi di sviluppo e di crescita complessiva del Paese? Fosse invece che lo Svitol di cui si parla è in realtà un reagente opposto, che ossida e arrugginisce i gangli della democrazia italiana? Fosse invece che dietro la rivoluzione promessa da Renzi vi sia un male peggiore della crisi che già ci attanaglia, destinato ad acuirla, a bruciare soluzioni, invece di indicare un’effettiva via d’uscita? E tutto ciò a causa di ambizioni personali o di squallidi giochi di potere?

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