Lo ‘sradicamento’ e il rischio del Capo carismatico

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 22 giugno 2016

Ilvo Diamanti ha commentato il voto delle amministrative insistendo sul fatto che apparterremmo ormai a un Paese senza più coerenza né continuità storica del voto. Un Paese senza ‘radici’, ossia senza “legami con la storia, la società, le identità” che “garantivano senso e continuità” ai comportamenti politici ed elettorali. Si tratta di una tendenza consolidata che Matteo Renzi ha “contribuito a rafforzare”. Su RepTV Diamanti è stato più preciso. Il rapporto tra politica e società, tra politica e territorio si è scomposto, ha detto. Era solido non più tardi di un paio di anni fa e oggi non c’è più. Ha detto proprio così, non c’è più. Due anni: stiamo dunque parlando dell’era renziana. Il premier avrebbe “accentuato il distacco tra politica e territorio. Enfatizzando la personalizzazione e la mediatizzazione”.

Si tratta di un fenomeno che potremmo chiamare di disorientamento, di spaesamento elettorale, ma che è più corretto definire di sradicamento simbolico. Il voto, la politica non hanno più radici, non si agganciano più ad alcuna cultura o identità preesistente (almeno in larga misura): la personalizzazione, il ricorso ai media hanno divelto ogni relazione con il ‘terreno’ storico-culturale su cui le radici normalmente attecchiscono. Se rottamazione c’è stata, è stata qui, al livello stesso delle nostre appartenenze, al livello delle nostre identità lunghe, quelle storiche, geografiche, vorrei quasi dire spirituali. Il renzismo è stato uno strappo, la sua energia mera volontà di potenza, senza alcun rispetto per lo spirito oggettivo del Paese, le sue istituzioni, il suo humus, il suo ethos, le sue radici appunto.

L’analisi cesserebbe qui se questo fenomeno non fosse foriero di brutte avventure. Secondo Gramsci, nella lettura di Michele Prospero, la condizione dello sradicamento spinge ad accogliere l’offerta carismatica di un Capo, invita ad aderire a qualche mitologia politica, a cedere dinanzi alla proposta di qualcuno pronto a liberare pulsioni e proporre procedure sbrigative, vie brevi, di fatto, soluzioni semplici, disintermediazione, entusiasmo emotivo quali rimedi alla sempre più conclamata crisi di rappresentanza. L’assenza di partiti strutturati agevola, peraltro, il compito antiparlamentare e libera pulsioni sociali forti e incomprimibili. In questa ottica, lo sradicamento è condizione del crollo progressivo del sistema delle mediazioni parlamentari e l’avvio di una fase di ardita verticalizzazione del potere. Be’, non è difficile cogliere la connessione evidente, nell’attuale cronaca politica, tra tutti i termini chiamati in causa da Prospero nella sua interpretazione gramsciana. L’assenza di radici libera pulsioni che un Capo punta a inglobare in qualche mito antiparlamentare. La crisi delle identità politiche e l’assenza di partiti agevola la riduzione della società civile a mero calcolo economico. Lo Stato perde la qualità iniettata nelle istituzioni dai partiti, e si piega burocraticamente, tecnicamente e conformisticamente ai voleri del Capo mediatico-carismatico.

La fluttuazione culturale, lo spaesamento, il disorientamento producono, dunque, non solo una sorta di zapping politico, ma rischi evidenti per la democrazia in quanto mediazione, partecipazione e trasparenza. Siamo già qui? Siamo già ai limiti di questa società gelatinosa, pronta ad adattarsi ai voleri di un Capo dotato di carisma? Lo stesso voto che fluttua, ci dice, tuttavia, che quel voto stesso non ha perciò del tutto dimenticato le identità politiche e culturali. Ma certamente la fase è delicata. Nessun Paese è cresciuto senza una cultura di governo, un senso dello Stato, una partecipazione strutturata, istituzioni capaci di esaltare la mediazione politica, nonché partiti collettivi, strutturati, capaci di interpretare concretamente le identità sociali e culturali, e perciò lanciati come ponti essenziali tra società e Stato. Il rischio di oggi, del renzismo e del grillismo è tutto qui, spiattellato dinanzi ai nostri occhi. Ed è un monito che dovrebbe per lo meno allarmarci.

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